Multidisciplinare, diffuso, aperiodico. Da qualche parte, nel mondo fisico e digitale, esiste un «festival piccolissimo» che scardina i capisaldi del classico evento per dare spazio e sostanza alle relazioni, alla spontaneità e all’emotività, in barba alla cultura tossica della performance che spesso toglie poesia anche alla creatività più autentica. Il progetto si chiama micros, scritto appositamente con la “m” minuscola perché tutto, all’interno di questa iniziativa, è senza troppe pretese, ma al tempo stesso originale e non ostinatamente di nicchia.
Micros non ha una cadenza fissa, non si focalizza su un unico tema e non è legato a un luogo specifico. Al contempo, però, ha un’identità molto forte e un fil rouge che può mutare in base alla soggettività di chi partecipa. È una realtà che si evolve attorno alle persone, non alle cose, mettendo «al centro del suo agire la dimensione ridotta come abilitatrice di scambi, connessioni e relazioni forti». Micros può essere un talk, una mostra fotografica o un podcast: format che, non a caso, hanno caratterizzato le prime tre edizioni del progetto creato, gestito e modellato da Rocco Rossitto, consulente di comunicazione e marketing con una solida presenza in rete.
L’idea non è sorta come reazione alla pletora di eventi organizzati nel “post-Covid” – una visione che, secondo Rossitto, è «limitata alle città e non tiene conto della morfologia italiana» –, ma alla qualità delle grandi rassegne culturali a cui siamo ormai assuefatti. I festival, indipendentemente dai temi trattati, puntano ad arricchire senza sosta l’offerta, a discapito delle connessioni tra le persone che abitano – seppur temporaneamente – uno spazio fisico o digitale. Quelle connessioni, auspica l’ideatore di micros, possono sbocciare e consolidarsi grazie a un’iniziativa più piccola, meno frenetica e, sotto certi versi, più reale.
«Durante i festival musicali si fanno gli incontri, i workshop, i meet and greet, la colazione. Questo lo capisco e da fruitore mi piace, ma io non volevo andare in quella direzione per tanti motivi: per forza, capacità e scelta. Micros nasce per affermare l’importanza di piccoli momenti, anche infinitesimali, che in qualche modo innescano quella relazione, quella scintilla. La relazione e lo scambio sono i miei pallini, e io volevo metterli al centro. Il mio non è un festival a tutti gli effetti, ma è qualcosa che succede quando io voglio che succeda. Infatti, le tre edizioni che ci sono state non hanno avuto cadenza fissa: ottobre 2022, aprile 2023, dicembre 2023. Ognuna ha preso tre forme diverse», racconta Rossitto, che insegna anche Storia e Teoria dei nuovi media presso Abadir (Accademia di design e comunicazione visiva a Catania), a Linkiesta Etc.
La prima edizione di micros – intitolata “Link” – si è tenuta l’11 ottobre del 2022 su un terrazzo botanico di una casa privata milanese, nella vivace zona di Turro. Un esordio che ha ribaltato l’idea del classico talk, contraddistinto dagli ospiti sul palco e dal pubblico che può interagire solo alla fine, con tante limitazioni.
«Nei classici talk la prossimità non esiste. Per questa edizione c’erano quindici-diciassette posti e il tema era quello delle connessioni, infatti c’era un pubblico di partecipanti attivi. Ci siamo arrivati attraverso il passaparola, anche tramite un’attività in rete. È stato facile e rapido andare in sold out, e l’evento era gratuito. A parlare assieme a me c’erano Livia Satriano, che ha un account Instagram chiamato Libri Belli, e Giulia Capodieci, che a Milano ha un progetto che si chiama Talee», spiega Rossitto, che dal marzo 2014 invia una newsletter chiamata Una cosa al giorno, da cui è nato un libro intitolato “Perdersi in rete – Guida pratica per persone curiose”.
L’obiettivo del «talk di prossimità» era creare connessioni rinunciando al racconto personale: «Insieme a me – aggiunge Rocco Rossitto – c’erano persone che nel loro agire mettono al centro gli scambi e le connessioni, non il racconto di sé. Alla fine del talk siamo rimasti a cena in questa casa, e non era previsto: è il bello di un evento così».
Per la seconda edizione di micros, Rossitto ha spedito a casa di cento persone – reclutate tramite un link pubblicato online – una fotografia dell’artista e architetto Martino Pietropoli: «Di fatto era una mostra fotografica composta da una sola foto che potesse essere osservata nella maniera più privata possibile. Volevo che funzionasse come l’apertura di una lettera. Infatti è stata inviata una cartolina 10×15 in formato lettera, sul retro c’era una spiegazione del progetto micros e dentro una fotografia di una macchina in un parcheggio con molta nebbia», dice l’ideatore dell’iniziativa. In realtà, il cuore dell’edizione non era lo scatto in sé, ma la reazione delle persone durante l’apertura della lettera: «Volevo creare un momento intimo e piccolo. Infatti non ho chiesto il feedback a nessuno: mi interessava semplicemente scaturire una reazione».
Arriviamo così alla terza versione di micros, che a fine dicembre si è travestito da serie podcast in cui le persone leggono le righe finali di un libro concluso tra novembre e dicembre. Il titolo è “Cara è la fine” e il contenuto si articola in ventitré tracce, non più lunghe di sessanta-settanta secondi: «La fine di un libro è una metafora. La lettura delle ultime righe è un momento sacro, un rituale che mi è tornato utile per esprimere i concetti e i dubbi sull’idea di fine. Quando uno pensa a questo concetto lo associa alla morte, ma è presente in tante parti di noi».
A questo punto viene spontaneo porsi una domanda sul futuro di micros, ma una risposta precisa andrebbe contro l’identità di un progetto che non vuole rincorrere i ritmi forsennati della società moderna. Rocco Rossitto, che vive a Catania, ci ha svelato che l’elemento cardine di una delle prossime edizioni potrebbe essere il mare: «Dovrà passare un po’ di tempo e dovrà essere qualcosa di diverso da un incontro, una mostra fotografica e un podcast. Ho sempre detto che micros è un organismo pluricellulare, voglio che cambi forma e che si diffonda senza concentrarsi in un unico posto. Mi piacerebbe fare qualcosa in Sicilia e, in caso di edizione fisica, micros riguarderà il mare. E nei piani c’è anche la musica. In ogni caso, non ho un pregiudizio su una eventuale collaborazione con un’azienda o un’istituzione culturale, ma voglio che micros mantenga il suo Dna», conclude.