Hudson ValleyIl richiamo dell’arte non lontano da New York

Dia:Beacon e Magazzino italian art sono due destinazioni per una gita Upstate all’insegna della creatività. L’occasione di rifarsi gli occhi contemplando installazioni di Arte Povera o i pezzi cult che hanno fatto la storia del minimalismo. E di rientro a New York la visita continua alla Judd Foundation, la casa-museo culla del minimalismo

Ph. Charlie Rubin – Donald Judd Art © Judd Foundation / Artist Rights Society (ARS), New York

A New York l’energia frenetica di Manhattan ci seduce, i quartieri gentrificati di Brooklyn incuriosiscono. Dopo i primi giorni in città, la curiosa combinazione di clacson di taxi gialli e sirene dei camion dei pompieri suona sempre più insistente, gli attraversamenti di Time Square sono un dedalo di passanti in cui districarsi. Sopraffatte, le narici si arrendono a quel mix stucchevole di asfalto, hot dog e noccioline caramellate che pervade le avenue a qualsiasi ora del giorno e della notte. Pausa. C’è bisogno di evadere dal viaggio urbano e rigenerare i sensi all’insegna dell’arte, quella concepita anche per dialogare con il paesaggio circostante. 

Una gita fuori porta potrebbe essere la soluzione per sfuggire – anche se solo temporaneamente – all’indistinguibile caos newyorkese di rumori, odori ed emozioni. Staccare la spina dallo speculativo mercato dell’arte delle gallerie di Chelsea, allontanarsi dall’estetica mainstream del MoMA o da quella ancora più istituzionale del Met. Beverone da asporto alla mano, l’ultimo romanzo di Emma Cline e uno di Colson Whitehead di riserva nello zaino, outfit casual (a partire dalle scarpe, rigorosamente da ginnastica): è quanto basta per sentirsi come un vero newyorkese in trasferta. 

L’appuntamento è la mattina presto alla Grand central station, direzione Upstate. Durante il tragitto di circa un’ora e mezza su un vecchio treno lo sguardo si abitua ai gialli, rossi e verdi del panorama che scorre e cambia repentino di tonalità a seconda della stagione. La mente vaga, seguendo il corso del fiume Hudson. Una scappata nella Hudson Valley è tutto questo, e non solo. Significa soprattutto fare il pieno di arte, un viaggio alla riscoperta dei grandi pionieri dell’arte contemporanea.

Dia:Beacon (3 Beekman St, Beacon, NY)
Corre voce che negli anni Ottanta Beacon fosse un postaccio, abitato da spacciatori. Oggi, oltre ai suoi circa quattordicimila abitanti, ospita il centro di arte contemporanea Dia:Beacon – una delle sedi della Dia art foundation, co-fondata da Heiner Friedrich, Farinha de Menil e Helen Winkler Fodsick negli anni 70. A dieci minuti di cammino dalla stazione svetta una location da pazzi, all’altezza delle opere che ospita su una superficie ventottomila metri quadrati. 

Ph. Giovanna Castelli

Qui, grazie alla donazione di un attento mecenate, nel 2004 l’ex cartiera del produttore di biscotti Nabisco si è tramutata in fabbrica della cultura, dove intavolare conversazioni profonde con opere d’arte maestose. Le vasche North, East, South, West di Michael Heizer, le installazioni luminose di Dan Flavin, le sculture geometriche di Larry Bell, Donald Judd, Louise Bourgeoise, Sol Lewitt o le strabilianti creazioni con liquidi fluorescenti di Senga Nengudi, di acquisizione più recente.

Allestita nei vasti locali industriali in mattoni con pavimento in resina, la collezione è composta dai lavori cult di esponenti del minimalismo, post-minimalismo e Land Art. Nell’ala originariamente adibita a deposito ferroviario, ci si imbatte anche nelle gigantesche sculture torte di Richard Serra (Torqued Ellipses,1996), ispirate alle ellissi sinuose immaginate dal Borromini a San Carlo alle Quattro Fontane, Roma. Uno spazio arioso, quasi mistico, dove la percezione delle opere varia anche a seconda delle condizioni atmosferiche, in funzione della luce naturale che penetra dalle vetrate illuminandole. Dopo la visita, si gironzola per le boutique vintage in centro a Beacon e ci si ristora in centro all’hotel The Roundhouse con vista sulle cascate. 

