I vertici israeliani attendono la sentenza provvisoria della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja. Il tribunale si esprime sulle misure di emergenza contro Israele, in seguito alle accuse presentate dal Sudafrica. La posizione di Pretoria è che l’azione militare di Tel Aviv nel conflitto contro Hamas a Gaza costituisce a tutti gli effetti un genocidio. Lo stato ebraico ha respinto fin dal principio con vigore queste accuse. Le ha definite grossolanamente distorte e ha chiesto dunque di archiviare il caso.
Tuttavia la Corte Suprema delle Nazioni Unite ha dichiarato che la risposta è nelle mani di un collegio di diciassette giudici che la renderà nota entro breve. Resta comunque chiaro che Il tribunale dell’Aia potrà emettere soltanto una sentenza provvisoria sul caso. Questo significa che non affronterà la questione principale, ovvero non si avrà un parere autorevole sul fatto che Israele stia commettendo o meno un genocidio. Il tribunale esaminerà l’opzione di adottare misure di emergenza. Qualcosa che somiglia molto a un “ordine restrittivo”, insomma, per evitare che la controversia peggiori mentre il tribunale esamina l’intero caso. E sappiamo che, di solito, la pratica richiede anni.
Ma le sentenze della Corte internazionale di Giustizia pur essendo giuridicamente vincolanti e senza appello, non possono essere comunque applicate dai tribunali. C’è poi da dire che Israele non è membro della Corte internazionale di Giustizia e non ne riconosce la giurisdizione. È però anche firmatario della Convenzione di Ginevra che attribuisce alla stessa Corte dell’Aia la giurisdizione sulle violazioni della convenzione.
Anche la Corte penale internazionale sta indagando sia su Israele sia su Hamas per crimini di guerra. Anch’essa ha sede all’Aia ma non è un organo dell’Onu come la Corte internazionale di Giustizia. Si tratta infatti di un tribunale penale che persegue singoli individui. Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha fatto una prima visita in Israele e in Cisgiordania il mese scorso, al termine della quale ha detto che un’indagine da parte su possibili crimini da parte dei terroristi di Hamas e dell’Idf “è una priorità” per il suo ufficio.
Durissimi i giudizi di questi giorni sui media. Joshua Muravchik, autore di Making David Into Goliath: How the World Turned Against Israel in una analisi sul Wall Street Journal smonta le accuse sudafricane e si scaglia contro il mito di Madiba: «L’African National Congress ha smantellato il male dell’apartheid senza grandi spargimenti di sangue, soprattutto grazie a Nelson Mandela. Ma nonostante tutta la sua grandezza in patria, Mandela era ipocrita quando si trattava di altri paesi. Era amico del tiranno megalomane della Libia, Gheddafi, e sosteneva altri dittatori brutali come Fidel Castro di Cuba e Robert Mugabe dello Zimbabwe. Ha venduto armi al siriano Hafez al-Assad e ha coltivato un legame con Yasser Arafat dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina».