Esiste un modo semplice per far pagare subito a Putin la sua sciagurata idea di invadere l’Ucraina. Una decisione eseguibile tecnicamente in poco tempo ma che ha bisogno di una certa dose di coraggio politico. Ci sono in giro per l’Europa circa trecento miliardi di euro di asset che sono stati sequestrati alla Banca centrale russa e agli oligarchi vicini a Putin dopo il 24 febbraio 2022. Una scelta saggia e lungimirante ispirata dall’ex presidente del Consiglio italiano Mario Draghi che finora ha permesso di accumulare circa sei miliardi di interessi (tre all’anno). Gli Stati Uniti hanno proposto agli alleati del G7 di studiare un modo per dare questo tesoretto inutilizzato all’Ucraina senza incorrere in problemi legali. L’obiettivo di Washington è annunciare questa storica decisione in una riunione speciale delle sette grandi potenze del mondo quando ricorrerà il secondo anniversario dell’invasione, a febbraio del 2024
Come rivelato dal Financial Times, tre gruppi di lavoro sostenuti da Stati Uniti, Giappone e Canada esamineranno tutte le questioni legali relative a come incanalare questo sostegno economico all’Ucraina. Ci sono strumenti molteplici: la confisca diretta o l’uso dei proventi dei beni congelati anche come garanzia per prestiti. «Finora l’Unione europea si è astenuta dal confiscare gli asset russi stessi, esplorando invece modi per scremare i profitti generati per istituzioni finanziarie come Euroclear, dove sono custoditi asset sovrani per centonovantuno miliardi di euro», si legge sul FT.
Italia e Germania hanno accolto con qualche riserva questa decisione sugli asset russi proprio per paura di possibili conseguenze legali e ritorsioni politiche del Cremlino, chiedendo di discuterne in maniera riservata fino all’annuncio. I diplomatici italiani sono particolarmente preoccupati perché sarà Roma a detenere la presidenza del G7 nel 2024 e si temono possibili azioni (già preventivamente minacciate) del Cremlino contro le aziende italiane in caso questa proposta andasse fino in fondo.
Secondo altri due paesi del G7, Regno Unito e Francia il problema sarebbe tecnico perché i fondi confiscati non sarebbero subito disponibili per aiutare l’Ucraina nella ricostruzione. La paura di Parigi e Londra è che questo scongelamento venga poi usato dall’Ungheria come scusa per non aiutare Kyjiv in futuro, continuando così a porre il veto al versamento di cinquanta miliardi di euro all’Ucraina, come avvenuto nell’ultimo Consiglio europeo.