Ci sono due reazioni, entrambe sbagliate, cui qualsiasi persona decente può lasciarsi andare ascoltando un politico che reclama pulizia etnica per la propria regione. La prima: deplorare, ma raccontandosi e raccontando che si tratta dell’ennesimo caso isolato, dell’ennesima dichiarazione in libertà che non impegna il partito, l’amministrazione, l’istituzione, ma solo lui, il politico che l’ha ruttata a titolo personale. La seconda, che poi è l’altra faccia della prima: le spallucce dell’assuefazione, perché ormai a certe cose si è abituati. È sbagliata la prima ed è sbagliata la seconda – per quanto l’una e l’altra siano comprensibili – perché, banalmente, non si discute di casi isolati ma ricorrenti e perché, temibilmente, farci il callo significa assolvere quelli che non dovrebbero permettere la permanenza nei propri ranghi di simili figuri.
Se si discutesse del caso isolato che non è, se ci avessimo fatto l’abitudine che non vogliamo farci, non potremmo domandare a Giorgia Meloni e alla sorella, cui è affidato il partito, che cosa pensino e che cosa intendano fare del proprio consigliere regionale, signor Joe Formaggio, il quale l’altro giorno, nell’italiano di cui può disporre, ha detto che vuole «vedere la maggioranza dei cittadini veneti che siano di pelle bianca» e, per opposto desiderio transitivo, che non vuole «vedere il Veneto con la maggioranza di cittadini di colore scuro».
Siccome anche le sorelle Meloni e, ne siamo certi, tutti i plenipotenziari del partito Alfa di governo, sono come le persone decenti cui ci riferivamo all’inizio, non vorremmo che avessero una di quelle due reazioni: e cioè che si dichiarassero indisponibili a occuparsi di un caso dopotutto isolato, che riguarda il loro consigliere ma non loro; oppure, peggio, che si dimostrassero ormai abituati ad avere e mantenere tra i propri affiliati e rappresentanti delle persone che la pensano e la dicono come questo Joe Formaggio. Magari abituati a tal punto, da soprassedere anche alla mirabile giustificazione offerta dal loro fratello d’Italia, vale a dire che dopotutto gli elettori la pensano allo stesso modo circa l’esigenza di ripulire il Veneto da quelli con la pelle scura: «La gente a casa», ha spiegato, «la pensa così».
Che non è mica male se riferito non già – che so? – al colore degli autobus o delle facciate degli edifici pubblici, cose per cui appellarsi all’opinione della gente può anche andare: bensì e appunto al colore della pelle degli abitanti di nordest, questo latifondo bianco e cristiano che bisognerà pur proteggere dal progressivo imbrunimento indotto dai programmi di sostituzione etnica.
Se volantinavi un questionario tra la gente dentro a certe birrerie di Monaco, e anche fuori di lì, anche «nelle case» come quelle evocate dal consigliere di Fratelli d’Italia, domandando che cosa pensasse il buon cittadino dell’idea di ripulire la Germania ariana da ebrei e zingari, ebbene c’era caso che la risposta fosse positiva e magari anche entusiastica: ma forse – diciamo forse – quel consenso rendeva anche più condannabili, non meno, il progetto e l’attuazione del genocidio. O no? I regimi segregazionisti – ipotizziamo ancora – erano ben guardati da molta brava gente cui senz’altro dispiaceva l’idea di condividere lo scompartimento del treno con i negri, ma chissà perché non ci viene da dire che allora andavano bene. O sì?
Magari Giorgia Meloni, o la sorella, ma pure il cognato ministro o qualsiasi altro giù per li rami, glielo spiegano a Joe Formaggio? Magari – ma sarebbe già tardi – prima dei «provvedimenti» che un esponente di partito ha vagheggiato nei giorni scorsi, senza che se ne sia saputo più nulla.