Panafricanismo melonianoPer fare rinascere l’Africa l’Italia di Giorgia ha un piano Mattei

Studiare l’immigrazione e le sue cause profonde, trovare nuova energia, smettere di camuffare gli interessi economici con la carità pelosa. La sfida della presidente del consiglio al summit di Roma è ambiziosa ma forse non abbastanza green

Stop alla predazione dell’Africa, soluzioni che partano dai bisogni reali delle popolazioni e non da impulsi caritatevoli o da interessi economici più o meno dichiarati. Davanti a un centinaio tra capi di stato, capi di governo, ministri degli Esteri e alti rappresentanti delle principali organizzazioni mondiali, la presidente Giorgia Meloni ha diffuso temi e modalità del summit Italia-Africa in corso a Roma in queste ore. È l’occasione, per la premier, di rilanciare il Piano Mattei. Che, in breve, è la strategia attraverso la quale il governo italiano punta a stringere legami forti con i Paesi africani abbandonando le logiche assistenzialistiche. Il summit invita all’analisi delle cause profonde dell’immigrazione, ma è l’energia a diventare tema cardine per l’Italia e l’Europa. Priorità massima: ridurre la dipendenza dalla Russia. La situazione è chiara da un po’. Nel 2023 l’Italia ha ottenuto circa il 40 per cento del gas dall’Algeria, che però, come le altre nazioni africane, è instabile e necessita di buoni rapporti volti allo sviluppo e alla cooperazione.

Giorgia Meloni è già stata in Libia con Claudio Descalzi, ad di Eni, per un accordo sull’apertura di nuovi giacimenti offshore di gas naturale, investimento da otto miliardi di dollari per una produzione che dovrebbe partire nel 2026. Poi è stata in Mozambico e in Congo, stato che Eni valuta come strategico. L’idea di Giorgia Meloni è stabilire però rapporti con un approccio paritario e «non predatorio» e perseguire una meta finale che realizzi il progetto dell’Italia come stazione energetica per l’Europa. 

Non è casuale che il piano mutui il nome da Enrico Mattei, che settanta anni fa ha fondato l’Eni, compiendo scelte che hanno contribuito molto al miracolo economico italiano. 

Un piano che, però, ha le sue criticità. Tra le obiezioni di molti osservatori, infatti, c’è che a oggi le partnership italo-africane riguardano quasi esclusivamente i combustibili fossili. Sembrano quindi non tenere conto degli obiettivi climatici di riduzione delle emissioni. Molti esperti hanno suggerito al governo di concentrarsi sulle energie rinnovabili e su materie prime critiche come cobalto, manganese e altri metalli necessari per le batterie. Inoltre, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, l’Africa dispone del 60 per cento di tutte le aree mondiali adeguate alla produzione di energia fotovoltaica. A cogliere l’occasione del summit sono stati infatti anche gli stessi africani impegnati nelle ong, che hanno deciso di far sentire la loro voce, con una lettera indirizzata a Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Sergio Mattarella. Quaranta ong hanno presentato una lista di richieste da sottoporre ai leader durante il summit. Si tratta di «porre fine agli approcci neocoloniali dei Paesi europei», garantire l’inclusione degli africani nei processi decisionali e considerare attentamente temi come il cambiamento climatico.

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