Ricatto sui migrantiLa Tunisia vuole i fondi promessi dall’Europa senza dare nulla in cambio

L’accordo tra Unione europea e Tunisi sulla collaborazione nel contrasto all’immigrazione irregolare rischia di saltare. Kais Saied chiede a Bruxelles l’erogazione dei 350 milioni senza condizionalità sul rafforzamento e la formazione della Guardia costiera

(La Presse)

L’accordo tra Unione Europea e Tunisia sui migranti rischia di saltare. Il memorandum che avrebbe dovuto bloccare le partenze dalla costa africana, firmato a luglio dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dalla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni e dal premier olandese Mark Rutte, al momento è di fatto congelato. La premier italiana chiede di accelerare i pagamenti a Saied, ma il caos di questi giorni rischia seriamente di far saltare tutto.

In primis – come spiega Repubblica – per una questione di soldi. Perché l’erogazione «senza condizioni» di 150 milioni di euro da Bruxelles non è ancora stata effettuata. E perché la seconda tranche da 200 milioni è condizionata alla realizzazione di progetti legati alla gestione dei flussi. Ma Tunisi vorrebbe ora anche questi fondi li vuole «senza condizionalità», cioè senza spenderli per rafforzare la flotta navale e formare la Guardia Costiera, in modo da farli entrare nel bilancio nazionale e dare così ossigeno alle casse pubbliche.

I segnali del nervosismo della Tunisia si erano verificati nei giorni scorsi, quando è stato impedito l’ingresso a una delegazione del Parlamento europeo che doveva verificare lo stato dell’accordo. I socialisti a Bruxelles hanno chiesto la sospensione del memorandum. E diversi governi, a partire da quello tedesco, stanno protestando per la scarsa attenzione riservata al rispetto dei diritti umani.

I 105 milioni della prima tranche provengono dalla posta di bilancio destinata ai Paesi del Nordafrica, già autorizzata a giugno, prima ancora della firma del memorandum – spiega La Stampa. Ma per la seconda tranche da 150 milioni serve invece un’apposita autorizzazione del Consiglio, che di certo non arriverà in tempi rapidi, non prima della fine dell’anno. I servizi giuridici del Consiglio hanno contestato il mancato rispetto delle procedure in quanto il Memorandum con la Tunisia è stato firmato senza l’autorizzazione degli Stati membri. «Avevamo informato i governi», ha replicato la portavoce dell’esecutivo Ue, Dana Spinant, «e ottenuto un sostegno politico del Consiglio europeo. Siamo sicuri di aver rispettato le procedure».

I Ventisette erano stati effettivamente informati delle trattative con Tunisi, ma non sono mai stati chiamati a esprimersi sul testo del Memorandum, finito sui tavoli del Coreper (l’organo che riunisce gli ambasciatori degli Stati membri) soltanto il 19 luglio, vale a dire tre giorni dopo la firma.

C’è un precedente che non depone a favore della tesi sostenuta da von der Leyen: nel 2013 il Consiglio aveva portato la Commissione davanti alla Corte di Giustizia in seguito all’adozione di un Memorandum d’intesa con la Svizzera, firmato senza l’autorizzazione dei governi. E i giudici avevano dato ragione al Consiglio.

Ma c’è anche un altro problema che riguarda i 900 milioni che il Fondo monetario internazionale deve garantire alla Tunisia, legati a un programma di riforme annesso di cui per ora non si vede l’ombra.

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