Le elezioni anticipate olandesi, che si svolgeranno a novembre dopo la caduta dell’esecutivo Rutte a causa di controversie legate alle politiche migratorie, potrebbero concludersi con un risultato sorprendente. Il Partito del Lavoro (PvdA) e i Verdi hanno infatti deciso di unire le forze e di presentarsi con un programma comune che, stando a quanto riferito dalla media dei sondaggi pubblicata sul portale Euractiv, è gradito agli elettori. La lista rosso-verde risulta al primo posto nelle intenzioni di voto con il 18,5 dei consensi mentre al secondo e al terzo ci sono, rispettivamente, i conservatori del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) dell’ex premier Mark Rutte con il 15.5 per cento dei consensi e i populisti del Movimento dei Contadini (BBB) con il 14.9 per cento dei voti.
Seguono i radicali di destra del Partito della Libertà di Geert Wilders, con il 9.8 per cento dei consensi e una lunga serie di partiti minori come gli animalisti con il 6.1 per cento dei voti, i liberali di D66 con il sei per cento dei consensi, i Socialisti con il cinque per cento, i sovranisti di Ja21 con il 4.3 per cento, i centristi di Volt con il quattro per cento dei voti e gli estremisti di destra del Forum per la Democrazia con il 3.1 per cento dei consensi.
Il quadro politico, come confermato dal corrispondente di Europe Elects Nasreddin Taibi, risulta frammentato e la formazione di un esecutivo sarà complessa. Secondo Taibi «potrebbe nascere un esecutivo di coalizione tra la lista PvdA-Verdi e il VVD oppure tra PvdA-Verdi e il movimento dei contadini» anche se non si può escludere la nascita di un esecutivo di destra con VVD, BBB, il partito della Libertà di Wiilders, JA21. «Rutte», come ricordato da Taibi, «aveva escluso la possibilità di allearsi con la destra più radicale ma le cose potrebbero cambiare perché il nuovo leader del VVD, la ministra della Giustizia Dilan Yesilgoz, è più conservatore».
Il VVD ha governato i Paesi Bassi, con i quattro esecutivi Rutte succedutisi a partire dal 2010, per oltre dieci anni e la sua centralità nello scenario politico sarà difficile da scalzare. È anche vero, però, che le necessità di un cambiamento potrebbero prevalere su una stabilità che si ripete ormai da tempo.
Le incertezze sono molte, anche a causa di un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento bassa che complica ulteriormente le cose, ma la popolarità della lista rosso-verde rappresenta comunque un dato interessante di cui tenere conto. I due partiti hanno deciso di unire le forze, come riferito dal Netherlands Times, a metà luglio e in seguito al voto favorevole espresso dai rispettivi membri (novantadue per cento di favorevoli tra i Verdi e ottantasette per cento di Si tra i Socialdemocratici).
Il leader dei Verdi Jesse Klevers e quello socialdemocratico Attje Kukens avevano già dichiarato di voler unire le forze in un contesto elettorale frammentato ma nessuno dei due ha chiarito chi sarà a capo del gruppo parlamentare unito (i due partiti manterranno comunque la propria identità separata e non si fonderanno). Invece è certo il nome del leader della alleanza: il comitato congiunto dei due partiti ha nominato il vice presidente della Commissione europea Frans Timmermans che dal novembre 2012 al dicembre 214 è stato ministro degli Esteri nel governo Rutte. In questi anni Timmermans ha gestito il delicato dossier del green deal europeo, coordinano le riforme Ue per affrontare le sfide legate al cambiamento climatico e la sostenibilità ambientale. Ora gli iscritti dei partiti dovranno ratificare la nomina.
Il PvdA è stato uno dei partiti più popolari dei Paesi Bassi ed ha governato il Paese a più riprese anche se ha avuto una grave crisi negli ultimi anni. I Socialdemocratici si sono piazzati al primo oppure al secondo posto (con l’eccezione del 2002) in tutte le elezioni svoltesi tra il 1946 e il 2017 con una percentuale di voti oscillante tra il venti e oltre il trenta per cento dei consensi.
Nel 2017 si è verificata una emorragia di voti e i consensi sono crollati al 5.7 senza poi riprendersi. Le ragioni della crisi, come ricordato da un editoriale di Dutch News di alcuni anni fa, sono legate a una serie di fattori ma in particolare alla partecipazione al secondo esecutivo Rutte nel 2012. La grande coalizione ha governato il Paese con un programma permeato di liberismo è di misure, come l’innalzamento dell’età pensionabile, rivelatesi poco gradite agli elettori socialdemocratici.
Il governo aveva dato una maggiore rilevanza alla responsabilità e alla partecipazione individuale al sistema produttivo sminuendo il concetto di welfare state e l’erogazione dei servizi sociali era stata trasferita alle municipalità per soddisfare le esigenze del VVD. Il paradosso è che alcune di queste misure erano state varate proprio da ministri del PvdA che, in questo modo, ha perso la sua ragion d’essere. Le politiche economiche del secondo esecutivo Rutte, secondo Dutch News, si sono rivelate poco favorevoli per le classi più svantaggiate e quindi per i sostenitori del PvdA.
Tra le altre ragioni della crisi socialdemocratica ci sono i cambiamenti demografici che hanno riguardato la società olandese e che avevano consentito al PvdA, in passato, di presentarsi come alfiere delle minoranze etniche ottenendo buona parte dei loro voti. A peggiorare la situazione hanno inoltre contribuito la più generale crisi dei movimenti socialdemocratici in Europa e l’emergere di tendenze populiste, anti-immigrazione e anti-europeiste in numerosi Paesi del Vecchio Continente.
Il ritorno sulle scene che contano del PvdA sembra dimostrare che c’è ancora spazio per la moderazione, il progressismo e l’europeismo quando queste ricette vengono presentate nella maniera giusta agli elettori. L’antidoto alle tendenze populiste e sovraniste può passare dall’alleanza con i movimenti ambientalisti, che risultano popolari tra i più giovani e le cui priorità sono ritenute importanti a causa dei cambiamenti climatici in atto.
Nei Paesi Bassi l’ecologismo è radicato, come dimostrato da alcune proposte all’avanguardia in materia di lotta all’inquinamento e disincentivazione del trasporto privato a livello municipale e influenza i programmi di diversi partiti. Questo potrebbe spiegare il perché i Verdi non hanno mai preso parte ad alcun governo e non sono mai riusciti a superare il dieci per cento dei voti alle elezioni. L’unione elettorale con i socialdemocratici sembra poter avere effetti benefici anche per loro, consentendo agli ambientalisti di riappropriarsi dei propri temi identitari, e di poter aspirare all’ingresso in un futuro esecutivo.