Ospite indesideratoLa fase zen di Schlein, i pasticci di Conte e il restringimento del campo largo

Il leader grillino ha fatto capire che parteciperà alla manifestazione del Partito democratico del prossimo 11 novembre. Uno modo per rubare la scena alla segretaria dem che al momento non risponde alle sue provocazioni

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Tra le varie cose che si possono dire su Giuseppe Conte è che è molesto. Vuole andare alla manifestazione del Partito democratico con l’ovvio intento di rubare un po’ di scena a Elly Schlein o ancora peggio quello di seminare confusione, e difatti già adesso si è creato un cortocircuito mediatico per cui la manifestazione del Pd dell’11 novembre è diventata la manifestazione di Pd e Movimento 5 stelle (così per esempio Carlo Calenda) solo perché l’avvocato ha detto che ci andrà «se mi invitano». Tra l’altro, l’avvocato è un pasticcione (poveri i suoi clienti) perché stranamente non sarà oggi alla manifestazione della Cgil con la quale si è sempre trovato a suo agio. Evidentemente ha valutato, a ragione, che la sua presenza sarebbe passata piuttosto inosservata. 

Che poi che vuol dire che vuole essere invitato? Il Pd invita tutti e dunque nessuno in particolare. A essere sinceri, la prima a fare confusione fu proprio Schlein quando andò alla manifestazione del M5s contro la precarietà che si tenne il 17 giugno «per un saluto» a quel corteo che si concluse con un comizio putinista di Moni Ovadia. Grandi baci e abbracci tra i due leader a favore di telecamere, all’epoca andava forte il campo largo, ma non fu una pagina memorabile. 

In questa fase invece la leader del Pd appare abbastanza zen di fronte alle sortite spesso provocatorie dell’avvocato, non lo attacca, come pure talvolta viene invitata a fare, né lo corteggia: di campo largo se ne parlerà a suo tempo, se si dovrà parlarne. Sembrerebbe che Schlein abbia capito che la questione vera è rimettere in piedi il suo partito, almeno come premessa per future alleanze a livello nazionale: e primum vivere non è mai apparso un motto sbagliato. Se le cose stanno così bisognerebbe a questo punto ristabilire un minimo di serietà e rimettere a posto le cose. 

Primo: la manifestazione (molto probabilmente a piazza del Popolo a Roma) è del Pd. Punto e basta. Se avesse voluto farla insieme al M5s o ad altri si sarebbe lavorato a una piattaforma comune: cosa che non è. Secondo, non si può impedire a chicchessia di venire a una manifestazione. Terzo, nessuno può pensare di mettere il cappello a una iniziativa altrui. Quarto, sarebbe importante se il Pd scrivesse con precisione i contenuti dell’appuntamento di novembre e non facesse come la Cgil che tiene oggi la sua grande manifestazione a San Giovanni sulla base di una piattaforma abbastanza generica (la difesa della Costituzione, il lavoro) senza per esempio entrare nel merito della posizione cosiddetta per la pace: c’è il sostegno in tutte le sue forme all’Ucraina? Non c’è. Occasione persa. 

C’è da sperare che il Partito democratico non mostri la stessa ambiguità di Maurizio Landini ma a giudicare dalla nettezza evidenziata giovedì in Direzione da Schlein su questo punto il rischio non dovrebbe esserci. Ma allora nel documento per l’11 novembre sarà bene mettere nero su bianco che il Pd conferma l’appoggio anche militare a Kyjiv. Ecco, se ci sarà questo punto, sul quale peraltro tutte le correnti del Pd sono d’accordo, si risolverà automaticamente anche il problema della presenza di Giuseppe Conte che essendo contro l’invio delle armi per coerenza dovrebbe restarsene a casa. 

Sergio Mattarella, come sempre, ieri è stato chiarissimo scendendo in campo contro ogni tentennamento (c’è l’aveva con il governo?): «Se l’Ucraina cadesse, assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri paesi ai confini della Russia. E questo, come avvenne tra il ’38 e il ’39, condurrebbe a un conflitto generale devastante». Ecco, il Pd prenda pari pari questa frase del Capo dello Stato e la metta in calce alla sua piattaforma. Altrimenti vorrà dire che baratta la presenza in piazza dell’avvocato con un vergognoso silenzio sull’Ucraina. Due errori in un colpo solo, un colpo mortale alla sua credibilità.

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