Impresso a fuoco Un Riserva Speciale per chef che amano l’Asiago

Il Consorzio di Tutela del Formaggio Asiago e i giovani rappresentanti di Jre collaborano per promuovere e valorizzare la Dop prodotta nell’altopiano

I Jre ad Asiago

I primi vagiti di un sistema che proteggesse le denominazioni dei formaggi, italiani e non solo, risale al 1951. Nell’elenco stilato in occasione della Convenzione di Stresa c’erano naturalmente il Parmigiano Reggiano, il Pecorino Romano, il Provolone, il Gorgonzola, per la Francia Brie e Camembert, per la Svizzera Emmental e Gruyere. Tra i formaggi italiani c’era anche l’Asiago, che potremmo definire a due facce perché oggi nella stessa Dop ci sono il fresco che lo stagionato.

Da allora tante regole sono cambiate, sono nati i consorzi con i loro disciplinari che spesso non sono uguali alle prime stesure: per esempio per l’Asiago sono stati introdotti la possibilità di usare il caglio vegetale e il divieto di utilizzare il lisozima, un enzima che abbatte l’attività batterica.

I consorzi si occupano naturalmente anche della promozione e in quest’ottica il Consorzio Tutela Formaggio Asiago ha siglato con il fuoco una collaborazione con gli chef italiani associati ai Jeunes Restaurateurs d’Europe (Jre). Siglato con il fuoco perché una rappresentanza degli associati ha marchiato una forma di Stagionato Stravecchio in occasione di una cerimonia presso la Malga Pusterle, una delle più in quota (milleseicento metri) dell’altopiano di Asiago.

Jre alla Malga Pusterle

Gli chef, qualcuno lo fa da tempo, avranno in carta un piatto che ha questo formaggio tra gli ingredienti, per tutti gli associati ci saranno condizioni vantaggiose per l’acquisto della materia prima: un Asiago Dop Riserva Speciale Jre. «Crediamo fortemente che, oggi, la ricerca della qualità debba andare di pari passo con un’intensa attività di divulgazione e formazione che coinvolga, per primi, gli chef più sensibili a una perfezione assoluta che viene da quel legame che unisce luogo d’origine, tradizione produttiva e persone» ha affermato Flavio Innocenzi, direttore del Consorzio.

Per due fine settimana di settembre il comune di Asiago, che per uso comune dà il nome a quello che in realtà si chiamerebbe “Altopiano dei sette comuni”, ospita una manifestazione tutta dedicata ai formaggi di montagna (prodotti sopra i seicento metri di quota) e naturalmente al prodotto padrone di casa. Il Consorzio, fondato ufficialmente nel 1979, raduna trentasette produttori e sei stagionatori, sparsi tra le province di Vicenza, Padova, Treviso e Trento, tredici sono piccoli caseifici di montagna che fanno capo ad altrettante malghe dove il bestiame pascola da giugno a settembre. Tre di queste sono presidi Slow Food.

Made in Malga

L’altopiano è famoso per essere stato teatro di battaglia nella prima guerra mondiale. Qui fu sparato il primo colpo di mortaio contro gli austriaci il 24 maggio 1915, centinaia di migliaia di soldati si sono fronteggiati e hanno combattuto con decine di migliaia di perdite su entrambi i fronti. Sono le terre di Mario Rigoni Stern che fu narratore della seconda guerra mondiale con “Il sergente nella neve”.

«Non c’è dubbio che il racconto sull’altipiano, il più vasto d’Europa, sia legato a filo doppio alle storie di guerra – racconta a Linkiesta Gastronomika Flavio Innocenzi – ma è arrivato il momento di uscire da questo schema: il lavoro dei nostri malgari e la qualità del prodotto di montagna sono un eccellente metodo di comunicazione. L’accordo con Jre va in questa direzione: alzare il livello. I numeri sono importanti (il Consorzio è il quarto in Italia tra quelli che producono formaggi a latte vaccino), ma abbiamo una storia di altissima qualità da far conoscere».

L’Asiago stagionato dopo novanta giorni dalla produzione è definito “mezzano”, tra quattro e quindici mesi è “vecchio”, oltre “stravecchio”. Durante la manifestazione “Made in malga” è stata aperta una forma che aveva dieci anni, venduta a quattrocento euro al chilo. La particolarità dell’Asiago di malga è un dono dell’incredibile biodiversità dei pascoli, tanto che si possono percepire differenze di sapore tra il formaggio realizzato a giugno con quello di settembre e, ovviamente, tra una malga e l’altra.

Made in Malga

Sull’altopiano sono molto orgogliosi della storia del formaggio locale. C’è una testimonianza scritta del 983 dopo Cristo che fa riferimento alla lavorazione del latte, ma scavi archeologici e studi successivi fanno risalire a cinquemila anni avanti cristo le prime attività casearie. Insomma una delle più antiche, se non la più antica, produzioni della storia. Tanto che Fiorenzo Rigoni, presidente del Consorzio, ha affermato: «Siccome la lavorazione del latte è praticamente uguale, possiamo affermare che siamo il nonno del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano».

Altopiano di Asiago

Il formaggio si produce la mattina unendo le mungiture della sera e quelle fatte tra le 6 e le 8 del mattino, al sorgere del sole. La ricchezza del latte è garantita dai pascoli dove le mandrie pascolano libere. Quella della mucca felice è un’immagine che ha un po’ il sapore della retorica, però sicuramente la bestia che sta in montagna vive più a lungo, ha un ciclo riproduttivo di sei o sette parti, mentre negli allevamenti intensivi non si superano i due: anche questo contribuisce alla qualità della materia prima.

Produzione di Asiago Dop

Asiago negli Stati Uniti è tra i nomi di formaggio più conosciuti, secondo una ricerca di mercato. «La legge americana non riconosce le denominazioni d’origine come l’Asiago Dop ma questo formaggio gode di una grande notorietà – spiega Flavio Innocenzi – ed è per questo che viene impiegato dai produttori che sfruttano il suo nome per veicolare l’Italian sounding. La nostra azione di tutela è molto articolata, si muove su più fronti e si completa con massicce campagne di informazione per i consumatori».

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