Come nella maggior parte dei paesi europei la demografia dell’Ucraina era in condizioni critiche anche prima della guerra, con un tasso di natalità insufficiente a contrastare il calo demografico da invecchiamento, aggravato ulteriormente da una forte emigrazione. L’invasione su vasta scala della Russia l’ha spinta al punto di rottura, e oggi la demografia è la principale minaccia per lo sviluppo economico dell’Ucraina del dopoguerra. In base ai dati di Kyjiv la popolazione ucraina attualmente si attesta intorno ai trentacinque milioni di abitanti, il quindici per cento in meno rispetto ai quarantuno milioni del 2021.
Le Nazioni Unite stimano che durante l’invasione russa sei milioni di ucraini hanno lasciato il paese diventando rifugiati, solo un milione di loro è tornato in patria. Secondo il Centro di ricerca congiunto dell’Unione europea (Jrc), nei prossimi trent’anni la popolazione dell’Ucraina potrebbe continuare a diminuire fino a scendere sotto i trenta milioni di abitanti.
Kyjiv e i suoi alleati devono garantire che, non appena sarà finita la guerra, il paese avrà accesso alle condizioni migliori per offrire opportunità agli ucraini all’estero, altrimenti la possibilità di ricostruire l’economia del paese e avviarla su un solido percorso di sviluppo saranno drasticamente ridotte. «Non siamo pronti a perdere (per sempre) sei milioni di rifugiati», ha detto la ministra dell’Economia Yulia Svyrydenko in un intervento al Forum economico internazionale di Kyjiv del 12 ottobre. Il ministero stima che per rilanciare l’economia il paese avrà bisogno di circa quattro milioni e mezzo di lavoratori nei prossimi dieci anni.
Gli esperti consultati dal Kyiv Independent ritengono che convincere i rifugiati più qualificati a tornare in patria è un’impresa titanica. Molti di loro in questo anno e mezzo hanno raggiunto un buon tenore di vita nell’Unione europea, in particolare in Germania, Polonia, Cechia e Regno Unito.
Tutti paesi che a loro volta hanno problemi demografici, e hanno trovato nei rifugiati ucraini una risorsa significativa per colmare le proprie carenze di forza lavoro. Ciò è molto visibile in Polonia, che ospita oltre un milione di rifugiati ucraini è intende farli restare, poiché ha bisogno di una manodopera più facile da integrare rispetto agli immigrati dell’Africa e del Medio Oriente.
Anche in Germania gli ucraini, circa un milione, sono apprezzati. Il ministro del Lavoro tedesco Hubertus Heil ha annunciato un’iniziativa per colmare la carenza di manodopera delle imprese tedesche con i rifugiati ucraini che hanno completato i corsi di integrazione, insieme ai rifugiati degli altri paesi.
Il vantaggio dei paesi che inseriscono in maniera permanente i rifugiati ucraini nella propria forza lavoro però rappresenta una perdita per l’economia ucraina, che in questo modo rischia di essere risucchiata in un circolo vizioso demografico senza via d’uscita. Più a lungo dura la guerra, più diventa difficile convincere le persone a lasciare la vita che si sono costruiti per tornare a vivere stabilmente nel proprio paese.
Tuttavia, a fare la differenza è ancora la questione della sicurezza, la preoccupazione principale per rifugiati che, in gran parte, sono anche genitori: la maggioranza degli ucraini che sono fuggiti infatti ha dei bambini, e per tornare devono esser sicure che i loro figli non saranno in pericolo.
«Oltre la metà dei bambini ucraini sotto i dieci anni adesso vive all’estero», ha detto al Kyiv Independent la ricercatrice del Centro ucraino per la strategia economica Dariia Mykhailyshyna, e più crescono all’estero, più diminuisce la possibilità che tornino in patria. Prima dell’invasione russa in Ucraina nascevano fino a ventitremila bambini al mese, ora quella cifra è scesa a circa sedicimila. L’ultima volta che in Ucraina si era verificato un calo simile della natalità è stato quando la Russia ha invaso e annesso la Crimea nel 2014, un evento che nel 2015 fece registrare un calo delle nascite del dodici per cento.
In definitiva, Kyjiv dovrà dimostrare ai suoi cittadini rifugiati all’estero che il paese è diventato sicuro e che c’è la possibilità di intraprendere un percorso postbellico positivo, per loro e per i propri figli. Un’impresa non da poco.
L’Ucraina ha bisogno del massimo supporto della comunità internazionale, a partire dalle garanzie sul percorso di adesione all’Ue e la possibilità di entrare a far parte della Nato, le istituzioni che rappresentano un orizzonte di speranza per il quale gli ucraini stanno combattendo e resistendo da oltre dieci anni. Il popolo ucraino ha bisogno di sapere che per il loro paese esiste un futuro luminoso come membro a pieno titolo dell’Occidente, altrimenti, saranno costretti a restare o raggiungere un paese dell’Occidente.