Nella nostra iconografia classica il Natale è bianco, maglioni di lana, serate di fronte al camino. C’è però chi il Natale lo festeggia in modo diametralmente opposto, al caldo e sotto il sole. In Sudamerica in questo periodo dell’anno è estate e in Perù il Natale si celebra così: con le maniche corte e rigorosamente in famiglia. E, ovviamente, davanti a una tavola imbandita dei tanti prodotti, che in questi anni hanno reso il Perù la nazione più interessanti da un punto di vista gastronomico.
Ormai è un dato di fatto: i peruviani hanno raggiunto la vetta del mondo, quando si tratta di ristoranti e di cucina. Successo dovuto senza dubbio sia alle infinite risorse alimentari presenti nel Paese, sia alle numerose culture, che negli anni si sono intrecciate con quella autoctona e che hanno portato a una fusione millenaria di tradizioni diverse. Quattromila varietà di parlate, 35 tipi di mais, 650 varietà di frutti e oltre 40 superfood: una dispensa naturale che agevola la creatività e in qualche modo la spinge a ricercare il massimo dalle tecniche e dall’esperienza. Ed ecco dunque che il Perù conquista la classica dei 50 migliori ristoranti al mondo e diventa la miglior destinazione culinaria del Sud America ai World Travel Awards 2023.
Vero è però che a Natale i ristoranti sono chiusi. «Il Natale si festeggia in famiglia, rigorosamente. E anche i miei ragazzi hanno bisogno di stare con le loro. Cosa mangiamo? Sicuramente il maialino al forno e poi tante, tante patate di ogni tipo. Si celebra con una bella cena il 24 e poi il giorno dopo mettiamo a tavola tutti gli avanzi, creando nuovi piatti». A parlare è Jaime Pesaque, chef del Mayta di Lima, al trentaduesimo posto nella World’s 50 Best Restaurants, ed ex patron di Pacifico, il primo ristorante peruviano di alta cucina a Milano.
Dal maialino ai prodotti della terra
E il maialino arrosto, il lechón al horno, sembra essere il re delle feste natalizie in Perù. Una preparazione lenta, che agevola le chiacchiere in famiglia, lente e leggere: la carne va fatta macerare per un paio d’ore all’interno di una miscela di pepe, sale, aglio, cumino e chicha de jora, una bevanda fermentata a base di mais maltato. Carne che, prima di essere cotta in forno con brodo e cipolle, viene esaltata da una miscela di paste al peperoncino. Molto diverso dal maialino arrosto che conosciamo qui in Italia. E probabilmente in antichità veniva cotto sotto terra: questa procedura infatti è stata creata dagli spagnoli, che poi l’hanno esportata nel nuovo continente e anche in Sardegna.
Al maialino si accompagna bene il pure di patate dolci, purè de camot, uno dei piatti principe di questo territorio, che appunto vanta nel suo carnet una infinità di tuberi di ogni tipo. È un purè ricco, preparato con zucchero, cannella, noce moscata, succo d’arancia, e che ben si presta ad essere servito anche con il tacchino, altra portata che non manca nelle tavole natalizie peruviane.
Ovviamente stiamo parlando di un Paese vastissimo, con tradizioni diverse da luogo a luogo. Nelle regioni montuose, ad esempio, c’è una ricetta antica quanto l’impero inca e che ancora oggi trova spazio in cucina per le ricorrenze speciali, come il Natale. Il Pachamanca è un piatto a base di carni varie, cotte scavando un buco nella terra, dove vengono messe pietre preriscaldate, e servito con prodotti andini, come carote, patate, fave e manioca, e una salsa a base di peperoncino rocoto, formaggio e erba yuacatay. Si tratta di un procedimento lungo, che segue quasi un rituale: pare che ci vogliano dalle tre alle cinque persone per preparare questa pietanza.
Paese che vai, panettone che trovi
Se il Perù ha una superficie così ampia da avere in sé un milione di tradizioni diverse (è più o meno grande quattro volte più dell’Italia), c’è un alimento che invece mette d’accordo davvero tutti: il panettone. Pare infatti che i peruviani siano i più grandi consumatori di panettone al mondo e che amino mangiarlo non soltanto in occasione del Natale, ma ogni qualvolta ci sia qualche ricorrenza da festeggiare.
La storia del panettone in Perù è strettamente legata alla storia della sua immigrazione, quando gli italiani arrivarono nel paese in cerca di fortuna. E, come capita sempre con il cibo, persone e tradizioni si mescolano, fino a creare nuovi percorsi.
Negli anni sessanta, infatti, l’azienda fondata da Pietro D’Onofrio fece un accordo con l’Alemagna per avere la ricetta tradizionale del panettone e metterla in commercio in Perù. Da allora le cose sono cambiate moltissimo e se il panettone ha preso le sembianze andine, con versioni diverse da zona a zona, in ogni caso è diventato un dolce simbolo di questo Paese. Ora se ne trovano davvero di tutti i tipi: con patate dolci, farine di patate e quant’altro possa descrivere il Perù e le sue tradizioni. Ciò che risulta curioso è proprio il fatto che i peruviani hanno saputo far loro una ricetta tradizionale di un Paese lontano, fino a renderlo un dolce nazionale.