A spoglio quasi concluso sembra ormai certa la vittoria delle elezioni parlamentari in Serbia da parte del partito del Presidente in carica Aleksandar Vučić. Un risultato annunciato che ha però stupito per le proporzioni con le quali si è verificato. Il partito progressista serbo (Sns) ha vinto la tornata elettorale con circa il quarantasette percento dei voti, migliorando le percentuali delle elezioni del 2022 e conquistando centoventinove dei duecentocinquanta seggi in Parlamento. Al secondo posto c’è l’alleanza di centro e dei partiti europeisti riunita dietro allo slogan ‘Serbia contro la violenza’ che si è fermata poco sopra il ventitré percento dei voti, il risultato più alto per un’opposizione da quando Vučić guida il Paese. Tra i partiti minori che hanno superato la soglia di sbarramento si registra il crollo del Partito socialista serbo (fino a ieri nella coalizione di Governo) che ha ottenuto meno del sette percento dei voti pari a diciannove seggi. Mentre la coalizione di estrema destra nazionalista e monarchica Nada e la lista no-vax di destra guidata da Branimir Nestorovic si sono aggiudicate tredici seggi a testa.
Meno netta la vittoria di Vučić nella città di Belgrado dove i partiti di opposizione hanno raggiunto poco più del trentaquattro percento dei voti, staccati di cinque punti rispetto al partito progressista. Sarà un testa a testa tra il sindaco uscente Aleksandar Šapić e Vladimir Obradović. Qui, come un po’ in tutta la Serbia, non sono mancate le irregolarità che sono state segnalate dagli osservatori elettorali Cesid e Crta. La polizia ha arrestato una persona sospettata di aver demolito l’auto di uno dei controllori della Crta a Odzaci dopo che erano state segnalate alcune anomalie.
La Stampa racconta poi dello scandalo della Stark Arena, la casa delle due principali squadre di basket della città, Partizan e Stella Rossa. Nel piazzale si sono presentati pullman bianchi che caricavano gente dalla Republika Srpska, una delle due entità della Bosnia, enclave dei serbi oltre confine. Erano cittadini senza residenza a Belgrado ma probabilmente con doppia nazionalità serba e bosniaca. Li hanno radunati lì non si sa se per farli votare in cabine elettorali non ufficiali, o per distribuirli altrove. Due osservatori della Commissione di controllo sono stati spintonati e cacciati, perché volevano verificare. ‘Serbia contro la violenza’ ha denunciato brogli parlando di gravi irregolarità e chiederà la ripetizione del voto.
Abbiamo chiesto a Giorgio Fruscione, research fellow di Ispi che da anni si occupa di Balcani di commentare per Linkiesta questa tornata elettorale: «Risultato abbastanza inaspettato, era immaginabile una vittoria del Sns ma non con percentuali del genere. Era difficile prevedere che il partito progressista migliorasse il risultato del 2022. A dire il vero anche per l’opposizione è un risultato storico, visto che durante la leadership di Vučić non si è mai arrivati a questi numeri. Il presidente serbo esce rafforzato dalle elezioni e ora a livello comunicativo potrà utilizzare a suo vantaggio anche il risultato dell’opposizione per far passare il messaggio che nel sistema democratico serbo c’è pluralità. Anche se non è così».
La vittoria di Vučić arriva dopo una campagna elettorale dove il leader serbo è stato praticamente onnipresente sui media e sulle televisioni controllate dallo Stato. Un abuso della propria posizione che ha fatto si che il suo partito cannibalizzasse tutti gli spazi disponibili, dai talk show agli spot pubblicitari, senza che ovviamente le stesse possibilità fossero concesse all’opposizione.
Anche a Belgrado sembra essere avanti il partito progressista e, se la tendenza fosse confermata, questa potrebbe essere la vera sorpresa: «Il risultato di Belgrado è inaspettato. – continua Fruscione– Nella capitale, soprattutto nelle circoscrizioni amministrative più centrali, si è affermato ancora una volta un maggiore gradimento per le opposizioni che però non è stato sufficiente. ‘Serbia contro la violenza’ non ha accettato il risultato denunciando gravi brogli in numerosi seggi, confermati anche dagli osservatori elettorali. Torneranno in piazza già da questi giorni per ribadire ancora una volta il loro messaggio».
Dopo questa ulteriore legittimazione sarà paradossalmente più difficile per il Presidente serbo continuare a mantenere posizioni ambigue sulle principali questioni internazionali come fatto in questi mesi. Sia sui rapporti con la Russia che sulla questione del Kosovo (che si intreccia inevitabilmente con il percorso di adesione di Belgrado all’Unione europea) Vučić dovrà decidere che linea sposare. Formalmente, il Partito Progressista è in favore di un avvicinamento all’Unione europea, ma di fatto la Serbia è anche uno dei più stretti alleati europei della Russia, a cui è legata da solidi legami culturali ed economici.
«Nel 2024 la situazione potrebbe rimanere in stand-by. Ci vorranno diversi mesi per formare il nuovo Governo e credo che ci sarà un lungo travaglio utile a Vučić per prendere tempo rispetto alle relazioni con Pristina e Mosca. Nel frattempo si terranno le elezioni europee e quelle americane con le conseguenti nomine dell’Alto rappresentante e degli ambasciatori. È probabile che il nuovo Governo attenda queste nomine prima di scegliere come posizionarsi. Il presidente serbo dovrà anche decidere cosa fare con i socialisti, che hanno ottenuto un pessimo risultato in questa tornata. Sns avrebbe i numeri per governare da solo (non aspettiamoci uscite dal partito durante la legislatura o franchi tiratori come avviene nelle democrazie occidentali) ed eliminare i socialisti dalla coalizione consentirebbe a Vučić di orientare la Serbia più verso Bruxelles. Il partito socialista è infatti filorusso e tenerli fuori dall’esecutivo potrebbe essere un segnale importante nei confronti dell’Europa, anche se la stessa Sns ha dimostrato in questi anni una certa vicinanza al Cremlino. Pure in questo caso, però, non aspettiamoci decisioni in tempi brevi», conclude Fruscione.