Magazzino italian art (2700 US-9, Cold Spring)
«Un museo di arte italiana nella Hudson Valley sembrava una follia», affermava Paolo Calabrese, direttore di Magazzino italian art al momento della sua inaugurazione nel 2017. E invece il progetto ha saputo attrarre sia un pubblico locale che una buona fetta della comunità artistica newyorkese, disposta con piacere a concedersi una gita Upstate per contemplare l’Arte povera in un contesto inaspettato, a una ventina di minuti di Uber da Beacon. 

Ph Giovanna Castelli

Incubatore di progetti curatoriali e programmi di ricerca di ampio respiro, questo è un museo che sorprende anche per la sua ironia, a partire dagli asinelli sardi che salutano i visitatori da un recinto al loro arrivo. Magazzino esplora temi inediti che parlano di arte contemporanea negli Stati Uniti, dando voce a nuovi protagonisti del settore. Il tutto in una struttura un po’ spoglia – ancora una volta è il minimalismo cool che prevale – ma curata nel minimo dettaglio, dal giardino agli interni luminosi che ospitano le opere di Mario Merz, Giuseppe Penone e Michelangelo Pistoletto in un percorso espositivo ben studiato. 

Ph. Giovanna Castelli

Un’iniziativa audace e senza scopo di lucro che dobbiamo ai filantropi Nancy Olnick e Giorgio Spanu. Nel settembre 2023 è stato inaugurato il Robert Olnick Pavilion. Intitolato al padre di Nancy Olnick, il nuovo padiglione accoglie attualmente due mostre dedicate a Mario Schifano e Carlo Scarpa, oltre che un emozionante progetto su Ettore Spalletti. Un’esperienza che porterà a riflettere sull’importanza dell’arte italiana decontestualizzata. Navetta gratuita da e per la stazione di Cold Spring dove prendere il treno per ritornare a New York dopo aver gustato una ciambella-cannolo da Homestyle Desserts Bakery, nella via principale della cittadina. 

Donald Judd Foundation (101 Spring St, New York)
Di ritorno a New York, chi desidera approfondire l’atmosfera essenziale che ci ha lasciato in eredità il movimento minimalista, consigliamo la visita della Donald Judd Foundation, una straordinaria casa d’artista. Nel 1968, Donald Judd (1929-1994) investiva sessantottomila dollari in una palazzina di cinque piani in ghisa progettata da Nicholas Whyte nel 1870 nel cuore di Soho. All’epoca Lower Manhattan era un quartiere operaio di dubbia sicurezza, eppure, spinto da una giusta intuizione, il pittore, scultore e architetto americano ci si installa. 

Ph Eric Petschek – Donald Judd Art © Judd Foundation / Artist Rights Society (ARS), New York

Grande sostenitore della poetica del less is more, l’artista restaura l’edificio, attribuendo ad ogni piano una funzione specifica: “Sleeping, eating, working”. Distillate nei vasti spazi le opere di Jean Arp, Larry Bell, John Chamberlain, Honoré Daumier, Stuart Davis, Marcel Duchamp, Dan Flavin, David Novros, Claes Oldenburg, Ad Reinhardt, Lucas Samaras, Frank Stella e H.C. Westermann, si combinano discrete agli elementi strutturali originali. Scarne, le pareti in mattoni accolgono pezzi d’arredo di Alvar Aalto, Gerrit Rietveld, Michel Thonet oltre che dello stesso Judd. 

Piano dopo piano, ci si abitua a ragionare con la mentalità asciutta dell’artista, che ha arredato questo luogo unico riducendo le decorazioni all’osso. Una visita schietta che rischia di lasciarvi con la voglia di partire a Marfa, in Texas, per visitare la città museo quasi fantasma tanto cara all’artista capostipite del minimalismo. Accesso e visita guidata disponibili unicamente su prenotazione da programmare con largo anticipo. Fotografie vietate.

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