La nuova tassa italiana sugli extraprofitti delle banche coglie di sorpresa il mercato e i titoli delle quotate a Piazza Affari crollano, spazzando via dalla capitalizzazione di Borsa circa dieci miliardi di euro. Bper Banca cede il 7,6 per cento, Finecobank il 7,3 per cento, Intesa Sanpaolo il 6,9 per cento, Mps il 6,8 per cento, Banco Bpm il 6,6 per cento, Unicredit il 5,5 per cento, Mediolanum il 3,3 per cento e Mediobanca l’1,6 per cento.
Il consiglio dei ministri, l’ultimo prima della pausa estiva, ha approvato due decreti legge omnibus, il decreto asset e investimenti e il decreto giustizia. Le misure introdotte spaziano dalla deroga al tetto sugli stipendi per la società che costruirà il ponte sullo Stretto di Messina all’aumento del 20% delle licenze dei taxi, dalle norme contro il caro voli ai provvedimenti sulla giustizia, fino alla lotta al granchio blu.
A sorpresa, l’esecutivo ha annunciato anche un’imposta straordinaria del 40% sugli extraprofitti delle banche applicata ai bilanci 2022 e 2023. Come riporta La Stampa citando fonti di Palazzo Chigi, si tratta di un’operazione da almeno tre miliardi di euro. È la stessa tassa imposta dal collega socialista Pedro Sanchez, che poggia sull’aumento degli utili delle banche grazie al rialzo dei tassi di interesse.
Ma il settore è stato colto di sorpresa. E i mercati in apertura di giornata hanno subito reagito. Gli analisti sottolineano che «il nuovo impatto simulato è anche superiore alla simulazione che abbiamo eseguito ad aprile» e calcolano che l’utile netto delle banche nel 2023 potrebbe essere ridotto di circa il 10 per cento.
Secondo un’analisi del sindacato First Cisl, i primi cinque grandi istituti di credito (Intesa San Paolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Bper) hanno superato complessivamente nel primo trimestre la soglia dei 10,3 miliardi di euro di utili netti. In crescita del 66% rispetto all’anno precedente. Attualmente chi ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile da 126mila euro in 25 anni deve pagare 2.300 euro in più di interessi.
Da questi numeri il governo Meloni ha tratto la convinzione della necessità di una tassa sugli utili delle banche. La tassa andrà a sostenere le famiglie in difficoltà con il mutuo prima casa e ad alimentare il fondo taglia tasse.
Una sorta di manovra correttiva a metà anno, travestita sotto la forma di due decreti omnibus e senza commenti pubblici del ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti. Il leghista, annunciato per la conferenza stampa al termine del Consiglio, alla fine non si è presentato, forse per evitare l’imbarazzo di una decisione non esattamente in linea con le dichiarazioni del passato.
Da oggi il governo dovrà affrontare la probabile reazione dei mercati e i malumori del settore colto di sorpresa. Non sapeva nulla l’Associazione delle banche, né i grandi banchieri, né tantomeno importanti esponenti della maggioranza, riportano i giornali.
Della norma, circolata solo dopo la riunione dei ministri, non c’era traccia nelle bozze dei decreti. Meloni sapeva di avere dalla sua parte il numero uno di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, il quale non si era dichiarato contrario all’ipotesi. Altri grandi banchieri non la pensavano allo stesso modo: il numero uno di Mediobanca Alberto Nagel e quello di Unicredit Andrea Orcel si erano detti contrari.
All’ultimo Consiglio europeo di giugno, la premier Meloni aveva invocato misure straordinarie a favore delle famiglie colpite dal caro mutui.
Quando la conferenza stampa serale è ancora in corso, sui profili social di Salvini compaiono già post carichi di entusiasmo per il colpo ai «profitti miliardari delle banche». L’altra certezza per Meloni è che l’opposizione sarà costretta ad applaudirla: una misura del genere l’avevano invocata sia il Movimento Cinque Stelle che l’ex ministro Pd Andrea Orlando. «Così ripariamo agli errori della Bce», dice il vicepremier Antonio Tajani al Corriere.