Conversazioni in vigna Determinazione, conoscenza e rispetto danno frutto

La nostra serie dedicata alla vendemmia continua in Piemonte, alla scoperta di cosa sta avvenendo nelle zone tra Langhe e Roero, nei terreni di una delle sue realtà vinicole più conosciute

Ceretto Tenuta Monsordo @T.Gerbaldo

Per il secondo episodio di “Conversazioni in vigna” il nostro consulente enologico Andrea Moser ci porta tra i filari di uno degli appezzamenti vitati dell’azienda vitivinicola Ceretto. Produttori di vino dal 1937, oggi sono Lisa, Roberta, Alessandro e Federico, la terza generazione, a condurla. Negli ultimi vent’anni hanno intrapreso un percorso di studio e ricerca, per rendere l’attività agricola più sostenibile, rispettosa dell’ambiente, rigenerante per il suolo e le sue risorse. Il loro lavoro ha dato i suoi frutti: dal 2015 l’azienda è infatti certificata per la produzione in biologico. A partire dal 2018, la famiglia è riuscita inoltre a implementare le tecniche di biodinamica, sperimentate nei dieci anni prima, e ad applicarle sull’intera superficie aziendale.

Attualmente Ceretto conta in tutto 180 ettari, con proprietà frammentate tra Langhe e Roero. Parlando di terreno vitato, la gran parte è dedicata alla principale varietà a bacca bianca coltivata da loro, l’Arneis, circa novanta ettari.

Gli altri novanta sono invece destinati alla produzione di diverse uve rosse. A predominare è il Nebbiolo, con vigneti all’interno dei confini stabiliti dal disciplinare della denominazione Barolo. Negli ultimi anni hanno avuto la fortuna di acquisire alcune vigne nelle zone più vocate e nei comuni più importanti: La Morra; Cannubi, nell’area del Barolo; Bussia, frazione di Monforte; Serralunga d’Alba. Posseggono anche dei terreni nel Barbaresco, dove possono vantare un buon portfolio di cru e di vigneti vinificati singolarmente. Oltre il Nebbiolo, le altre varietà rosse che coltivano sono Barbera, Nebbiolo d’Alba e Dolcetto.

Ceretto Blangé @T.Gerbaldo

A essere vendemmiati per primi sono però gli appezzamenti vitati con uve bianche. Al momento della diretta, alla fine della prima decina di settembre, «Siamo nel vivo» racconta Davide Pellizzari, responsabile agronomico dell’azienda e guida di questo episodio. Allora, erano a metà della raccolta dell’Arneis. «Ci troviamo a Castellinaldo d’Alba, nel cuore del Roero. Proprio qui e in un’altra vigna più verso Alba, è dove iniziata l’avventura di vinificare questa varietà, per volere di Bruno e Marcello Ceretto» racconta il tecnico viticolo. «Negli anni siamo andati avanti e ora è uno dei vitigni più importanti dell’azienda». Dalle sue uve producono infatti la referenza più rappresentativa della casa, il Langhe Arneis Blangé. La vendemmia sarebbe poi proseguita per un’altra settimana.

Nel frattempo si preparavano a dare il via a quella di alcune uve rosse. Tendenzialmente la prima a essere raccolta è il Dolcetto, quasi in contemporanea con il Merlot. Insieme al Sirah, sono le uniche varietà internazionali che coltivano. Una volta vendemmiate, queste verranno vinificate separatamente, ma poi tagliate insieme, in un blend chiamato Monsordo, nome della tenuta della famiglia Ceretto in cui si trovano la cantina, gli uffici e la struttura dedicata all’ospitalità.

Infine, le ultime uve a essere raccolte saranno Barbera e Nebbiolo. «Secondo le analisi e i dati avuti fino ad adesso c’è ancora da aspettare un pochino». Quest’ultima è una varietà effettivamente abbastanza tardiva. Tuttavia, è anche vero che la raccolta delle uve bianche tende a essere fatta prima e più velocemente rispetto a quella delle rosse. Perché? Il motivo ce lo spiega sempre Davide Pellizzari, prendendo come esempio l’Arneis. Nonostante venga coltivata su appezzamenti diversi, con esposizioni differenti, proprio per preservare l’acidità naturale, «quando raggiunge la maturazione può avvenire un suo decadimento. Noi quindi iniziamo la vendemmia un po’ anticipatamente per creare riserva acida, in modo che nel taglio finale del vino riusciamo a portare della freschezza».

Sopraggiunge poi una settimana cruciale in cui devono raccogliere tanta uva in pochi giorni, prima che la maturazione vada troppo in là.

