L’Estonia ha annunciato che non rinnoverà il permesso di soggiorno del Metropolita Eugenio (Valeri Reshetnikov), a capo della Chiesa ortodossa estone, perché considerato una minaccia per la sicurezza nazionale. Il Metropolita, rappresentante del Patriarcato di Mosca, ha rilasciato una serie di dichiarazioni pubbliche in favore della Federazione Russa e il portavoce delle guardie di confine estoni Indrek Aru, come ricordato da Politico, ha dichiarato che «i rappresentanti del ministero dell’Interno hanno incontrato ripetutamente Reshetnikov per spiegargli che doveva smettere di sostenere il regime del Cremlino e le azioni militari della Russia nelle sue dichiarazioni». Aru ha ricordato come «Reshetnikov non ha modificato il suo atteggiamento, incompatibile con i valori e le leggi estoni» e «per questo le azioni di Reshetnikov costituiscono una minaccia alla sicurezza». Il caso del Metropolita non è peraltro isolato ma si inserisce in un contesto di tensione regionale tra le parti.
I ministri della Difesa di Estonia, Lettonia e Lituania hanno recentemente firmato un accordo per istituire una linea di difesa comune con lo scopo di rafforzare il confine orientale dell’Alleanza Atlantica con Russia e Bielorussia. I tre Paesi, come dichiarato dal ministro della Difesa estone Hanno Pevkur e riportato da Euronews, «costruiranno strutture difensive anti-mobilità nei prossimi anni per scoraggiare e, se necessario, difendersi da minacce militari». I Paesi Baltici temono, infatti, che se Mosca non verrà sconfitta in Ucraina deciderà, in un secondo momento, di attaccare proprio i tre piccoli Stati che si trovano lungo i suoi confini occidentali.
L’Estonia, la Lettonia e la Lituania hanno fatto parte, per secoli, dell’Impero Russo salvo poi dichiarare la propria indipendenza dopo la rivoluzione bolscevica del 1918 e venire nuovamente annessi da Mosca nel 1940 grazie alle conseguenze del patto Molotov-Ribbentrop. I gravi abusi dei diritti umani compiuti dalle forze sovietiche in loco, dalle stragi degli oppositori interni alla deportazione in Siberia di una parte della popolazione, hanno lasciato il segno e le relazioni diplomatiche con Mosca dopo la nuova indipendenza, ottenuta in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, sono state segnate da problemi significativi.
La situazione è resa precaria anche dalla presenza di consistenti minoranze russofone che risiedono in Estonia e Lettonia. In Estonia, come segnalato da Euractiv, ben 322,700 abitanti sono russi etnici e tra questi novantamila sono in possesso della cittadinanza che li lega a Mosca. Il dato è significativo se si pensa che la popolazione totale del Paese è pari a un milione e trecentomila abitanti e in alcune regioni, come quella orientale di Narva, i russofoni sono la maggioranza assoluta dei residenti.
La comunità, come chiarito da Jevgenia Volohhonskaja (News Editor del canale russofono ERR News) su Euractiv, è talvolta considerata come una quinta colonna di Mosca nel Paese ma lo scoppio della guerra in Ucraina ha provocato, nel 2022, spaccature al suo interno. Molti russi, come riportato dal Guardian, si informano attraverso i canali televisivi della madrepatria ed è presente un alto tasso di segregazione che li divide dagli estoni. La maggioranza dei russofoni è giunta o discende da chi è giunto in Estonia dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando era in atto un consistente processo di russificazione del Paese, ma solamente il cinquantotto per cento è in possesso della cittadinanza della nazione di residenza(la percentuale più bassa è tra chi ha più di sessantacinque anni).
Un sondaggio approfondito, realizzato nel 2023 dalla Fondazione Friedrich Erbert Stiftung in collaborazione con l’istituto demoscopico Turu-uuringute AS, ha evidenziato la presenza di differenze significative tra estoni e russofoni. Il settantaquattro per cento del primo gruppo riteneva, infatti, che gli interessi dell’Estonia potranno essere tutelati al meglio avvicinandosi all’Occidente mentre nel secondo gruppo soltanto il ventotto per cento del campione era della stessa idea e il cinquantaquattro per cento riteneva che si dovesse fare lo stesso con la Russia. Il novantasette per cento degli estoni aveva una considerazione negativa o molto negativa del presidente Vladimir Putin ma questa percentuale scendeva al cinquantotto per cento tra i russofoni, con il trentacinque per cento del campione che apprezzava almeno in parte l’inquilino del Cremlino.
Gli estoni sono al novanta per cento favorevoli alle sanzioni imposte contro Mosca mentre i russofoni sono spaccati: il quarantasei per cento le approva, mentre il quarantatré per cento è contrario. Il trentasei per cento di questi ultimi riteneva che i media ufficiali della Federazione Russa fossero obiettivi nel riportare quanto accadeva in Ucraina, opinione condivisa da appena l’un per cento degli estoni. Il cinquantaquattro per cento dei russofoni (e solamente il due per cento degli estoni) riteneva che Mosca fosse stata giustificata nell’usare la forza contro Kyjiv per impedirne l’adesione alla Nato.
I due gruppi etnici sembrano concordare, invece, sul peggioramento del trattamento riservato ai russofoni dagli estoni dopo lo scoppio della guerra in Ucraina (quarantasette per cento tra i russofoni e cinquantasette per cento tra gli estoni). Il sessanta per cento dei russofoni ritiene che chi non parla la lingua nazionale venga discriminato e il sessantasette per cento è contrario all’abbattimento di tutti i momenti sovietici deciso dal governo di Tallinn.
Il dato più evidente che emerge dal sondaggio è la presenza di un nucleo di russofoni che appoggiano le politiche del Cremlino, hanno fiducia nei media statali, osteggiano le sanzioni e ritengono di essere discriminati. Queste percentuali contrastano con quanto sostenuto dai cittadini estoni ma, al tempo stesso, è bene ricordare come non siano bulgare dato che un certo numero di russofoni non le condivide. Dmitri Teperik, a capo del think tank the International Center for Peace and Security basato a Tallinn, aveva ricordato a Politico nel 2022 come i russofoni estoni si fossero frammentati in tre gruppi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina: due piccoli gruppi pro-Kyjiv e pro-Cremlino e uno più grande riluttante ad assumere una posizione e a ritenere il conflitto come «non la nostra guerra».
L’integrazione dei russi che vivono in Estonia è un processo complesso e incompiuto ma il sondaggio evidenzia come una componente di questa parte della popolazione sia più vicina alle posizioni di Tallinn che a quelle di Mosca. Il risultato è la presenza di una componente critica nei confronti dell’apparato statale russo e di un dibattito vivace che a Mosca, per vari motivi, è del tutto assente.