La città più cara del mondo, New York. Il giornale più letto del mondo, il New York Times. Il critico numero uno della testata, Pete Wells. Non c’è voce più autorevole e temuta sul globo. La sua foto campeggia nelle cucine di tutti i ristoranti stellati della Grande Mela così che tutti lo possano riconoscere, ma questo non ha mai cambiato il suo giudizio severo su un locale o uno chef che non gli era piaciuto. A dimostrazione che le pantomime mascherate sono solo pantomime.
Però, nel block notes di Pete Wells evidentemente non ci sono solo ristoranti stellati dai conti sempre più salati che piacciono alla New York che piace. Così poche settimane fa nella sua rubrica settimanale si è fatto notare un pezzo dal titolo “10$ and under: in search of truly inexpensive dining” (dieci dollari o meno: alla ricerca della cena veramente economica). Nel sottotitolo si sottolineava ironicamente che non si erano sbagliati, non avevano dimenticato uno zero, era veramente così: a New York ci si può anche nutrire con poco, seguendo i consigli del mammasantissima della critica, il guru.
Negli anni Novanta c’era una rubrica scritta da Eric Azimov, che oggi sul New York Times si occupa soprattutto di vino, destinata a consigliare posti sotto i venticinque dollari; sicuramente quei locali se sono ancora aperti hanno sfondato il fatidico muro, ma senz’altro se ne possono trovare ancora sparsi per la città. Però in una metropoli sempre più cara, dove nel post Covid l’inflazione ha galoppato, i dieci dollari sono i nuovi venticinque. Questo deve aver pensato Pete Wells e non abbiamo idea se potrà essere una nuova rubrica. Per ora ne sono stati indicati tre, dove, sono parole di Wells, «si può consumare un eccellente pasto con soddisfazione». Naturalmente è ben spiegato nell’articolo, anche se per i lettori del New York Times forse è superfluo, che al prezzo di un piatto vanno sempre aggiunte le tasse dell’otto e venticinque per cento e la mancia del venti.
Non ci permetteremmo mai di dubitare del giudizio di tanto critico, ma chi siamo noi per non andare a curiosare. Certo per quella cifra non ci si possono aspettare tavole ben apparecchiate e servizio curato: il cibo è presentato in vaschette di plastica (riciclabile, of course), di carta o di alluminio, sul tavolo troverete tovaglioli di carta e posate di plastica, non ci sono alcolici. Due su tre sono ristoranti etnici, sono tutti a Manhattan.
Taiwan Pork Chop House è nel cuore di Chinatown, con la bella stagione ha tavolini in mezzo alla strada perché Doyers Street è chiusa al traffico. Il signature dish, come dice il nome del locale, è una cotoletta di maiale: leggermente caramellatala in padella con un mix di spezie taiwanesi, viene servita su un letto di riso, bianco o fried (saltato in padella). Il riso è proposto in svariate versioni con aggiunta di proteine. Non mancano i pancakes allo scalogno: un classico, ma poco conosciuto della cucina cinese. Ampia scelta anche di noodles.
B & B Restaurant è a Hell’s Kitchen, la zona subito a nord della più popolare Chelsea e a ovest di Time Square, il Theater District è a un passo. Non è un ristorante, neppure una trattoria, è un deli, di fatto un self service, di cucina africana: spesso nei deli si può fare solo asporto, ma qui ci sono tavoli per sedersi. Tra i tre posti segnalati è indubbiamente il più particolare perché il cibo si paga a peso: otto dollari e novantanove alla libbra (quattrocentocinquantatré grammi e spiccioli). Orientarsi su cosa prendere non è facile perché ci sono poche indicazioni esposte, ma seguendo il consiglio di Pete Wells abbiamo preso quello che appariva come agnello al curry e abbiamo fatto bene. Ci sono diverse carni, soprattutto pollo, diversi tipi di riso condito e salse, c’è poi una grande scelta di insalate e frutta.
Lovely’s Old Fashioned: poteva mancare un hamburger tra i consigli newyorkesi? Certo che no. Questo piccolo posto a Chelsea, con dieci sedute al bancone da cui si può osservare chi prepara il cibo, è aperto solo dallo scorso aprile. La specialità della casa è lo smash burger, quello con la carne schiacciata sulla piastra che se ben fatto (qui lo è) risulta croccante; il panino base costa appena sette dollari, poi tutti gli extra si pagano: cinquanta centesimi la sottiletta, due dollari e mezzo due fette di bacon e così via. Ottimi gli onion rings che comunque fanno salire il conto di cinque dollari.
Insomma qui si fa in fretta a spendere di più, ma ci si può nutrire stando sotto quel tetto di dieci dollari. Giustamente il critico sottolinea che tutte le persone che lavorano per preparare gli hamburger indossino un cappello di carta sempre pulito, un ottimo indizio per riconoscere un locale che tiene all’igiene.
Ora aspettiamo altri consigli per rendere più economicamente appetibile la città più cara del mondo.
Tutte le fotografie sono di Stefano Vegliani
Taiwan Pork Chop House
3 Doyers Street, New York, NY
B&B Restaurant Corp
165 W 26th St, New York, NY
Lovely’s Old Fashioned
642 9th Avenue, New York, NY