L’ottimismo stolido e ruffiano su una duratura conversione della destra italiana alle istanze della solidarietà euro-atlantica e al sostegno della libertà e integrità dell’Ucraina ha subito ieri una clamorosa battuta d’arresto. Scriviamo “ha”, ma è più corretto dire “avrebbe”, visto che né gli stupidi, che abbondano, né tantomeno i disonesti, che li soverchiano e li manovrano nel coté sovranista, ammetteranno mai che ieri l’aula del Senato ha smentito la pretesa di normalità conservatrice di quella destra, che stava con Putin quando c’era il suo compare alla Casa Bianca, e prega e spera nel ritorno di Trump per tornare ad accucciarsi nel comodo lettone del capobanda moscovita del fascismo globale.
L’ordine del giorno pacifista ieri presentato a Palazzo Madama dal capogruppo leghista Massimiliano Romeo, che in parte ricopiava e in parte parafrasava le parole pronunciate dal ministro della Difesa Guido Crosetto alle camere il 10 gennaio scorso, è stato approvato dopo essere stato risciacquato nell’acqua sporca del doroteismo sovranista e purgato dai riferimenti all’intervento del ministro, con uno sbianchettamento grottesco, visto che quelle parole esprimevano, anzi anticipavano esattamente il senso della proposta leghista e della sua coerenza con il programma di lungo periodo dell’esecutivo: la divisione dell’Ucraina, come pegno della pace nel mondo.
Infatti, anche nel testo depurato e approvato dalla maggioranza e pure dal Partito democratico, che neanche su questo riesce a uscire da una posizione equivoca, è rimasto il lugubre riferimento all’impasse militare del conflitto come «punto di partenza ideale per una trattativa politica e diplomatica», cioè, fuori dal diplomatichese, per la cristallizzazione dello stato della guerra e quindi delle conquiste della Russia.
I piccoli fan leghisti del macellaio del Cremlino non si sono svegliati dall’incantesimo con l’esplosione delle bombe su Kyjiv e non sono stati folgorati dalla luce della verità sulla strada di Bucha e di tutti i paesi e le città ucraine trasformate in un mattatoio, per fiaccare la resistenza di un popolo che lotta contro il mostro di Mosca e pure contro le amnesie, i ricatti e le paure di molta parte dell’Occidente e dell’Europa, di cui oggi l’Ucraina rappresenta – senza averlo voluto e senza neppure vederselo riconoscere – la trincea della resistenza.
I Salvini&Savoini boys si erano semplicemente ritirati in attesa di tempi migliori, che dal loro punto di vista stanno arrivando, visto che gli italiani brava gente sembrano dai sondaggi in maggioranza contrari all’invio delle armi, per cui ciascuno di loro spende la bellezza di un euro al mese, e alla compromissione dell’Italia in questa guerra fuori da “casa nostra”, e visto soprattutto che l’amico americano di Putin sembra destinato a rigiocarsi la Casa Bianca a fine anno.
Il fatto che la Lega abbia accettato di annacquare il testo finale dell’ordine del giorno non significa affatto che nel campo sovranista sia tornato a dominare l’ordine democratico euro-atlantico. Significa che l’escalation trumpian-orbaniana sull’Ucraina è appena iniziata e che la capitolazione completa della destra italiana è solo questione di tempo. I miasmi putiniani avvertiti forti ieri a Palazzo Madama, che avevano inizialmente fatto ringalluzzire pure i Cinque Stelle, ne sono l’annuncio.