La guerra della Russia contro l’Ucraina ci ha mostrato come qualsiasi dipendenza dell’Europa da regimi autoritari possa costituire una reale minaccia per la salvaguardia dei valori europei. Tuttavia, negli ultimi anni, il Partito Comunista Cinese ha costantemente aumentato la sua influenza sulle aziende europee, sulla politica, sulla società civile e sui media.
Dal 2008, in seguito alla crisi finanziaria globale, la Cina ha acquisito quote in diverse infrastrutture dell’Unione europea: aeroporti, reti di telecomunicazioni, parchi eolici e solari, porti e reti elettriche. Inoltre, la Cina è un fornitore essenziale di materie prime e di terre rare, vitali per il settore della difesa dell’Ue e per le politiche sulla transizione ecologica e digitale. Gli investimenti di Pechino nelle principali infrastrutture degli Stati membri dell’Unione europea rischiano di condurci a un’eccessiva dipendenza dalla Cina causando una minaccia per la sicurezza nazionale ed europea, non di meno per la democrazia globale.
Infatti, l’impatto della crescente influenza della Cina sull’Unione europea non riguarda solo la nostra sicurezza, ma anche i valori democratici e di Stato di diritto che sono alla base della nostra Unione. Non è un caso che Pechino utilizzi il suo peso commerciale per difendere i suoi interessi geopolitici e il suo modus operandi tipico dei regimi autoritari. Chiunque frequenti le organizzazioni internazionali sa bene come il governo cinese tenda a non riconoscere le sue responsabilità in materia di diritti umani, liquidando le denunce sulle sistematiche violazioni dei trattati internazionali come «ingerenze negli affari interni della Repubblica Popolare Cinese».
L’influenza del PCC è particolarmente preoccupante per le sue crescenti campagne di repressione transnazionale e per le operazioni di disinformazione. La persecuzione dei dissidenti e di chiunque non si allinei alle politiche governative di Pechino non avviene solo in Cina, ma anche fuori dai suoi confini e questo avviene spesso inconsapevolmente anche con la nostra complicità. Sono soprattutto le minoranze uigure e tibetane, così come i dissidenti di Hong Kong le vittime principali di questa politica repressiva che mira a soffocare le critiche e sorvegliare chi vive all’estero. Secondo Freedom House, la campagna di repressione transnazionale della Cina è «la più sofisticata, globale e completa al mondo». Il Partito e il governo utilizzano una vasta varietà di metodi, tra cui l’alta tecnologia per sorvegliare e intimidire le vittime all’estero e minacciare le famiglie che vivono ancora in Cina, abuso dei meccanismi di Interpol per ottenere rimpatri, intimidazioni e rapimenti.
L’approccio della Cina nell’espandere le sue strutture autocratiche non si limita solo all’Europa. A Hong Kong, in seguito alle proteste pro-democrazia nel 2019, il PCC ha reso il sistema legale il principale strumento di repressione, mettendo sotto attacco l’indipendenza dei tribunali, il processo legislativo e tutto l’apparato di sicurezza. La Legge sulla Sicurezza Nazionale, promulgata nel 2020, ha minato il sistema giudiziario di Hong Kong, represso la società civile, silenziato ogni opposizione politica e cancellato la libertà dei media e di espressione. Da allora, Pechino ha arrestato numerosi attivisti pro-democrazia, giornalisti e legislatori e di recente ha messo taglie su otto attivisti fuggiti dal Paese. In tale scenario, il ruolo della disinformazione come principale strumento di repressione transnazionale è cruciale.
EU vs Disinfo, progetto del Servizio europeo per l’azione esterna nato all’interno della task force East Stratcom, nella sua analisi sulle campagne di disinformazione cinesi, afferma che la manipolazione delle informazioni e l’ingerenza da parte della Cina comprendono varie tattiche, comprese quelle di natura coercitiva. Queste tattiche includono la diffusione di narrazioni cospirative, lo svolgimento di attività di disinformazione sulle piattaforme social e la soppressione delle voci critiche a livello globale, anche attraverso intimidazioni e molestie. La pandemia e la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, continua EU vs Disinfo, hanno fornito ulteriori prove della manipolazione delle informazioni da parte della Cina, ma anche del suo allineamento con la Russia nell’ambiente dell’informazione: i media cinesi controllati dallo Stato e i canali ufficiali dei social media hanno fornito una piattaforma per i canali russi sanzionati e hanno amplificato le narrazioni di disinformazione pro-Cremlino selezionate.
Pertanto, non è azzardato affermare che la dipendenza degli Stati Membri dalla Cina consente a Xi Jinping di adottare una politica repressiva ancora più aggressiva, non solo verso i dissidenti di Hong Kong, ma anche verso uiguri, tibetani, taiwanesi e altri. Il 9 giugno 2022, il Parlamento europeo ha condannato i crimini contro l’umanità del PCC e il lavoro forzato nello Xinjiang (sponsorizzato dal governo) che ha permesso alla Cina di accaparrarsi la leadership globale nella transizione verde. Inutile dire che a poco sono servite tali condanne e che le violazioni dei diritti umani da parte di Pechino continuano su larga scala, mentre gli investimenti della Cina nell’Unione aumentano.
Per questo le organizzazioni per i diritti umani continuano a chiedere alle istituzioni europee urgenti misure per proteggere quei coraggiosi attivisti che hanno trovato un rifugio nella nostra Europa dai tentativi di intimidazione del regime cinese e al contempo coordinare le proprie azioni per contrastare le campagne di disinformazione che minano la sicurezza globale e la democrazia.
In questo contesto si inserisce la conferenza “China’s Growing Influence in the EU: Implications for EU Policy, National Security, and Human Rights”, ospitata dalla vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, e organizzata dalla FIDU in collaborazione con il World Uyghur Congress. Uno spazio di discussione necessario in cui politici, esperti e testimoni potranno analizzare le azioni da intraprendere per proteggere i valori democratici e la sicurezza nel cuore dell’Europa. L’appuntamento è per giovedì 30 novembre presso il Parlamento europeo a Bruxelles.