Terre e promesseZelensky deve convincere i repubblicani oltranzisti per sbloccare 61 miliardi e salvare Kijiv

Il presidente ucraino a Washington spinge sul Congresso americano affinché approvi lo stanziamento di nuovi fondi. Ma i conservatori gli riservano una accoglienza gelida e chiedono al governo democratico accordi ferrei sui migranti al confine meridionale

Un paso doble per superare l’empasse creata dai repubblicani: Volodymyr Zelensky in visita a Washington ha incontrato Joe Biden e ha espresso preoccupazione per il rischio che un ritardo ulteriore nella concessione degli aiuti militari all’Ucraina possa mettere a rischio i civili. La capitale Kyjiv potrebbe infatti a breve trovarsi senza lo scudo missilistico per difendersi dagli attacchi aerei. Anche mantenere le posizioni sui territori riconquistati sta diventando complicato senza un supporto costante. Dal canto suo, Biden all’opposizione non le ha mandate a dire: «Ostacolare il supporto all’Ucraina è solo un grande aiuto alla Russia».

La diffidenza repubblicana nei confronti del pacchetto di sostegni militari da 61 miliardi di dollari ha molto a che fare con le istanze delle prossime elezioni presidenziali americane. L’argomentazione per cui i fondi destinati all’Ucraina sarebbero filtrati da un sistema corrotto è la carta che il partito ormai orientato alla rielezione di Donald Trump si gioca per imporre un accordo con la Casa Bianca sulla sicurezza delle frontiere.

La riunione in Senato a porte chiuse è durata un’ora e mezza e si è conclusa con la richiesta di un giro di vite sull’immigrazione nel tormentato confine tra Stati Uniti e Messico. La scorsa settimana i repubblicani avevano bloccato gli aiuti destinati a Ucraina e Israele proprio facendo leva sulla questione del confine meridionale.

Per tutta la giornata di ieri Zelensky ha cercato di sciogliere la gelida accoglienza dei conservatori, rassicurandoli sulla lotta alla corruzione, mentre i rappresentanti democratici hanno spinto sull’urgenza dell’approvazione del pacchetto al Congresso. Ma la partita non ha per ora sortito gli effetti sperati sull’atteggiamento repubblicano, forse in parte condizionato dagli ultimi rapporti dell’intelligence, che raccontano di forze armate russe se non proprio male in arnese comunque molto provate da perdite umane e da una progressiva riduzione del proprio arsenale. Il conflitto è infatti già costato alla Russia 315.000 soldati tra morti e feriti, pari a quasi il 90 per cento del personale in forza prima del febbraio 2022.

Il presidente ucraino ha incontrato anche Hakeem Jeffries, il leader dei democratici alla Camera, e poi il repubblicano Mike Johnson, che si è dimostrato scettico riguardo ad un ulteriore sostegno all’Ucraina: «Ci chiedono di approvare una spesa di miliardi di dollari senza che sia comunicata una strategia per la vittoria»

Su X Zelensky ha però glissato e si è limitato a definire i colloqui come amichevoli e schietti e orientati all’importanza di un aiuto americano in questa fase della guerra contro l’invasore russo. Da Mosca Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha risposto che le decine di miliardi di dollari già forniti da Washington non hanno cambiato e non cambieranno le sorti del conflitto perché le strategie ucraine hanno ormai una lunga storia di fallimenti.

In ogni caso la questione, a due soli giorni dalla pausa di fine anno del Congresso, sembra archiviata, almeno fino ai primi di gennaio del 2024. Il tempo per una svolta che consenta di approvare parte dei finanziamenti prima di allora non c’è. Il tempo a disposizione, però, è poco anche per l’Ucraina.

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