Campi di grano Centoventi secondi per una pasta agricola al dente

Quando parliamo di cottura, non possiamo limitarci a regole fisse, che uniformano e appiattiscono, ma dovremmo essere in grado di conoscere ciò che abbiamo tra le mani e da dove deriva. Un po’ come facciamo per il vino

Foto di Sergio Camalich su Unsplash

Quanto tempo ci vuole per cuocere la pasta? Dipende, sarebbe la risposta giusta. Sei, otto, nove minuti. A volte anche due. Dipende. Eppure noi italiani siamo un popolo di assolutismi e di risposte cercate in etichette. Su, ammettiamolo: quante volte ci siamo lamentati, in modo ironico e non, per le confezioni di pasta che non riportano, a caratteri cubitali e immediatamente individuabili, la durata di cottura degli spaghetti o delle penne? Noi la vogliamo subito, quella risposta. Un po’ per fretta, un po’ per praticità, un po’ perché in realtà non sappiamo cucinare, un po’ perché siamo polemici. E un po’ perché non la conosciamo davvero bene, la pasta, nonostante sia una spilletta patriottica che ci appuntiamo sulla giacca nella nostra guerra di supremazia gastronomica contro il resto del mondo. Qualcuno una volta mi disse: «Ascolta il rumore dell’acqua, la pasta parla. E c’è un momento in cui ti dice chiaramente che va levata dall’acqua». Una versione romantica degli spaghetti al dente, insomma.

In realtà, il discorso è proprio questo e il dipende è davvero la risposta giusta. Se andiamo infatti a prendere in considerazione quella che può essere la gran parte di paste che troviamo nel mercato, quelle industriali per fare un esempio poco esaustivo, ma comprensibile all’istante, sappiamo che la durata di cottura è più o meno uniforme e sempre la stessa. Cento grammi di fusilli di una determinata marca cuoceranno sempre in undici minuti. A prescindere dall’anno in cui compriamo quel pacco di pasta. E, invece, non dovrebbe essere così. O meglio, la faccenda dovrebbe essere un pelino più complessa. È infatti di centoventi secondi il range di tempo per una pasta agricola al dente.

Pasta agricola? Che significa? È presto detto: se pensiamo ai pastifici classici, pensiamo ad una filiera a volte molto lunga. Un campo di grano, un mulino, aziende, reti commerciali, e poi, lui, il pastificio. Chilometri e chilometri per il viaggio che un chicco di grano fa per essere finalmente trasformato in pasta. La pasta agricola annulla le distanze. «Esiste un’azienda agricola che produce pasta in mezzo a un campo di grano»: questo ad esempio è il mantra del Pastificio Agricolo Mancini, un’azienda incastonata a Monte San Pietrangeli, nell’entroterra marchigiano, territorio che al grano e alla pasta ha sempre dato del tu.

«Produciamo pasta solo con il grano che coltiviamo direttamente nei campi, ottenendo ogni anno un prodotto vivo, figlio dell’annata agraria. Siamo nati come azienda agricola nel 1938 specializzati sul grano duro, il pastificio è nato nel 2010 con un approccio molto simile a quello di un produttore di vino: trasformare solo la materia prima coltivata direttamente e con le migliori competenze possibili» ci spiegano quelli di Mancini. Produzione e campi, anno agrario e Buona Pratica Agricola (l’insieme di regole codificate per una gestione ecocompatibile delle attività agricole): eccoli, messi in fila, l’uno dietro l’altro, gli ingredienti indispensabili per una buona pasta, oltre, ovviamente, alle competenze alte del pastaio. E anche per la sua cottura al dente, visto che siamo partiti da lì.

Centoventi secondi per una pasta agricola. Se mettiamo insieme tutti gli elementi, ci è più facile capirne il significato. No, non vogliamo dire che una pasta agricola cuoce in centoventi secondi, ma che quei centoventi secondi rappresentano la variabile entro la quale lo spaghetto, il pacchero o la penna saranno cotti alla perfezione e pronti per accogliere ognuno il suo condimento.

Ecco perché in questo caso, non troverete il tempo di cottura in confezione come fosse una regola ferrea da seguire, ma un’indicazione con quei centoventi secondi da decifrare e assecondare. Troppo complicato? No, se per una volta proviamo a pensare al grano e alla sua annata, come faremmo ad esempio per un vino. In quel caso siamo abituati: un Cabernet del 2012, un Morellino del 2020. Quando si tratta di un bicchiere, capiamo immediatamente l’importanza dell’annata. Perché il vino è un prodotto dell’agricoltura e l’agricoltura è connessa alla natura, ai suoi tempi e alla sua variabilità.

La stessa cosa dovrebbe poter avvenire per il grano e la pasta. O meglio, questo ovviamente avviene già. Nei campi, però, non nella mente del consumatore. E invece dovrebbe essere il punto di partenza imprescindibile quando si tratta di un prodotto così fortemente legato alla terra. Il Pastificio Mancini ci insegna proprio questo: che il grano non è tutto uguale, che la terra non accoglie i semi tutti allo stesso modo, che il clima muta, giorno dopo giorno, anno dopo anno e che il prodotto finale è condizionato da tutti questi dettagli. La mano dell’uomo arriva a creare una buona pasta solo dalla conoscenza e dal rispetto della terra e dei suoi cicli naturali. Ed è da questo che nasce la qualità.

La pasta agricola è proprio questo: una connessione continua con la terra e con l’annata agricola. Il grano, è importante ribadirlo, non è mai identico a sé stesso. Cambia, in base all’anno in cui è seminato. Perché diverse sono le condizioni climatiche della terra che lo contiene, diversa l’umidità, diversi i nutrimenti che riceve. E tutti questi cambiamenti si riverberano necessariamente nel suo chicco e nella semola che si ricava da quel chicco. Ecco che i centoventi secondi diventano la chiave di lettura per capire quanto in realtà la pasta agricola sia un prodotto vivo, che si modifica, annata dopo annata, che uno standard “assoluto” di tempo di cottura non può esserci, ma coesiste una variabilità che oscilla in un ambito temporale. In quei centoventi secondi.

Ora, diteci: la prossima volta che preparerete un piatto di maccheroni alla carbonara, ci farete caso? La sentirete la vitalità della pasta? Quell’acqua che con il suo ribollire ci starà lanciando dei messaggi? Ecco, pensateci.

Questo articolo fa parte del dossier su “Il valore del tempo”, il tema del Festival di Gastronomika 2023 che si terrà a Milano dal 21 al 22 Maggio.
Per informazioni puoi leggere qui.

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