«È squisito, veramente straordinario! E mi dica: che dadi usa?». Anno 1956, Maria Callas, dopo la prima della “Norma” di Bellini al Metropolitan di New York è ospite di Marlene Dietrich, insieme ad altre celebrità. La diva, stella splendente nel firmamento di Hollywood, le fa preparare un brodo ristretto di carne. Si dice preoccupata per la sua salute dopo averla sentita cantare, così aveva tenuto sul fuoco per ore cinque chili di carne di manzo, secondo una sua ricetta segreta che comprendeva forse anche un goccio di Cognac, per ricavare un brodo ristrettissimo da offrire all’ospite. Il commento della cantante è passato alla storia, non si sa se sinceramente stupita o in qualche modo ironica.
Il rapporto di Maria Callas con la cucina è sicuramente complesso. La cosa più importante da dire, in occasione dei cento anni di Maria Anna Cecilia Sofia Kalogeroulos, è che Maria amava condividere il cibo con chi amava. E che sicuramente era una buona forchetta, ma che fin da giovanissima ha avuto un modo tutt’altro che lineare di accostarsi al mondo del cibo.
Da ragazza era bulimica, anche per sedare i dèmoni di un rapporto conflittuale e intriso di estrema sofferenza con la madre Evangelia. Abituata a imbottirsi di ogni leccornia, dolci soprattutto, soprattutto greci, era grassa e si sentiva «un brutto anatroccolo, goffo e sgraziato» come raccontava lei stessa. Pesava oltre cento chili per un metro e 73 di altezza, ma fra il 1952 e il 1954, come annota lei stessa su un calendario di scena, perde 36 chili.
Nel 1957 arriva a sfiorare addirittura i 54 chili. Le voci si erano inseguite per spiegare questo incredibile cambiamento, i maligni avevano addirittura messo in giro la diceria che per dimagrire la Callas avesse ingoiato una tenia, un verme solitario, secondo una presunta moda dei tempi. Voce che peraltro la stessa Callas aveva sempre smentito energicamente, spiegando come tutto fosse merito di un regime alimentare rigidissimo, con una dieta basata su carne e verdura, unita a molto movimento. Ma l’amore per il buon cibo non era venuto a mancare.
Nei suoi anni veronesi, dopo il matrimonio con Giovanni Battista Meneghini, la Callas aveva assunto l’accento di Verona e trascorreva parecchio del proprio tempo libero a cucinare tutti i manicaretti locali: amava preparare il bollito con la pearà, il risotto con il tastasal, la pastissada de caval, e le cronache dell’epoca raccontano che fosse invece la cognata a preparare per lei il baccalà con la polenta.
Si dice anche che la Divina amasse in particolar modo la salsa peverada, e che raccogliesse ricette da tutto il mondo, che ritagliava e custodiva ordinatamente nelle cartellette. Tra le sue passioni trovavano ampio spazio anche le bistecche da 800 grammi, che il marito le portava dalla Toscana, la carne di vitello in tartare e i tagliolini gratinati al prosciutto, che si racconta preparasse anche per l’amica Grace Kelly.
Di certo, frequentando assiduamente il jet set una volta raggiunta la fama, veniva a contatto anche con i cuochi più à la page, come Cipriani all’Harry’s Bar di Venezia o Mario Zorzetto, cuoco del Christina, la nave del suo grande e sfortunato amore Aristoteles Onassis. Forniva indicazioni precisissime al suo cuoco personale e nei ristoranti esclusivi di Parigi da lei più frequentati, come Maxim, le avevano addirittura dedicato una ricetta con il suo piatto preferito: “La selle d’agneau à la Callas”. Una sella di agnello ripiena di tartufi.
Per quanto riguarda le bevande, poi, pare che la cantante fosse solita, prima delle sue esibizioni, bere un bicchiere di Fernet-Branca con alcune foglie di menta. Puro piacere o gesto scaramantico d’artista, ma anche aiuto concreto per la gola: il mix, infatti, dato dal connubio dell’amaro con il tocco rinfrescante dell’erba aromatica le era d’aiuto per preparare la potente voce prima di andare in scena. La leggenda vuole che da questo suo piccolo “rito” sia nato il Brancamenta. Evitava il più possibile di bere vino, e solo saltuariamente si concedeva una coppa di champagne, che riteneva facesse ingrassare meno. E anche in questo si mostra il conflitto tra l’apprezzare i piaceri del palato e il sacrificarli in nome della linea.