Siete mai stati in un pastificio? Forse no. O forse sì. Ma come si fa la pasta l’avrete di certo visto almeno una volta nella vita. Fare la pasta è l’atto d’amore del nostro essere italiani. Rappresenta una sorta di grammatica universale che cancella dialetti e confini regionali, fonde le diverse tradizioni attraverso gesti semplici che si ripetono identici, ma diversi nei dettagli, e unisce anime e bocche in quello che per noi è la bellezza della semplicità.
Eppure, in tutta questa omogeneità di intenti e ispirazioni, fare la pasta è un gesto che trova milioni di declinazioni diverse. Lo è quando questo avviene nell’intimità di casa e lo è anche quando parliamo di realtà strutturate ed economiche, quali possono essere i pastifici.
Questo perché ogni entità produttiva ha una sua singolare sfaccettatura di pensiero e metodologie, che cambia in riferimento a tecniche di realizzazione e filosofie produttive. Non staremo qui a raccontarvi come funzionano gli oltre centoventi pastifici industriali presenti nel territorio italiano: sarebbe alquanto complicato anche solo mettere insieme i pezzi.
Il nostro viaggio lo abbiamo cominciato ormai mesi fa all’interno di Mancini Pastificio Agricolo nelle colline morbide intorno a Fermo. E da lì lo vogliamo riprendere, dopo un’estate lunga come non mai e le macchine trebbiatrici messe a riposo stagionale.
Vi abbiamo voluto accompagnare attraverso tutti i processi delle Buona Pratica Agricola, a partire dalle semenze e vi abbiamo lasciato con i campi di grano e le spighe raccolte e pronte per essere stoccate. La parte più profumata arriva proprio ora, in questo periodo dell’anno, quando il grano che è stato pulito e stoccato con la tecnica del freddo (temperatura tenuta costantemente a 18°C per preservarne le caratteristiche e inibire l’azione di muffe e insetti) è pronto per la prima lavorazione del blend annuale: le tre diverse tipologie di grano coltivate sono state miscelate per dar vita a un prodotto unico e mai identico a sé stesso, interpretazione dell’annata agraria appena conclusa. La pasta come il vino, in un parallelismo che trae forza e significato dall’unica vera madre di tutti i frutti: la terra.
Abbiamo parlato di una fase profumata, perché è questo che salta subito all’occhio (in questo caso, potremmo dire, alla narice): il profumo del grano. Il Pastificio Mancini, infatti, prevede che la molitura dei chicchi venga fatta di volta in volta, al bisogno, per ottenere una pasta dalla semola sempre fresca e con un forte aroma olfattivo di grano.
È questo quel che colpisce di più varcando la soglia di un pastificio agricolo: quel profumo intenso e permeante, che ti porta in una dimensione di libertà campestre. Lo stesso profumo che poi si ritrova anche addentando la pasta. Non una pasta anonima, ma una pasta che sa di grano e che diventa ingrediente fondamentale del piatto, al pari di sughi, ragù e condimenti.
Ottobre è il mese in cui il nuovo blend di grani raccolti lo scorso luglio fa il suo ingresso nel pastificio. È quasi una sorpresa. O, per meglio dire, una scommessa fatta sulla terra e sul suo prodotto. I grani sono vivi, figli delle annate agrarie, quindi mai del tutto uguali a sé stessi nel tempo, come lo stesso si può dire valga per la loro resa. E questo influisce sul prodotto finale, sul suo gusto, sulla sua capacità di comportarsi anche a tavola.
Questo, al Pastificio Mancini, si percepisce anche solo sbirciando la sua struttura da fuori, un edificio che si fonde con la terra circostante, quasi voglia in qualche modo catturarne la forza e la sostanza. Qui la pasta viene trafilata al bronzo, per dare porosità e rugosità. E anche solo a guardarlo, l’ufficio degli attrezzi sembra essere una fucina di perfezione, con tante trafile realizzate a mano per ogni specifico formato di pasta: e il meccanismo sembra quello affascinante e minuscolo degli orologi di precisione.
Sono tanti i passaggi che la pasta compie per arrivare alle nostre tavole. E, ovviamente, uno dei più importanti è quello dell’essiccazione, che in questo caso è una combinazione di umidità, temperatura, ventilazione e riposo, studiate ad hoc per permettere alla pasta di mantenere le sue caratteristiche nutrizionali. Il tempo, come sempre, è l’elemento fondamentale: dalle ventiquattro alle quarantaquattro ore, con temperature sempre al di sotto di 55°C.
Ritorna il concetto di attesa e pazienza, che è tipico dell’agricoltura e, in questo caso, anche della pasta. Per questo Mancini ha scelto di portare il consumatore a un grado di consapevolezza superiore e di condurlo in un viaggio virtuale attraverso ogni passaggio. In tutte le confezioni di pasta Mancini, infatti, è presente un QR Code che racconta tutto il percorso fatto da ogni specifico pacco di pasta: grazie alla tecnologia blockchain, si possono conoscere i dati quantitativi e temporali delle principali quattro fasi di produzione e in tutti i pacchi viene riportata l’annata agricola del raccolto.
E, a questo punto, la domanda arriva spontanea: la prossima volta che cucineremo un piatto di spaghetti penseremo al vino da abbinare o aperta una bottiglia di vino cercheremo di capire quale spaghetto abbinarci? In fondo, è tutta una questione di annate.