Vendemmia Ceretto, Bricco Asili Barbaresco @M.Spironetti

Queste operazioni prevedono dei passaggi precedenti: l’analisi dello stato sanitario dell’acino e quella dei valori dei parametri chimici, inerenti il pH, l’acidità e il grado zuccherino. Oltre a queste, è importante però non dimenticare l’essenziale lavoro operativo e logistico, che in questo periodo occupa quasi tutta la giornata del responsabile agronomico e del suo team.

«Iniziamo alle 5:30» ci racconta. «Ci troviamo in cascina, punto di riferimento, parcheggio dei trattori, luogo dove teniamo cesti, pinze e tutto ciò che ci serve». Si dirigono poi nei diversi appezzamenti. Dalle 5:30 alle 7:00 allestiscono la vigna prima che sopraggiungano i manovali: dispongono le diverse ceste lungo i filari e sotto le piante grandi posizionano reti alzate. Alle 7:00 arrivano le squadre a raccogliere. Si lavora in coppia. Tutta l’uva viene raccolta in ceste rosse e poi versata in beans, contenitori dalla capienza di due quintali l’uno. Questi verranno poi portati in cantina, prestando particolare attenzione.

«Da dove ci troviamo noi oggi, Castellinaldo d’Alba, alla cantina di vinificazione sono circa trenta minuti di trasporto in trattore. Vogliamo fare questo tragitto rapidamente, per evitare che l’uva si surriscaldi» precisa infatti Davide Pellizzari. Si tratta di un aspetto talmente rilevante da incidere anche sulla durata del loro operare: «Lavoriamo dalle 7:00 del mattino sino a mezzogiorno e qualche ora di pomeriggio, a seconda delle temperature. Quando abbiamo cominciato, a inizio settembre, c’era ancora molto caldo. Il pomeriggio infatti non vendemmiavamo, per evitare di portare l’uva troppa calda».

Questo è quantomeno il processo che interessa le varietà bianche. Le uve rosse non vengono infatti riversate nei beans, ma trasportate direttamente in cantina nelle ceste, per evitare il più possibile il fenomeno dell’ammostamento (rottura degli acini, con conseguente rischio di fermentazioni).

La giornata del tecnico continua poi nelle varie vigne, dove effettua campionamenti sui vigneti che andranno a vendemmiare nei giorni successivi, coordinandosi insieme al suo team. Sono una squadra affiatata e tramite telefonate e diversi trasporti riescono a portare a termine tutte le operazioni previste per il giorno. Le ultime avvengono presso il quartiere generale. Qui, una volta portata tutta l’uva, si occupano di lavare i contenitori, preparare i trattori e i cingoli, in modo che l’indomani, alle 5:30, sia tutto pronto.

Vendemmia Ceretto @L.Cigliutti

Nel frattempo, in cantina si procede con il processo di pigiatura e vinificazione delle uve. A precedere le due fasi è però una selezione «maniacale», lì su un tavolo di scelta, ma ancor prima in vigna, secondo la linea tracciata da Alessandro Ceretto, il responsabile di produzione. Nel 2023 la selezione in campo è stata particolarmente complicata. «Alcuni appezzamenti ad agosto sono stati interessati da alte temperature – ci illustra infatti Davide Pellizzari – e uno, due per cento degli acini esterni ha assunto una colorazione scura. Cerchiamo di rimuoverli prima che l’uva arrivi in cantina, in modo da far sì che lì non se ne debbano preoccupare e possano focalizzarsi sulla selezione da un punto di vista lavorativo».

In generale, è stata un’annata difficile. L’azienda Ceretto ha dovuto affrontare diverse criticità. La prima: la siccità. «Arriviamo da due anni in cui le precipitazioni sono state molto ridotte e mal distribuite. I terreni hanno avuto poca possibilità di assorbire e creare le riserve idriche», come avveniva solitamente. La struttura dei suoli delle Langhe e Roero ha da sempre offerto naturalmente condizioni ideali perché questo avvenga: i suoi strati di marna e argilla tendono a inzupparsi d’acqua, per poi rilasciarla lentamente alle viti. È uno dei motivi per cui è sempre stato un terreno vocato all’agricoltura. Le mancate precipitazioni hanno fatto però venir meno l’usuale surplus.

Quest’anno in azienda sono riusciti a recuperare il bilancio idrico grazie alle piogge avute in tarda primavera, che però sono state abbondanti proprio nel momento culmine in cui il tecnico e il suo team stavano effettuando il controllo fitosanitario dei vigneti, al fine di preservarli. La vite, come gran parte delle colture, quando vi è un alto tasso di umidità può essere infatti soggetta ad alcune malattie causate da funghi, peronospora e oidio sono le più comuni

Nella difesa definibile “convenzionale” possono essere date delle particolari molecole alle piante, che, a loro volta, le assorbiranno. Esse fungono quasi da «antibiotico», proteggendo dall’interno. Nel regime biologico, perseguito dall’azienda Ceretto, questo non è invece consentito. È possibile effettuare esclusivamente un trattamento con funzione preventiva, a base di soluzioni di rame e zolfo, in diversi formati. Queste vengono spruzzate sulla pagina della foglia, creando una patina che impedirà eventualmente al fungo di attaccare la pianta. Nel momento in cui però le precipitazioni la diradano, la sua funzione protettiva viene a mancare.

A causa delle frequenti precipitazioni primaverili, Davide Pellizzari e i suoi colleghi hanno dovuto affrontare un rilevante dilavamento del trattamento e, pertanto, prestare maggiore attenzione e cura alla difesa fitosanitaria, senza però esagerare con i quantitativi «perché altrimenti andiamo a fare più danno che profitto». Trattare è però necessario. «La foglia è il motore e polmone della pianta: se non funziona, non funziona tutto il resto» precisa il nostro consulente vitivinicolo Andrea Moser.

Ceretto Vendemmia Treiso @M.Spironetti

«Come riesce l’azienda Ceretto a gestire questo tipo di difesa in 180 ettari?». Il responsabile agronomico riassume la risposta in punti. Il primo: la determinazione della famiglia. Il secondo, gli investimenti fatti a monte, usati per l’allestimento di un parco per trattori e uno per gli atomizzatori (macchine agricole impiegate nei trattamenti antiparassitari e anticrittogamici). Funzionale all’efficienza della realtà è stato anche il percorso di formazione garantito al personale e l’assunzione di un buon numero di trattoristi. Infine, la capacità di «persuadere» a lavorare con loro le persone che svolgono i compiti manuali più faticosi.

Uno di questi consiste nell’andare a inizio stagione, con la pompa sulle spalle, a dare l’acqua ai germogli delle viti, come si faceva una volta. Una pratica faticosa, ma che consente di ottenere un risparmio delle risorse idriche: invece che usare volumi da 300-400 litri d’acqua ad ettaro, ne utilizzano 80-90.

Perseguire dettami agricoli rispettosi dell’ecosistema, ambientale e sociale, su una superficie così ampia, non è facile. Richiede sforzi, capitali monetari, impegno, un investimento da tutti i punti di vista, ma che dà i suoi frutti. Da quando è entrato a far parte dell’azienda Ceretto, dieci anni fa, Davide Pellizzari ha infatti notato come l’adesione al biologico, per loro più semplicemente «una buona gestione agronomica del parco vitivinicolo», abbia apportato numerosi benefici: «Riusciamo ad avere buone produzioni, i vigneti si adattano all’annata senza subirla troppo e senza mascherarla troppo dall’altro lato».

Parlando invece delle pratiche biodinamiche, queste hanno svolto la funzione principale per cui avevano deciso di applicarle: favorire la salute del suolo e del ciclo della sostanza organica al suo interno. «Nell’arco dell’ultimo decennio, i cambiamenti più rivelanti hanno riguardato proprio la fertilità dei suoli» specifica il responsabile agronomico.

Lui e il suo team sono riusciti a mettere in pratica un ottimo lavoro di compostaggio: fertilizzano i vigneti con il compost prodotto da loro, a partire dal letame delle stalle della zona e scarti della loro produzione, della vendemmia, raspi e altri fonti vegetali. Accompagnano questa pratica a quella del sovescio: seminano a filari alterni un mix di essenze, principalmente leguminose, in quanto azoto-fissatrici, e crucifere e brassicacee per sfruttare il loro apparato radicale col fine di conferire una buona struttura al sottosuolo. Quando arriva la primavera, le sfalciano, senza però interrarle, per evitare di lavorare il suolo prima delle piogge. Questo perderebbe infatti portanza, andando incontro a erosione e deterioramento. Infine praticano la copertura dell’interfilare.

L’insieme di queste operazioni ha portato a «un miglioramento della capacità di gestire la fertilità dei suoli e ai vigneti giovani di entrare in produzione al terzo anno senza utilizzo di alcun espediente come fertilizzanti chimici» specifica Davide Pellizzari.

E mentre si sente il cingolo del trattore passare, il tecnico ci saluta e ne approfitta per invitarci da loro in azienda, nella località S. Cassiano, ad Alba, suggerendoci di pernottare nello spazio hospitality d’eccellenza di Ceretto: un’occasione per toccare con mano e approfondire quanto detto e mostrato durante la diretta.

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