Il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, ha lanciato un avvertimento a Israele sulla possibilità che il Medio Oriente possa andare fuori controllo se non si fermeranno gli attacchi a Gaza. I bombardamenti continuano. Mentre Israele si prepara a una possibile offensiva di terra della Striscia che, come spiega Repubblica, non sarebbe solo una svolta militare ma anche politica, perché potrebbe essere il segnale d’ingresso nella guerra per gli alleati esterni di Hamas: Hezbollah in Libano, le milizie sciite in Iraq e in Siria e il gruppo Ansar Allah in Yemen, con la regia di Teheran.
Un’escalation che ormai questi attori minacciano apertamente. Abdollahian, con la sua minaccia, prepara il terreno. Sette giorni fa aveva minacciato la stessa cosa con altre parole: «Il dito di tutte le fazioni sarà sul grilletto e potrebbe esserci un’esplosione da un momento all’altro al di fuori di ogni possibilità di controllo». Tra la prima dichiarazione e l’altra ci sono stati segnali molto preoccupanti: gli yemeniti hanno sparato tre missili in direzione di Israele e le milizie sciite hanno attaccato più volte con droni e razzi i 2.500 soldati americani in Iraq e gli altri 800 di stanza in Siria. Ieri gli Houti sono tornati a minacciare: «Attaccheremo le navi israeliane se continuano i bombardamenti su Gaza». È il fronte Est, quello appunto di Yemen, Siria e Iraq, che potrebbe rivelarsi la polveriera dell’allargamento del conflitto spinto dall’Iran. E se a questi segnali si aggiungono le tensioni sul confine libanese, dove dal 7 ottobre sono morti 24uomini di Hezbollah e tre soldati israeliani, allora è come se Teheran stesse già allentando i freni dei gruppi che sponsorizza. Anche i gruppi armati palestinesi in Cisgiordania, legati a quelli della Striscia, si stanno sollevando e negli ultimi tre giorni gli israeliani hanno bombardato con i droni Tulkarem e una moschea a Jenin.
Per scongiurare l’eventualità di uno stato di guerra in tutta la regione ieri il capo della diplomazia americana, Anthony Blinken, ha detto che l’amministrazione Biden si prepara a una escalation «nei prossimi giorni delle milizie filo iraniane contro le nostre forze in Medio oriente e abbiamo preso tutte le misure adatte a difenderci». Anche il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, dice che c’è la possibilità di una escalation per colpa degli agenti iraniani e che gli Stati Uniti risponderanno con durezza. Si tratta di un tentativo di calmare la situazione con l’uso di minacce. Ma basta un caso a infiammare tutto, come è successo con il razzo malfunzionante della Jihad islamica che mercoledì ha fatto strage all’ospedale battista di Gaza.
Il premier israeliano Netanyahu, durante una visita alle truppe al confine libanese, a Nord, ha detto che se Hezbollah decidesse di unirsi alla guerra ci sarebbero «conseguenze devastanti per Hezbollah e per il Libano. Li colpiremo con una forza che non si può nemmeno immaginare». Mentre sul fronte Sud il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, dichiara che «questa dovrebbe essere la nostra operazione finale a Gaza, per la semplice ragione che dopo non ci sarà più Hamas. Richiederà un mese, due mesi o tre mesi».