Questa è una storia in due puntate, frutto di una lunga conversazione con l’Oceano di mezzo. Sono le sei di sera di un mercoledì di gennaio torbido di nebbia e freddo come il marmo. Chiamo Massari – a New York è quasi ora di pranzo e lui è fresco come un croissant appena sfornato – che esordisce, dicendo: «Stai bene attenta perché le date sono fondamentali e per nulla casuali». Capisco subito che quella che doveva essere una telefonata di ragguaglio per l’articolo che ho già pressoché ultimato sarà invece un’ora generosa di appunti, parole, risate e battute.
«Tutto è cominciato in spiaggia sotto l’ombrellone in Costa Smeralda, quando mia figlia aveva sei mesi e volevo cambiare vita provando a fare quello che amavo – cucinare ndr – ma con le mie regole. Dopo anni trascorsi a vivere in Asia (ti assicuro che ti cambia la vita), a fare catering da oltre mille persone, aprire catene di sushi e avviare cucine di grandi alberghi, il mio unico obiettivo era ritirarmi, fare l’eremita e vivere in un’ottica downgrading. Ti è chiaro il concetto di downgrading Chiara? È nodale. In quel momento sto ascoltando Lucio Dalla – lo amo! – e la sua mitica Disperato erotico stomp. C’è una parte del testo che parla di delusioni, grandi imprese e persino di un’impresa unica ed eccezionale. Ecco che mi si accende la lampadina».
Da questo momento parte la ricerca attraverso la burocrazia americana per possibili visti e licenze. In poco tempo capisce che la soluzione migliore è proporre uno stand che venda cibo da strada e bevande calde durante i mercati stagionali. Come ottenere il permesso? Versando ventinove dollari e sottoponendo un’idea precisa. «Chiamo gli organizzatori del mercatino di Natale di Union Square, gli spiego la mia idea e ne sono entusiasti. Come richiesto, faccio un rendering e lo spedisco ma la proposta viene bocciata per mancanza di acqua sul posto. Nessun problema, mi invento un circuito mobile con un montante all’interno che, dalla macchina del caffè espresso, depuri l’acqua e la renda riutilizzabile. Risolvendo il problema ottengo il via libera e la mia è in assoluto la prima licenza di produzione e vendita di cibi e bevande durante l’Holiday Market di Union Square (non chiedermi come mai prima di allora non lo avesse mai fatto nessuno)».
Siamo nel 2009, più precisamente al 4 ottobre, che coincide con la festa del patrono di Bologna, San Petronio. A quanti di voi è capitato di prendere una cioccolata calda durante un mercatino di Natale prima di continuare a fare acquisti e comprare regali? Michele Casadei Massari è la prima persona che – nella storia americana – servirà caffè e bevande calde, focaccia, pasta, lasagne e polpette durante un mercatino. Ogni giorno incontra centinaia di persone che, senza alcuno sforzo, testano i suoi prodotti, saggiano la sua cucina e apprezzano la mano italiana di questo trentacinquenne. Nel giro di poco tempo un cliente affezionato gli apre una pagina Facebook chiamandola Piccolo Café e raccontando quello che succede. Basta poco per raggiungere i trentamila utenti e avere una prima community di sostenitori. Quella stessa persona, John, si scoprirà presto essere titolare di diversi immobili tra cui, un’edicola sfitta.
«Al termine del mercatino smonto il mio tavolo di un metro e mezzo per un metro e mezzo trasferendolo in quell’edicola. Qui, insieme al mio compagno di scuola e migliore amico Alberto Ghezzi, noto come Albi, costruisco una sorta di caffè senza avere la più pallida idea del futuro. Quello che facevamo piaceva così tanto che mi iniziano a invitarci (gratuitamente) a fare altri mercatini. Ogni quattro mesi ne facciamo uno e dal primo microscopico stand arriviamo ad avere tavoli da oltre dieci metri dove mi sbizzarrisco con le specialità della mia Romagna e non solo. Sforniamo piadine, porchetta, gnocchi, lasagne, panini… Per strada. A New York. Capisci?! Conosciamo migliaia di persone, viviamo in mezzo alla gente e riusciamo a interpretare i loro gusti e le loro idee».
Da questo momento, ogni sei mesi sorgerà un nuovo Piccolo Café, ognuno con sedici sedute al massimo – oltre ci sarebbe stato l’obbligo di avere un bagno per la clientela. «Diventiamo i cool kids on the block, iniziamo a fare catering e a farci conoscere in varie zone di New York. A questo punto è arrivata l’ora di avere un posto vero, così il P4 (ovvero il Piccolo Café numero quattro) lo apriamo davanti al Beacon Theatre ed è un bistrot di cucina emiliano-romagnola rivisitata, con sede a NYC. Siamo nel 2015, a quel punto ho 96 dipendenti e siamo murati (di clienti ndr) giorno e sera». Arriva dunque a questo punto il primo embrione di quello che diventerà Lucciola, l’attuale ristorante fine dining di Massari, nel 2018. Di nuovo, una felice coincidenza che vede un cliente anonimo una sera a cena al P4 proporre a Massari e al suo socio una location. La trattativa quasi non esiste perché quell’uomo è determinato e l’affare si chiude in fretta. Dopo qualche peripezia il ristorante apre definitivamente nel 2019 e con la stessa squadra di sempre: il socio Alberto Ghezzi in sala a e in cantina e Michele Casadei Massari, ovviamente, in cucina.
Immagini in evidenza courtesy Carolina Fanni
(1. continua) Sulla storia di Lucciola, dalle suo origini sino ad oggi, vi diamo appuntamento alla seconda parte del racconto che uscirà, sempre qui, tra qualche giorno.