Oltre ai sali, le acque contengono anche numerosi gas disciolti, gli stessi che formano l’atmosfera: tra essi c’è l’ossigeno, la cui concentrazione varia con la profondità e con la temperatura. La quantità di ossigeno disciolto nelle acque aumenta al diminuire della temperatura e diminuisce con la profondità, raggiungendo un minimo a circa mille metri; nelle acque profonde l’ossigeno tende nuovamente ad aumentare a causa delle basse temperature e per la scarsità di organismi consumatori di ossigeno. Insomma: non è così semplice decidere il posto migliore dove far riposare le nostre bottiglie.
Un altro fattore da tenere in considerazione è la temperatura: a quelle profondità, i termoclini sono tendenzialmente freddi e ideali per la conservazione. Ma attenzione, perché la zona di transizione tra lo strato superficiale e quello profondo muta durante il corso dell’anno e soprattutto d’inverno il termoclino è talmente brusco e sottile da essere visibile ai subacquei a occhio nudo. La differenza di temperatura tra il lato caldo e quello freddo può essere anche di una decina di gradi ed è nettamente avvertibile anche attraverso una muta durante un’immersione. Se questo aspetto viene controllato, e se la zona scelta per le bottiglie è idonea, la temperatura tenderà ad essere stabile durante tutto l’anno.
Altri vantaggi sono indubbiamente il buio e l’assenza di vibrazioni: ma c’è la corrente, per cui si deve valutare con cognizione di causa quanto questa possa spostare e influenzare le bottiglie, infatti ogni movimento della bottiglia equivarrà a un piccolo battonage, mettendo in sospensione gli lieviti. Ma i vantaggi vanno anche oltre: l’assenza di correnti elettromagnetiche o disturbi di qualsiasi genere sono assicurati, perché ovviamente a quella profondità cellulari “che prendono” non ce n’è, e tantomeno sono presenti onde radio. Certo, le bottiglie si sporcano, ma questo forse aiuta lo storytelling. Infine sui tappi ci deve essere la sicurezza assoluta: devono essere a prova d’acqua ma anche a prova di sale, perché soprattutto l’acqua del mare rischia di danneggiarli irreparabilmente. E non vogliamo dare salinità al vino allungandolo con l’acqua di mare, n’est pas?
Dal 2008 – data del primo incantinamento subacqueo di Albana e Sangiovese – a oggi, i numeri sono decisamente aumentati: quattrocentomila bottiglie sono state affinate sott’acqua nel mondo, di cui centocinquantamila in Italia, molte in Spagna, nei Paesi Baschi e tante nell’areale del nord in Francia, dove Veuve Clicquot sta facendo molti esperimenti in merito. Nel 2023 si potrebbe arrivare a un milione di bottiglie che riposano sotto le acque.
E oggi che questo sistema sta diventando sempre più interessante una società di ingegneria subacquea, la prima al mondo che non è una cantina, sta studiando il processo e lo sta rendendo sempre più funzionale, facendo sperimentazione sugli affinamenti anche grazie alla professionalità di Antonello Maietta, amministratore delegato e responsabile dipartimento sensoriale dopo una vita a rappresentare l’Associazione Italiana Sommelier.