Verso il 2024Il pessimo stato di salute della sinistra radicale europea

In Bulgaria, Romania, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Stati Baltici i partiti ultra-progressisti non riescono a superare la soglia di sbarramento per entrare nei Parlamenti nazionali. In Spagna e Francia va un po' meglio ma alle elezioni europee il gruppo di estrema sinistra rischia di piazzarsi in ultima posizione con appena quarantaquattro seggi

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La sinistra radicale europea ha vissuto una fase di profonda crisi nel corso degli ultimi anni e ha dovuto assistere, quasi inerme, all’avanzare dei nazionalismi nel Vecchio Continente. Qualcosa, però, sembra si stia muovendo in vista delle elezioni europee del 2024 e l’iniziativa è stata presa da Jean Luc-Melenchon, leader de La France Insoumise e da Yolanda Diaz, a capo della piattaforma spagnola Sumar. I due esponenti politici si sono incontrati durante una conferenza organizzata, lo scorso 24 agosto, dal partito della sinistra radicale francese nella città di Valence. 

L’obiettivo è quello di trovare nuovi modi per fermare l’onda nera che si sta alzando in Europa e la Diaz ha ricordato, a questo proposito, che «è necessario prendere sul serio» i partiti della destra radicale e che «bisogna studiare a fondo i loro programmi e le loro idee». Lo strumento migliore per raccogliere il sostegno della gente è presentare «un programma sociale» che mostri alle persone del campo di sinistra come migliorare le loro vite, ha affermato la leader di Sumar. Melenchon ha invece dichiarato che «Non possiamo vincere se non abbiamo un programma di progresso per la società»  per poi aggiungere che di fronte ad «una giunzione tra destra ed estrema destra», NUPES e Sumar – coalizioni di partiti progressisti rispettivamente in Francia e Spagna – «sono le due posizioni in tutta Europa della sinistra radicale più avanzate di fronte a una generale ondata di alleanze di destra e di estrema destra».

I fronti progressisti francesi e spagnoli sono, in effetti, le formazioni di sinistra radicale più in salute  dell’Unione Europea. Melenchon ha sfiorato il ballottaggio alle elezioni presidenziali del 2022 grazie al 21.85 per cento dei suffragi ottenuti mentre NUPES è arrivato al secondo posto (con oltre il venticinque per cento dei voti) alle elezioni legislative francesi svoltesi lo stesso anno. Un risultato ottenuto grazie al carisma personale di Melenchon, che è riuscito a compattare un fronte che va dai Verdi ai Socialisti passando per i Comunisti e la France Insoumise. 

Il leader francese ha chiesto ai partiti di presentarsi in una lista unica alle europee del prossimo anno. Una scelta che, secondo i sondaggi, potrebbe portare la coalizione a raggiungere il primo posto alle consultazioni ma che non è stata accolta positivamente da tutti i membri dell’alleanza. La senatrice francese Melanie Vogel ha infatti dichiarato che «otterremo un risultato migliore presentando liste separate perché abbiamo idee differenti sull’Europa anche se l’alleanza va mantenuta a livello nazionale». Sumar, che ha ottenuto il terzo posto alle elezioni legislative spagnole del mese scorso ed è formata da quindici partiti diversi, intende replicare il successo alle europee e dovrà decidere se entrare a far parte del gruppo della Sinistra Europea oppure in quello dei Verdi. Il portavoce del movimento Carlos Corrochano ha reso noto che «Sumar sarà probabilmente presente in entrambe le famiglie».

Il Partito della Sinistra Europea ha ricordato, durante un convegno svoltosi a Vienna lo scorso 24 giugno, l’importanza dell’unità a livello continentale per rafforzarsi. Un richiamo coerente con le aspirazioni del gruppo che rischia di scontrarsi, però, con problemi oggettivi più urgenti. Gli sviluppi francesi e spagnoli vanno a inserirsi in un contesto comunitario in cui la sinistra radicale stenta a imporsi. La media dei sondaggi per le consultazioni europee, riportata da Politico e aggiornata al 30 agosto, evidenzia come il gruppo della Sinistra Europea dovrebbe piazzarsi in ultima posizione con appena quarantaquattro scranni e poco sotto i quarantaquattro dei Verdi.

I Popolari e i Socialdemocratici sono invece destinati a competere per il primo posto con, rispettivamente, centocinquantasei e centoquarantacinque seggi mentre il gruppo dei Conservatori e Riformisti, di cui fa parte anche Fratelli d’Italia, registra una forte crescita e dovrebbe raggiungere gli ottantatré scranni. Le forze nazionaliste, presenti anche nel gruppo Identità e Democrazia che dovrebbe fermarsi a settantuno scranni, godranno di un peso sostanziale nel prossimo Europarlamento mentre quelle ultra-progressiste sembrano destinate a rimanere, ancora una volta, ai margini dello scacchiere politico. 

La ragione di questa condizione va ricercata nell’impopolarità della sinistra radicale in diverse nazioni del Vecchio Continente. In Bulgaria, Romania, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Stati Baltici i partiti ultra-progressisti non riescono a superare la soglia di sbarramento per entrare nei Parlamenti nazionali e non ottengono voti sufficienti nemmeno alle elezioni europee. In queste nazioni pesa, di certo, l’associazione tra la sinistra radicale e i lunghi decenni passati sotto il giogo dei regimi comunisti. In Polonia e Ungheria, grazie alla presenza di governi ultra-conservatori, faticano a ottenere spazio persino i partiti progressisti moderati mentre l’invasione dell’Ucraina ha spazzato via ogni possibilità successo per la sinistra nei Paesi Baltici che, tradizionalmente, veniva votata dalla minoranza russofona. Il Partito Comunista della Boemia e Moravia, unico esempio di partito marxista dell’Europa orientale sopravvissuto al crollo del regime e per decenni relativamente popolare, ha perso la propria rappresentanza parlamentare in seguito alle elezioni legislative del 2021 e potrebbe non superare la soglia di sbarramento alle consultazioni europee. 

In Scandinavia e nei Paesi Bassi il gruppo della Sinistra europea può contare su partiti affiliati, come l’alleanza Rosso-Verde in Danimarca e il Partito degli Animalisti, che possono contare su un nucleo consolidato ma marginale di elettori che gli impedisce di lanciarsi del tutto sullo scacchiere nazionale. Migliori notizie provengono, invece, dal Belgio dove il Partito dei Lavoratori, che nel 2010 aveva ottenuto l’1.6 per cento dei voti alle elezioni nazionali, è cresciuto  fino a toccare l’8.6 alle consultazioni del 2019. Il movimento, che può contare su ventiquattromila membri, ha continuato a rinforzarsi anche negli ultimi anni e potrebbe migliorarsi alle prossime consultazioni.

In Germania si registrano, invece, fratture all’interno di Die Linke. Il principale partito della sinistrale radicale tedesca rischia la scissione a causa delle divisioni interne in merito alla linea da adottare nei confronti di alcune politiche governative come quella climatica. La crisi della leadership e il drenaggio di voti a favore della destra di Alternative fur Deutschland rischiano di minare le basi di quella che poteva essere una delle formazioni di riferimento degli ultra -progressisti europei. Lo stesso discorso vale per un uomo simbolo della sinistra come Alexis Tsipras, dimessosi da leader di Syriza in seguito ai deludenti risultati delle recenti elezioni legislative greche. Il movimento continua a godere di una certa popolarità in Grecia ma le tre sconfitte consecutive maturate alle consultazioni nazionali hanno avuto conseguenze.

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