La premier Giorgia Meloni, prima di volare in Qatar per una visita lampo, nel rispondere alle ultime domande dal G20 in India, ha aperto un doppio fronte di scontro con l’Unione europea sia sul dossier Ita-Lufthansa sia sulla nomina alla guida della Banca europea degli investimenti (Bei).
Per l’accordo tra Ita e Lufthansa, secondo quanto sostenuto dal governo italiano, non è ancora arrivato il via libera dell’Antitrust di Bruxelles. Per la premier è «curioso che la Commissione che ci ha chiesto per anni di trovare una soluzione, quando la troviamo la blocca. Vorremmo una risposta. La questione è stata sottoposta a Gentiloni da Giorgetti», che ne ha parlato anche con il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner.
Prima ancora che la premier e il ministro dell’Economia lascino l’India, arriva la replica della Commissione: «Non abbiamo ancora ricevuto la notifica formale». Il ministero dell’Economia risponde che la notifica deve arrivare solo al termine di un’istruttoria dell’Antitrust, mentre una “prenotifica” è stata già inviata. Della questione, Giorgetti ha parlato anche con Lindner, con il quale ha condiviso l’ipotesi di scomputare dal patto di stabilità le spese per la Difesa.
C’è poi un fronte che riguarda le nomine, in particolare quella della Banca centrale per gli investimenti. Per il posto di presidente, l’Italia ha candidato Daniele Franco, ministro dell’Economia del governo Draghi. In corsa ci sono anche due candidate che appaiono con maggiori possibilità, la vicepremier spagnola Nadia Calviño e la commissaria danese alla concorrenza Margrethe Vestager (che prima di lasciare l’incarico era la responsabile della questione Ita). Meloni, che punta al sostegno tedesco, spiega così perché debba prevalere l’Italia: «Abbiamo candidato alla Bei una figura tecnica. Leggo di scelte che potrebbero essere politiche, ma sarebbe un errore. Se dovessimo sottomettere le massime istituzioni finanziarie europee a scelte di partito, mineremmo la terzietà di queste istituzioni, dobbiamo essere molto prudenti». La premier sembra alludere a Calviño che, sebbene non si sia candidata alle elezioni spagnole e abbia un curriculum tecnico, è stata uno dei volti del governo progressista di Pedro Sánchez.
La partita per la Bei è ancora aperta e l’Italia cerca alleati. Giorgetti ha chiesto a Lindner l’appoggio della Germania e la Meloni potrebbe aver chiesto sostegno al cancelliere Olaf Scholz, con cui ha parlato a margine dell’omaggio al mausoleo di Gandhi.
Ma dietro la lite tra l’esecutivo e l’Europa ci sono questioni politiche ed economiche, legate sia alla legge di bilancio italiana sia alle elezioni europee. E soprattutto questioni che hanno a che fare con la concorrenza nei cieli europei.
La privatizzazione di Ita Airways è cominciata con il governo Draghi. Il 25 maggio 2023 l’accordo tra il Tesoro e il Lufthansa per la cessione di una quota di minoranza del 41% attraverso un aumento di capitale di 325 milioni, con l’opzione di acquisire tutte le azioni rimanenti in un secondo momento. L’obiettivo dichiarato era di chiudere la transazione entro l’anno e portare Ita in utile in due anni. Un accordo che Meloni definì però «massacro della nostra compagnia di bandiera». E durante la campagna elettorale l’allora leader di Fratelli d’Italia provò a stoppare la procedura. A gennaio anche l’esecutivo Meloni ha dato l’ok alla vendita a Lufthansa. Ma ora l’ultima parola spetta a Bruxelles. L’operazione, soggetta a ora una fase istruttoria, deve ancora essere notificata dalle compagnie.
L’accordo prevede che Lufthansa acquisti il 41% di Ita oggi e il 100% entro il 2033. Trattandosi di acquisto che incide sulla concorrenza nel mercato aereo, ci vuole l’ok della Ue. Secondo quanto riporta il Corriere, il governo attualmente è in una fase difficile, con decine di domande inviate anche su piccoli dettagli. E questo anche perché all’interno dell’Europa in molti osteggiano la conclusione della trattativa. Tra questi, ci sono la Francia e le compagnie low cost. Il blocco Air France-Klm-Delta Airlines perderebbe quote di mercato in Italia. Mentre le low cost come Ryanair, easyJet e Wizzair si ritroverebbero a dover fare i conti con un vettore più solido. Ma gli ostacoli potrebbero arrivare anche da Iag, la holding di British Airways, Iberia e Vueling.