Dopo settimane di negoziati riservati e incomprensioni diplomatiche, l’Italia ha detto addio all’accordo con la Cina sulla Via della seta. Come riporta il Corriere, tre giorni fa Palazzo Chigi ha inviato a Pechino una nota verbale, assicurando comunque promesse di amicizia strategica in grado di rilanciare i rapporti fra i due Stati. La lettera è stata spedita senza comunicare nulla pubblicamente, come d’intesa con le autorità cinesi. Così Roma è uscita dopo quattro anni dalla Belt and Road Initiative, quel progetto faraonico e multimiliardario ideato da Xi Jinping che sedusse Giuseppe Conte e fece infuriare gli americani.
L’uscita formale dal progetto è avvenuta tramite disdetta dell’accordo da parte del governo italiano. L’Italia, in realtà, avrebbe provato a evitare la disdetta, cambiando i termini dell’accordo stesso, ma i cinesi hanno rifiutato dopo diversi negoziati diplomatici.
L’Italia era l’unico Stato del G7 ad aver partecipato, senza grandi risultati economici e con molti effetti politici indesiderati, alla cosiddetta Bri. Il Memorandum fu firmato da Giuseppe Conte e Xi Jinping il 23 marzo dal 2019. A Villa Madama, tra il tappeto rosso e il picchetto d’onore, l’intesa prometteva accordi fino a 20 miliardi di euro, fra diretti e indotto. Ad oggi, un bilancio di quest’esperienza dice che, complice i due anni di Covid, la contrarietà di Washington e il cambio del governo in Italia, la nostra presenza per quattro anni dentro il progetto internazionale di Pechino ha prodotto molto poco, se non quasi nulla.
Prima di andare a Palazzo Chigi, Meloni aveva promesso di uscire dall’accordo. Nella lettera, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni si impegna comunque a rilanciare il più possibile quel partenariato strategico che esiste da più di dieci anni fra i due Stati, ma che non è mai stato implementato fino in fondo.
Bisognerà vedere se non ci saranno ritorsioni di natura commerciale da parte di Pechino. Uno dei settori del made in Italy cui le autorità cinesi potrebbero creare problemi è quello del lusso.
Nessuno dei due governi ha fatto un comunicato sulla rottura dell’accordo. La scarsa pubblicità data alla disdetta formale conviene a entrambi: Pechino si trova a gestire un progetto che in parte è entrato in crisi per ragioni di natura finanziaria e l’uscita dell’Italia potrebbe avere effetti anche su altri governi, mentre Roma ha tutto l’interesse a continuare ad avere relazioni buone con Pechino.