L’alleanza verde-verdeBonelli e Salvini contro il 5G, una battaglia per la salute del bipopulismo

Il fanatismo ambientalista dei Verdi si è nuovamente unito al paraculismo salutista del Carroccio e a un uso ignorante e terroristico del principio di precauzione. Come ai tempi della battaglia referendaria contro le trivelle

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La coincidentia oppositorum dell’Italia bipopulista ha trovato una nuova conferma nel testo del decreto “Asset e investimenti” (paroloni), licenziato dall’esecutivo nell’ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva Accanto alla nuova Robin Tax sugli extraprofitti bancari per ristorare le vittime del tasso variabile (rectius: di se stesse), all’ennesima marchetta per i tassisti travestita da riforma del servizio di trasporto urbano non di linea (con i tassisti contro, per esigenze di scena), alla nuova (a che numero siamo?) proroga del Superbonus centodieci per cento e al calmiere imposto ai prezzi dei biglietti aerei dal ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso (Antonio Ferrer, scansete), il Governo ha stralciato la norma, che avvicinava la disciplina delle emissioni dei ripetitori per il 5G a quella prevista dalla disciplina europea.

Il valore massimo raccomandato dall’Unione europea è di sessantuno v/m, volt per metro. Quello massimo stabilito in Italia è di oltre dieci volte inferiore ed è fissato a sei v/m. Nelle bozze del decreto che erano circolate prima del Cdm non si indicava un nuovo limite massimo, rimandandone la determinazione a un successivo decreto ministeriale, ma il Governo sembrava orientato a porlo intorno ai ventiquattro volt per metro (circa un terzo del massimo raccomandato in sede europea e adottato dalla stragrande maggioranza dei Paesi membri): questo orientamento aveva subito suscitato la reazione di Legambiente, a seguire quella dei Verdi, e a rimorchio quella della Lega, che già aveva stoppato l’adeguamento ai tempi del Governo Draghi (con Giancarlo Giorgetti al Mise) ed è tornato a bloccarlo oggi.

Il fanatismo ambientalista dei Verdi si è così nuovamente unito al paraculismo salutista della Lega e a un uso ignorante e terroristico del principio di precauzione. Come ai tempi della mitica battaglia referendaria «contro le trivelle». Se i limiti europei sono già fissati ampiamente al ribasso rispetto a qualunque ipotesi di rischio per la salute, il precauzionismo al quadrato dell’asse verde-verde (Bonelli&Salvini) non persegue affatto obiettivi sanitari, ma volgarmente affaristici, sia nel senso politico che economico del termine.

Quelli politici sono puramente propagandistici. Per i Verdi presentare ogni passo avanti tecnologico come un passo indietro nel cammino della civiltà umana è un modo per far cassa con la paura dell’ignoto e del nuovo, che è, fin dai tempi della prima rivoluzione industriale, un movente reazionario fortissimo, a destra come a sinistra. Denunciare i rischi inesistenti di un inquinamento elettromagnetico prodotto da un capitalismo predatorio significa coltivare l’orticello dell’alienazione ecologista e conquistare un ruolo nel campo largo delle balle spaziali anti-scienza e anti-mercato.

Per i leghisti e tutta la destra del «mogli e buoi dei paesi tuoi», il 5G è una comoda trincea di resistenza al globalismo mercatista e un servibilissimo feticcio del no pasaran alle grandi multinazionali, che, secondo la filosofia dell’esecutivo, vanno «contrastate e frenate», come candidamente confessò l’Antonio Ferrer del Made in Italy, parlando di Uber, e figurarsi se questo non vale per i giganti delle TLC, in cui anche i campioni nazionali sono in mano straniera.

Dal propagandismo all’affarismo il passo è breve. Perché è utile innalzare il limite di emissioni dei ripetitori 5G? Per rendere più rapida ed economica la digitalizzazione del Paese. Perché così gli investimenti necessari saranno inferiori e inferiori i costi scaricati sugli utenti e anche sull’ambiente. Con limiti di emissione più bassi invece servono più ripetitori, più cemento, più acciaio, più suolo e più energia. E su questo punto le strade di Bonelli e Salvini tornano a congiungersi.

Visto che la cultura economica vudù di Bonelli fa coincidere l’effetto in termini di crescita e di occupazione di un investimento dal suo importo e solo da esso, il leader verde è convinto che se i giganti delle TLC investiranno di meno per la rete delle antenne (almeno quattro miliardi con i limiti a sei v/m), alla fine il saldo sarà negativo. L’effetto di una più rapida ed economica digitalizzazione dell’Italia non sta nel conto di Bonelli: a scuola il cane gli aveva mangiato il libro di economia.

Per ragioni del tutto analoghe, visto che Salvini identifica la crescita economica con i cantieri che si aprono, con i mattoni che si mettono, con le maestranze che si assumono sotto l’alta sorveglianza del suo ministero, anche il MIT pensa che sia preferibile un ripetitore di più oggi che una Italia più digitale domani.Insomma, la battaglia contro il 5G è sì una battaglia per la salute, ma del bipopulismo e dei bipopulisti.

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