Attacco direttoLa misteriosa accusa di Amato alla Francia sulla strage di Ustica

Per qualche ragione, non ancora chiarita, l’ex presidente del Consiglio ha rilanciato la tesi del missile che ha colpito il Dc 9. In questo modo ha puntato il dito contro Parigi quantomeno per una omertà inaccettabile, gettando una pietra in uno stagno piatto

Lapresse

Un piccolo mistero si aggiunge ai grandi misteri che da quarantatré anni avvolgono la tragedia del Dc 9 dell’Itavia esploso sul cielo di Ustica: perché mai Giuliano Amato ha rilanciato la tesi del missile francese? Il “Dottor sottile” è uomo accorto, un algido calcolatore, un uomo delle istituzioni, ma ha sorpreso tutti rilasciando un’intervista esplosiva.

Lo ha fatto a freddo, senza alcun aggancio a anniversari o avvenimenti di cronaca. Lo ha fatto, soprattutto, senza avere assolutamente alcun nuovo elemento di prova, come lui stesso ammette. Lo ha fatto inoltre, commettendo uno strafalcione, anche questo da lui ammesso il giorno dopo, perché nell’intervista accusa Bettino Craxi di aver avvisato Muammar Gheddafi di non salire sul jet libico, che secondo lui era l’obiettivo del missile lanciato da un caccia francese che invece ha colpito il Dc 9 dell’Itavia.

Un errore plateale di sei anni, perché nel 1980, Bettino Craxi non era affatto al governo, era solo il segretario del Partito socialista italiano e non aveva modo di sapere nulla delle intenzioni della Nato e dei francesi. L’avviso a Gheddafi fu nel 1986, quando gli Stati Uniti decisero di bombardare la residenza del raìs a Tripoli, che infatti si salvò.

Ma torniamo al mistero della decisione di Amato di rilanciare oggi lo “scandalo Ustica”. Scopriamo nelle sue stesse parole una possibile spiegazione. L’ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Corte Costituzionale, con un solido status internazionale (nel 2002 è stato anche vicepresidente di Valéry Giscard d’Estaing della Convenzione per definire una Costituzione Europea) ha usato infatti una parola di fuoco, palesemente calcolata per attaccare la Francia, «onta»: «Mi chiedo perché Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia, non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia. O dimostrando che questa tesi è infondata, oppure porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo”. Dunque, una “onta che pesa sulla Francia», accusa, dura e gravissima che terremota e porta al calor bianco le relazioni tra Roma e una Parigi che in questi mesi ha avuto non pochi momenti di tensione con l’Italia.

Il tutto, accompagnato da una provocazione strana se pronunciata da un ex presidente della Consulta: l’onere della prova della propria innocenza – secondo Amato – ricade sull’imputato- Francia, e non sull’accusa – sempre Amato – che peraltro candidamente ammette di non avere alcuna ulteriore prova oltre a quelle non trovate dalla magistratura italiana durante i tanti processi – che infatti mai si conclusero – indicando in sentenza nel missile francese la causa dell’esplosione in volo, come ricorda giustamente l’ex procuratore generale della Cassazione Cesare Salvi.

Il punto della questione è infatti questo: i magistrati italiani, in più gradi di giudizio e in più sentenze, pur sospettando che la causa della tragedia sia stata un missile francese, non hanno raggiunto alcuna prova su questo e hanno emesso sentenze “aperte”. Non solo, quattro alti ufficiali italiani rinviati a giudizio con l’accusa di avere deviato le indagini sulla strage – in sostanza per essere stati collusi con l’omertà della Francia e della Nato – sono stati totalmente assolti.

Dunque se, come ha sostenuto Giuliano Amato in un secondo tempo con una lettera a Repubblica e davanti ai giornalisti, il senso del suo appello era solo di dire «chi sa, parli ora», tutto doveva fare e dire tranne emettere una sentenza definitiva di colpevolezza a carico della Francia, come se questa verità fosse certa, acquisita e non contenuta nelle sentenze sul caso solo a causa – questa la vera, scabrosa accusa di Amato – della omertà francese, di alcuni generali italiani e della Nato.

Di fatto, Giuliano Amato, non si comprende perché è mosso da quale motivazioni, a freddo – lo ripetiamo – ha insultato la Francia accusandola di essere responsabile di una «onta», ne ha chiesto le scuse o di fornire le prove della propria innocenza.

Ma il mistero continua. Spinto dal clamore suscitato dalla sua intervista, il pluricandidato alla presidenza della Repubblica, ha convocato una conferenza stampa nella quale ha smentito sé stesso pur premettendo: «Io non ritratto nulla».

Sul punto più scabroso nei confronti della Francia, con foga davanti ai giornalisti è esploso: «Non sono scemo e non ho chiesto al presidente Macron di chiedere scusa». Sicuramente nessuno può pensare che Amato sia scemo, ma nell’intervista a Repubblica aveva proprio e inequivocabilmente chiesto a Macron di scusarsi. Ripetiamo le sue esatte parole già riportate: «Mi chiedo perché Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia, non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia. O dimostrando che questa tesi è infondata, oppure porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo».

Perché lo ha fatto? Perché ha gettato una pietra in uno stagno piatto per mettere in urto il governo italiano con la Francia, da lui accusata di fatto quantomeno di una omertà inaccettabile – questo è il centro del suo ragionamento, non smentito, anzi più volte reiterato, dalle gravissime conseguenze nelle relazioni tra i due Paesi – se non di un orrendo crimine? Mistero.

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