Il parallelismo è del ministro greco Kyriakos Mitsotakis, discretamente seccato dalla decisione dell’omologo britannico Rishi Sunak di annullare l’incontro voluto per dirimere la lunga disputa su fregi del Partenone conservati a Londra. Si tratta di figure in marmo realizzate dallo scultore Fidia che decoravano il tempio da 2.500 anni. Previsto per oggi sul Tamigi, il faccia a faccia è saltato solo poche ore prima, ha detto il capo della delegazione greca, mentre lo staff di Sunak non ha commentato.
A Mitsotakis è stato offerto un colloquio alternativo con il vice di Sunak, Oliver Dowden ma il capo del governo greco l’ha presa male e ha rifiutato, dichiarando di sentirsi «profondamente deluso».
Tra le ipotesi che spiegherebbero la decisione, ci sono le esternazioni di Mitsotakis durante un’intervista realizzata qualche ora fa con Laura Kuenssberg della BBC: «avere alcuni pezzi di Partenone a Londra e il resto ad Atene è come tagliare a metà la Gioconda», ha dichiarato il capo dell’esecutivo ellenico. Indignato, Mitsotakis ha poi commentato che «Chi ha argomentazioni in cui crede non rifiuta il dialogo. Avevo previsto di avviare una discussione con Sunak su questo tema, ma anche su tante altre importanti sfide globali come il conflitto in Israele e in Ucraina, la crisi climatica e migratoria». Avrebbero insomma dovuto essere quarantacinque minuti intensi, un lunch di lavoro, ma secondo fonti vicine al governo inglese anche Sunak sarebbe irritato: «L’incontro è saltato perché la posizione inglese è da sempre che i marmi di Elgin fanno parte della collezione permanente del British Museum e devono rimanere qui. Per noi conservatori non è negoziabile».
Da più parti quella che può apparire come una piccola schermaglia diplomatica non sarebbe da sottovalutare per i risvolti politici. Sostengono infatti i conservatori che l’incontro amichevole e dai toni possibilisti tra Mitsotakis e il laburista sir Keir Starmer, avvenuto in questi giorni, sia stata una scelta sconsiderata. L’idea per i laburisti, sarebbe infatti di non opporsi a un eventuale accordo di prestito tra il British Museum e Atene, iniziativa che non richiederebbe alcun permesso da parte del governo.
Ma l’Esecutivo si fa scudo con il British Museum Act del 1963 che vieta lo spostamento degli oggetti esposti nel noto museo: «Starmer ignora il contributo che generazioni di contribuenti britannici hanno dato per mantenere i fregi al sicuro e mostrarli al mondo», ha fatto sapere un portavoce del partito al governo.
La contesa è stata bollata dai media inglesi come «una bizzarra pièce teatrale a tema culturale». Una guerra che ha per oggetto l’arte e che però apre a un tema piuttosto sentito. Ovvero, l’opportunità che i musei di tutto il mondo debbano restituire ai loro paesi di origine i pezzi frutto di razzie attraverso i secoli.