Il governo israeliano ha già ricevuto l’elenco del sesto gruppo di ostaggi che dovrebbe essere liberato oggi da Hamas. Ieri intanto Hamas ha liberato 12 ostaggi e Israele ha rilasciato 30 detenuti palestinesi, nel quinto giorno di cessate il fuoco: si tratta di dieci cittadini israeliani e due thailandesi già rientrati in Israele. Secondo gli accordi iniziali, la tregua dovrebbe terminare questa sera dopo l’ultimo scambio, ma i mediatori puntano a estendere il cessate il fuoco. Israele ha già fatto sapere di non essere disposto ad andare oltre domenica prossima.
«Continuare sulla strada del terrore, della violenza, degli omicidi e della guerra significa dare ad Hamas ciò che cerca. Non possiamo farlo», ha scritto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden su X. L’obiettivo di Biden è trasformare la pausa militare in corso a Gaza per la liberazione degli ostaggi non solo in una tregua più lunga, ma nell’occasione per negoziare un accordo finalizzato a ricostruire la stabilità nell’intera regione. Il Wall Street Journal conferma che i negoziatori premono per un cessate il fuoco di lungo termine.
Un piano ambizioso, che darebbe a Biden anche l’opportunità di recuperare i consensi a rischio in vista delle elezioni del 2024. Come scrive il New York Times, Biden deve fare anche i conti con le divisioni per la sua solidarietà a Israele non solo fuori ma anche all’interno del suo staff alla Casa Bianca.
Il fulcro della trattativa è incentrato sulla missione di del direttore della Cia William Burns, tornato ieri in Qatar per vedere il collega del Mossad David Barnea, e le autorità locali che mediano con Hamas. Burns, oltre a essere il direttore della Cia, è anche un diplomatico di lungo corso che tra i vari incarichi è stato ambasciatore in Giordania. E nella regione arriverà poi anche il segretario di Stato Antony Blinken.
La posizione ufficiale del premier Netanyahu è che conclusa questa fase la guerra riprenderà con forza, per sconfiggere Hamas anche nel Sud di Gaza. Gli americani lo avrebbero avvertito che, qualora lo facesse, dovrà condurre operazioni chirurgiche contro la leadership del gruppo terroristico, perché bombardamenti come quelli avvenuti al Nord non sono accettabili nella zona ora più popolata della Striscia.
Al momento, secondo i dati del governo israeliano, a Gaza ci sono ancora 173 ostaggi, di cui 128 uomini, 45 donne e sei bambini. L’obiettivo è aumentare gli scambi, estendendoli anche agli uomini e ai soldati, in cambio della prosecuzione della tregua. Ciò però richiederebbe che lo Stato ebraico accetti uno scambio superiore a tre prigionieri palestinesi liberati per ogni ostaggio rilasciato, e Hamas accetti di lasciar andare anche i soldati.
Anche l’alto rappresentante per la Politica estera Ue, Josep Borrell, ha detto che Hamas non può tornare a governare Gaza. L’ipotesi sarebbe di dare all’Autorità Palestinese il governo di Gaza e costruire la soluzione dei due Stati. Se Stati Uniti e Ue presentassero una soluzione congiunta in questo senso a Netanyahu, rifiutarla sarebbe difficile.
I sauditi, come racconta Repubblica, hanno discusso la possibilità di riportare al potere l’ex premier palestinese Salam Fayyad, mentre un’altra opzione sarebbe restituire il controllo di Gaza a Mohammed Dahlan, cacciato dalla Striscia da Hamas nel 2007 ma vicino a Marwan Barghouti, considerato ancora la speranza di Fatah. I leader militari di Hamas, tipo Yahya Sinwar e Mohammed Dief, non avrebbero alcun ruolo, eliminati o costretti all’esilio; ma quelli politici, ossia Khaled Meshal e Ismail Haniyeh, in qualche forma parteciperebbero al governo, a condizione di accettare l’esistenza di Israele. I sauditi in prospettiva incasserebbero la normalizzazione con Israele e il quasi completo isolamento dell’Iran.