Alla vigilia del doppio appuntamento di Granada, prima la riunione della Comunità politica europea e poi domani un Consiglio europeo informale, gli ambasciatori dei ventisette Stati membri hanno trovato un’intesa sul regolamento per la gestione delle crisi, pezzo fondamentale del Pact on migration. A dare l’annuncio, ieri, è stata la presidenza di turno spagnola dell’Ue.
Hanno votato contro Polonia e Ungheria, mentre Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia si sono astenute. Il documento stabilisce le regole nel caso in cui un Paese si trovi sotto pressione per un aumento di sbarchi o arrivi superiore del normale e prevede un meccanismo di solidarietà obbligatoria, con ricollocamenti dei richiedenti asilo.
La Germania si era opposta, giovedì scorso al Consiglio Affari Interni era stata invece l’Italia a mettersi di traverso (il ministro Piantedosi aveva lasciato la riunione) per degli emendamenti, vicini alle posizioni di Berlino, in cui c’era scritto che le «le operazioni di aiuto umanitario […] non dovrebbero essere considerate come strumentalizzazione dei migranti quando non vi è l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro».
Questo riferimento alle ong è stato espunto nel compromesso. Palazzo Chigi ha espresso «soddisfazione» perché a passare sarebbe stata la linea italiana. A sbloccare lo stallo sarebbe stata una telefonata tra Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Tra i due, proprio sulla questione migratoria, si ipotizzava un bilaterale a Granada.
Hanno dichiarato vittoria anche i Verdi, in teoria gli sconfitti nel lavorio diplomatico: «Abbiamo combattuto fino all’ultimo perché gli standard minimi umanitari non venissero annacquati», ha detto la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock.
Anche per Politico Europe si tratta di una concessione al nostro Paese. Scholz ha comunque parlato di «una svolta storica»; stessa terminologia da parte della presidente della Commissione Ursula von der Leyen («vero punto di svolta») che finalmente consentirà di ultimare i negoziati. Dopo dieci anni di stallo, l’Ue è vicina a una riforma dei meccanismi d’accoglienza.