Più dei sondaggi, a un giorno dalle elezioni taiwanesi (sabato 13 gennaio), contano i follower sui social. È questa la sintesi dell’ondata di “socialismo reale” il cui significato non è propriamente quello che immaginava la Cina per quella che considera una sua provincia, da riannettere al più presto.
Le elezioni di sabato portano alle urne 19 milioni di cittadini di Taiwan per scegliere il loro prossimo presidente. Si tratta di una delle contese più aspre dai tempi delle prime elezioni nell’isola indipendente. Era il 1996 e se lo scenario politico si sta ora scaldando nuovamente è anche perché le elezioni legislative, altrettanto incerte, si terranno il lo stesso giorno.
Fino a pochi giorni fa i favoriti per la presidenza erano Lai Ching-te del Partito Democratico Progressista (DPP), al potere da otto anni, e Hou You-yi del Kuomintang (KMT). Ma grazie a potenti azioni sui social media adesso è entrato in gioco Ko Wen-jiee con il suo milione e centomila follower su Instagram e il suo Partito Popolare di Taiwan (TPP), fondato nel 2019.
I due sfidanti principali si sono impegnati in mesi di campagna pre-social: furgoni addobbati, bandiere, propaganda porta a porta nelle periferie. E ora stanno cercando di correre ai ripari. Lai Ching-te è un politico navigato e ha puntato tutto su uno stile elettorale filoamericano. Infatti si fa chiamare William e nel suo programma ha infilato Hsiao Bi-khim, per tre anni l’ambasciatrice di fatto negli Stati Uniti per questo finita nella black list di Pechino. Hou You-yi del Kuomintang (KMT) è un ex poliziotto, spaccone e piuttosto disponibile al dialogo con Pechino. Ha abbracciato uno stile populista che fa leva sulla promessa di un benessere che arriva grazie ai turisti cinesi e agli imprenditori self made men che fanno affari con Xi Jinping.
E poi c’è Ko, l’outsider. Ex chirurgo e influencer, ha scarsa esperienza politica. Ama fare battute volgari, segue una linea politicamente scorretta ed è bravo a provocare. È il candidato che non è più possibile sottovalutare che sta solleticando la pancia del suo Paese, e somiglia a quello che da noi sarebbe chiamato un leader anticasta.
Conosciuto come Ko-P o Professor Ko, è attivo anche su Youtube (1 milione di abbonati) e supera di molto i canali social degli avversari: Lai del DPP ha centosettantunomila follower, mentre Hou del KMT non arriva a centomila. Ko usa le reti sociali per lanciare messaggi dirompenti rispetto agli altri due: se il DPP inquadra il voto come scelta tra democrazia e autocrazia e il KMT sostiene che i risultati di queste elezioni sono una faccenda di guerra o pace, Ko fa il rottamatore e afferma che l’elezione è una competizione tra nuova politica e vecchie forze.
Ko è riuscito a fare molto chiasso nell’arena politica, che si è polarizzata. Da una parte i suoi sostenitori che lo definiscono pragmatico e flessibile, dall’altra chi lo bolla come un populista superficiale. Di fatto gli analisti lo descrivono come un tecnocrate della terza via che ha interrotto il duello. Nel 2014 era sostenuto dal DPP, poi ha preso parte al movimento Sunflower, che protestava contro un accordo commerciale con la Cina. È infine stato sindaco di Taipei dal 2014 e il 2022. In questi anni ha agito soprattutto per dare impulso all’economia. Ma il suo successo principale è aver sedotto gli elettori più giovani. E bisogna considerare che a Taiwan un quarto degli elettori hanno meno di quarant’anni. E sembrano divertiti dalle gaffe continue del Professore che non lesina commenti misogini, body shaming e che scherza pubblicamente sul cancro alla prostata.