Disgelo piccolo piccoloJoe Biden e Xi Jinping si sono solo promessi che continueranno a parlarsi

L’incontro tra il presidente americano e quello cinese ha portato scarsi progressi sulle questioni che hanno spinto gli Stati Uniti e la Cina sull’orlo del conflitto. Su Taiwan non sono cambiate le posizioni. Restano tesi i rapporti economici. I due hanno deciso di ristabilire le comunicazioni militari e quelle dirette

(Doug Mills/The New York Times via AP, Pool)

«Abbiamo fatti alcuni importanti progressi, i colloqui sono stati molto costruttivi e produttivi». Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha sintetizzato così in conferenza stampa le quattro ore di faccia a faccia con l‘omologo cinese Xi Jinping nella scenografica tenuta Filoli alle porte di San Francisco. È il primo vertice dopo un anno in cui le relazioni tra i due Paesi erano scivolate al punto più basso, e la prima visita di Xi negli Stati Uniti dal 2017.

L’obiettivo era avviare il disgelo tra i due Paesi per «capirsi reciprocamente in modo chiaro e fare in modo che la competizione non sfoci in conflitto», ha spiegato Biden dopo la stretta di mano. Oltre che per «superare le differenze» in un mondo «abbastanza grande per la convivenza e per il successo di Cina e Stati Uniti», che «non possono voltarsi le spalle», tanto meno sullo sfondo di un’economia globale «in ripresa ma con uno slancio lento, appesantita dal protezionismo».  Xi Jinping ha detto di credere in un «futuro promettente» delle relazioni Stati Uniti-Cina.

La Cina ha accettato di ristabilire le comunicazioni militari con gli Stati Uniti: «Torniamo a comunicazioni dirette, aperte e chiare», ha detto Biden. La Cina aveva interrotto le comunicazioni militari con gli Stati Uniti nell’agosto del 2022, dopo che l’allora speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi aveva visitato Taiwan. Da quel momento la Cina aveva smesso di informare gli Stati Uniti riguardo a eventuali esercitazioni, manovre o spostamenti delle sue forze armate, e gli Stati Uniti avevano fatto lo stesso.

Biden ha detto che, oltre a quelle militari, riprenderanno anche le comunicazioni dirette tra i due presidenti e tra esponenti di alto livello dei rispettivi governi: «Abbiamo deciso che ognuno di noi può prendere il telefono e chiamare in modo diretto», ha detto Biden.

I due presidenti hanno discusso anche del problema del narcotraffico: Xi Jinping ha detto che la Cina ridurrà l’esportazione verso gli Stati Uniti di sostanze usate per la produzione di fentanyl, l’oppiode sintetico che da anni negli Stati Uniti crea enormi problemi di salute pubblica. Entrambi i leader hanno detto di voler affrontare il tema del riscaldamento globale aumentando la produzione di energia rinnovabile.

Ma se il dialogo è ripreso, restano diversi nodi e tensioni sulle questioni centrali: da Taiwan ai rapporti economici, minati per la Cina dalle sanzioni e dalle limitazioni Usa all’export hi-tech.

Su Taiwan, le posizioni non si sono spostate di un millimetro: la Cina rivendica l’isola come propria, mentre gli Stati Uniti la considerano un Paese indipendente. Biden ha ribadito che la questione deve essere risolta in modo pacifico, ma che gli Stati Uniti continueranno a fornire armi a Taiwan come elemento di deterrenza contro un possibile intervento armato da parte della Cina per annettere l’isola.

Biden ha detto di aver ribadito la politica americana che riconosce una sola Cina ma di aver messo in chiaro con Xi che gli Usa si aspettano che la Cina non interferisca nelle elezioni di Taiwan, sottolineando l’importanza della pace e della stabilità nello stretto dell’isola. Ma il leader di Pechino, secondo il ministero degli esteri cinese, ha ammonito che gli Stati Uniti dovrebbero «intraprendere azioni concrete per onorare il proprio impegno a non sostenere l’indipendenza di Taiwan, smettere di armarla e sostenere la riunificazione pacifica della Cina», un obiettivo da lui definito «inarrestabile».

Altro punto dolente sollevato da Xi sono le azioni americane «in materia di controllo delle esportazioni, di verifica degli investimenti e le sanzioni unilaterali che danneggiano gravemente gli interessi legittimi della Cina». La richiesta è che siano rimosse «in modo da fornire un ambiente equo, giusto e non discriminatorio per le imprese cinesi». Ma anche Biden ha lamentato la mancanza di parità di condizioni nella competizione economica, avvisando che il trattamento della proprietà intellettuale scoraggia gli investimenti.

Alla fine, comunque, Biden si è detto soddisfatto dell’incontro e dei risultati raggiunti. «Gli Stati Uniti e la Cina hanno un rapporto competitivo», ha detto ai giornalisti. «È mia responsabilità cercare di renderlo razionale e gestibile, in modo da evitare conflitti». Ma al termine della conferenza stampa una giornalista gli ha chiesto se, dopo l’incontro, definirebbe ancora Xi Jinping come un «dittatore», termine che Biden aveva usato lo scorso giugno e che non era piaciuto molto al governo cinese. Anche ora, però, Biden ha risposto sostanzialmente di sì: «Lo è. È un dittatore nel senso che è un uomo che guida un paese comunista, con un sistema di governo completamente diverso dal nostro».

 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter