Qualcosa si muoveIl piano di Joe Biden per arrivare a un grande accordo di pace in Medio Oriente

Il progetto consiste nella normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita, in cambio dell’accettazione di un percorso irreversibile verso uno Stato palestinese e del permesso all’Autorità Palestinese di avere un ruolo nella Gaza post-Hamas. Aumenta la pressione su Netanyahu, nonostante il suo no alla soluzione dei due Stati

AP/Lapresse

Nonostante l’opposizione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente americano Joe Biden intende continuare a promuovere un grande accordo in Medio Oriente dopo la guerra a Gaza, con la speranza che possa realizzarsi prima delle elezioni di novembre 2024 negli Stati Uniti.

Secondo quanto riporta Axios dopo aver sentito alcuni funzionari americani, il piano consiste nella normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita, in cambio dell’accettazione di un percorso irreversibile verso uno Stato palestinese e del permesso all’Autorità Palestinese di avere un ruolo nella Gaza post-Hamas.

Gli israeliani non sono pronti ad accettare un accordo come questo in tempi brevi. Netanyahu ieri ha ribadito il suo no alla soluzione dei due Stati e che non accetterà compromessi sul suo piano, che prevede il controllo dell’intera area a ovest del fiume Giordano, «inconciliabile con uno Stato palestinese».

Ma alla fine, secondo le fonti ufficiali americane sentite da Axios, Tel Aviv potrebbe accettare a fronte dell’incremento della pressione statunitense, internazionale e anche interna.

Domenica sera decine di persone si sono radunate a Gerusalemme sotto la casa di Netanyahu per chiedere di trovare un accordo sul rilascio degli ostaggi israeliani detenuti nella Striscia di Gaza da Hamas. La protesta è cominciata dopo che Netanyahu ha detto pubblicamente di non voler cedere alle richieste di Hamas per arrivare a un nuovo accordo sulla liberazione degli ostaggi, come quelli che avevano permesso negli scorsi mesi che decine di persone venissero riportate in Israele.

Biden dal canto suo deve sfruttare e intensificare questa pressione, senza però alienare gli ebrei americani filo-israeliani in patria. Il suo piano, certo, non è un modo per porre fine alla guerra. È più mirato a impostare ciò che verrà dopo la guerra. L’amministrazione americana, tra cui il segretario di Stato Tony Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan, al World Economic Forum di Davos hanno espresso il proprio pensiero in maniera chiara, nel tentativo di spingere l’opinione mondiale verso una soluzione per l’intera area.

Biden sarebbe sempre più frustrato dal rifiuto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di impegnarsi su come ricostruire e gestire Gaza una volta finito di tentare di decapitare Hamas. Bibi ha pubblicamente promesso di opporsi a qualsiasi accordo che preveda il controllo dell’Autorità Palestinese sulla Striscia.

Motivo per cui i funzionari statunitensi stanno lavorando con e intorno a Netanyahu per concludere un grande accordo e stabilizzare finalmente la regione. Secondo questo accordo, Gaza dovrebbe essere gestita da una «Autorità Palestinese rivitalizzata», con una nuova formale alleanza israelo-saudita che potrebbe aiutare a stabilizzare l’intera regione.

L’ambasciatore saudita negli Stati Uniti, la principessa Reema bint Bandar Al Saud, ha detto che qualsiasi potenziale accordo di normalizzazione con Israele sarebbe condizionato però al cessate il fuoco a Gaza e alla creazione di un percorso «irrevocabile» verso uno Stato palestinese.

Biden ha parlato con Netanyahu venerdì scorso per la prima volta in 27 giorni. Dopo la telefonata, il presidente americano ha detto che non pensa che una soluzione a due Stati sia impossibile mentre Netanyahu è al potere e ha sottolineato che il premier israeliano non è contrario a qualsiasi soluzione a due Stati. Ma il giorno successivo, Netanyahu ha corretto Biden e ha fatto sapere di aver detto al presidente americano che, dopo aver distrutto Hamas, Israele dovrebbe avere avere il pieno controllo della sicurezza su Gaza. Il percorso è ancora lungo.

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