La difesa baltica è un’apertura scacchistica molto usata nella prima metà del Novecento, giocata soprattutto da scacchisti estoni, lettoni e lituani. Permette al difensore – quindi il nero – di cambiare un alfiere con un cavallo e riorganizzare la difesa sulla propria regina, costringendo l’attacco a rivedere i piani iniziali limitandone le opzioni offensive. Dopo alcuni decenni questa mossa ha perso il suo effetto sorpresa ed è caduta in disuso. Oggi agli estremi orientali dell’Unione europea sta nascendo una nuova linea di difesa baltica: Estonia, Lettonia e Lituania – membri della Nato – hanno firmato nel weekend, a Riga, un accordo per costruire strutture difensive «anti-mobilità» ai confini con Russia e Bielorussia, per scoraggiare e, se necessario, difendersi dalle minacce militari provenienti dagli eserciti di Mosca e Minsk. L’obiettivo è non concedere nemmeno un centimetro di territorio nazionale in caso di aggressione.
Lungo la Linea di difesa baltica (Baltic Defence Line), secondo l’emittente pubblica estone Err, l’Estonia investirà sessanta milioni di euro per costruire seicento bunker lungo i duecentonovantaquattro chilometri di confine con la Russia. I bunker sono modulari, facili da trasportare e da montare, ognuno progettato per ospitare dieci soldati in un’area di trentacinque metri quadrati. Al momento non è prevista la costruzione di nuove strutture sulla costa a protezione della frontiera marittima. I lavori inizieranno nel 2025, ma poiché parte della Linea di difesa si trova su terreni privati si dovrà discutere di accordi e risarcimenti con i proprietari. «Le difese aumentano il costo dell’attacco e creano per noi un tempo di preavviso più lungo», dice il colonnello Tarmo Kundla, capo del dipartimento operativo dello stato maggiore generale delle forze di difesa estoni (Edf). «Non esiste una difesa impenetrabile, ma il prezzo che un avversario deve investire per penetrare quella difesa è significativamente più alto di quello che dovrebbe pagare adesso. Inoltre, i preparativi che dovrà fare per sfondare quella linea della difesa sono molto più visibili per noi rispetto a quanto avviene adesso. Forse anche la preparazione dell’avversario ci servirà da avvertimento».
L’idea di inserire nell’accordo nuove installazioni difensive, spiega il ministero della Difesa estone, si basa sulle decisioni prese al vertice Nato di Madrid, quando è stato presentato il Nuovo concetto strategico: a tutti i membri dell’Alleanza è stato chiesto di sviluppare nuovi piani regionali e prevedere reattività immediata in materia di difesa del territorio, fin dal primo metro, contro eventuali attacchi russi. La Linea di difesa baltica è stata presentata proprio all’indomani dell’annuncio della più grande esercitazione Nato degli ultimi decenni: la Steadfast Defender 2024 vedrà impegnati novantamila uomini provenienti da tutti i trentuno Stati alleati e dalla Svezia. «La guerra della Russia in Ucraina ha dimostrato che, oltre alle attrezzature, alle munizioni e alla manodopera, sono necessarie anche le difese fisiche», ha detto il ministro degli esteri dell’Estonia, Hanno Pevkur. «Stiamo facendo questo sforzo affinché il popolo estone possa sentirsi sicuro, ma se emergesse il minimo rischio saremmo pronti a nuovi sviluppi».
A Riga i ministri della Difesa dei tre Paesi baltici hanno firmato anche un memorandum con cui si impegnano a procurarsi una nuova scorta di lanciarazzi Himars statunitensi e altri sistemi d’arma avanzati, con l’obiettivo di alzare il livello della collaborazione per l’addestramento dei soldati e loro manutenzione delle armi. «Lo sviluppo congiunto delle capacità di difesa di Lituania, Lettonia ed Estonia rappresenta la maggior garanzia di sicurezza per la nostra regione», ha detto il ministro della Difesa lituano Arvydas Anusauskas.
L’accordo tra le tre repubbliche baltiche è la naturale conseguenza delle parole di Vladimir Putin, che una settimana fa dal Cremlino aveva indirettamente minacciato Riga e i suoi due vicini: «Quello che sta succedendo in Lettonia e nelle altre Repubbliche baltiche, dove i cittadini russi vengono espulsi, ci preoccupa: è una questione relativa alla nostra sicurezza nazionale», aveva detto il leader russo in riferimento all’espulsione di Boris Katkov, un ex militare dell’Armata rossa, ormai ottantaduenne, residente in Lettonia e accusato di attività propagandistica filorussa – già incluso nella lista delle persone indesiderate del ministero dell’Interno di Riga.
I tre piccoli Stati ex sovietici sono il presidio più esposto a un eventuale attacco russo come quello che sta subendo l’Ucraina. Il ministro della Difesa lettone, Andris Spruds, è stato il primo a esultare su X (ex Twitter) dopo la firma dell’accordo a Riga. Secondo il ministro lettone la linea baltica servirà «per difendere il fianco orientale della Nato e negare la libertà di movimento ai nostri avversari». E poi ha aggiunto: «Gli Stati baltici continueranno a sostenere militarmente l’Ucraina con formazione, attrezzature e attraverso le nostre coalizioni di droni, IT e sminamento». Va ricordato che dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, nel febbraio 2022, hanno sostenuto con convinzione Kyjiv fornendo aiuti di ogni genere. Un sostegno ribadito anche all’inizio di gennaio, quando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha fatto tappa nelle capitali dei tre Stati confinanti con la Russia.
Il confine dei tra Paesi baltici con la Russia era già stato al centro di sospette azioni di disturbo a inizio anno, tra il 31 dicembre 2023 e il 2 gennaio scorso, quando le autorità estoni avevano registrato delle interruzioni nel funzionamento del sistema Gps nella regione. Le autorità avevano dichiarato che la fonte dei disturbi era stata individuata nella regione di San Pietroburgo. Poi non c’erano state altre conseguenze significative.
La prospettiva di un’aggressione russa al territorio Nato non è più così distante. Secondo diverse fonti potrebbe avvenire anche nei prossimi anni – lo aveva detto ad esempio il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius la scorsa settimana. Mercoledì scorso il presidente del comitato militare dei capi nazionali dell’Alleanza Atlantica, l’ammiraglio Rob Bauer, aveva detto: «Viviamo nel mondo più pericoloso degli ultimi decenni», e ha chiesto una «trasformazione bellica della Nato». Anche il comandante in capo delle forze armate svedesi, il generale Micael Bydén, ha invitato i suoi concittadini a «prepararsi mentalmente» per la guerra. La stessa Polonia – oggetto della retorica aggressiva di Putin delle ultime settimane, come i Paesi baltici – si prepara a una possibile invasione russa: il nuovo governo di Donald Tusk ha aumentato il bilancio per la difesa al quattro per cento del Pil, punta a diventare la forza di terra più grande in Europa, con oltre trecentomila soldati effettivi, e ha già acquistato millequattrocento carri armati, quarantotto caccia FA-50 e trentadue F-35.
In questo clima da cortina di ferro la Nato deve assicurarsi che il territorio di tutti i suoi Stati membri sia al sicuro e impermeabile a eventuali attacchi di Mosca, oggi o nel prossimo futuro. Prima però è fondamentale garantire anche all’Ucraina, attualmente vittima dell’invasione armata della Russia, una difesa all’altezza. Perché, come ha detto il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, «non c’è alcuna possibilità che una mancata vittoria dell’Ucraina possa finire bene per l’Europa».