Se il 17 gennaio è la data che segna l’inizio del Carnevale in Italia, con l’avvio dei festeggiamenti e dei falò in onore di sant’Antonio Abate, lo stesso santo e la stessa data simboleggiano anche un’altra tradizione cara al Bel Paese: la pizza. Il 2017 è stato l’anno in cui l’Unesco ha riconosciuto l’arte del pizzaiolo come patrimonio immateriale dell’umanità. E da quella data si festeggia, nonostante la pizza sia tutelata già dal 2010 con il marchio Stg (Specialità Tradizionale Garantita), che mira a dare un riconoscimento a quei prodotti tipici realizzati con metodi di produzione precisi e puntuali. E se una data doveva essere scelta per inneggiare a uno degli alimenti più amati e consumati al mondo, questa non poteva essere altro che il 17 gennaio, giorno dedicato proprio al santo protettore di fornai e pizzaioli.
Sesta candelina, quindi, per il World Pizza Day, che celebra il prodotto simbolo dell’Italia, scevro da ogni tipo di crisi, ma che anzi continua ad essere ancora colonna sicura del nostro sistema economico, dando lavoro a circa duecentomila persone, tra dipendenti a tempo pieno e addetti nei fine settimana, secondo quelli che sono i dati elaborati da Ipsos e Coldiretti su base Istat.
Un giro di affari da più di quindici miliardi di euro, che comprende ogni variante della pizza, da quella surgelata a quella d’alta cucina, con duecento milioni di farina utilizzata e un aumento sul carrello della spesa pari al sette per cento, contro il dieci per cento degli altri prodotti che incidono sulle abitudini alimentari.
Numeri che fotografano un consumo della pizza senza inflessioni, ma che anzi continua a crescere, forse per la praticità dell’alimento o forse anche per il prezzo, che consente ancora di potersi nutrire a costi contenuti, se non si considerano le pizzerie di alta fascia o le pizze cosiddette “gourmet”. Stessa situazione favorevole è registrata anche dal Campionato Mondiale della Pizza, che quest’anno giunge alla sua trentunesima edizione, dal 9 all’11 aprile al Palaverdi di Parma, e ha deciso di mettere nero su bianco i dati relativi al settore, dopo un triennio non positivissimo dovuto alla pandemia: il venti per cento delle nuove aperture nella ristorazione sono pizzerie e l’andamento economico è finalmente in crescita.
E non siamo il solo Paese al mondo ad amare e consumare la pizza: ovunque la si ama, la si cerca e la si prepara. Certo, magari con abbinamenti insoliti, per cui qui storceremmo il naso, ma se anche Gino Sorbillo ha deciso di portare a Milano la pizza spauracchio (degli italiani), quella all’ananas, allora possiamo affermare con tranquillità che siamo davvero di fronte all’alimento più apprezzato da tutti, senza distinzione di luogo o di differenze sociali e demografiche. Nonostante altri dati e altre ricerche raccontano di un’Italia quasi tradizionalista quando si parla di pizza: uno dei principali attori del settore delivery ci dice infatti che il podio della classifica nazionale è dominato da tre grandi classici: margherita, diavola e capricciosa.
Vero è che negli anni le cose sono cambiate in modo radicale e l’esperienza in pizzeria si è trasformata in qualcosa di diverso dal classico appuntamento a tavola del sabato sera tra amici. Ora più che mai si gioca con gli impasti e soprattutto con i topping, che diventano protagonisti di pizze gastronomiche e idee creative. Ecco quindi che gli eventi da dedicare al World Pizza Day 2024 fioccano e riempiono occhi, pancia e nuove proposte. Come il primo appuntamento dell’anno per l’Avpn (Associazione Verace Pizza Napoletana), che festeggia quarant’anni anni di storia con la quarta edizione di “Vera Pizza Day” e una serie di masterclass online per scoprire i tanti volti di questo prodotto e divulgare la pizza napoletana nel mondo, dall’Australia al Perù, passando per la Cina e l’Egitto.
Pizze d’autore
D’altronde però è da un po’ che gli chef sono entrati in pizzeria o i pizzaioli si sono messi addosso la giacca dello chef. I ruoli si confondono, fino a perdere i contorni, per realizzare un concetto di pizza, che spesso è molto lontano da quello che conosciamo. Michelangelo Mammoliti, ad esempio, nel suo La Rei Natura a Serralunga d’Alba, per l’occasione ha scelto di rivisitare la pizza in chiave dolce, con la pasta fillo a prendere il posto del classico impasto, farcita con una spuma di mozzarella di bufala, ricoperta di pomodori Piccadilly e albicocche confit, insieme alle polveri di carruba e di pane bruciato, accompagnata da un sorbetto di pomodori alla brace con un croccante di pane.
A Milano, Danilo Brunetti di Giolina, fiore all’occhiello dell’imprenditrice Ilaria Puddu, mette in campo due proposte che vedono il carciofo come protagonista indiscusso. Una pizza al padellino farcita con questo ortaggio re della stagione fredda in tre diverse consistenze (in crema, alla romana e fritto), pomodori secchi e caciocavallo. La seconda rende omaggio al veganuary, il mese dedicato all’eliminazione di prodotti di origine animale, con la stessa pizza, ma senza il caciocavallo e con datterini rossi semi dry, polvere di olive nere caiazzane e prezzemolo.
Stesso discorso improntato sulla sostenibilità anche per PIZZIUM, catena che per festeggia con la “Pizza Speciale Veganuary”, a base di pomodori pelati, copertura di “Pizziumella” (alternativa vegana alla mozzarella realizzata con mandorle, anacardi e fibre), e impreziosita da granella di castagne e funghi chiodini.
Rubik is the new black: ormai tutto ciò che può essere mangiato sta abbandonando la sua forma originaria per darsi a geometrie più squadrate. Dopo l’egemonia, infatti, del croissant cubico della Farmacia del Cambio di Torino, sono molti i prodotti tradizionali che stanno virando verso questa dimensione. Così è anche per San Biagio – Pizza & Bolle di Mauro Pedone che per questo World Pizza Day 2024 ha deciso di realizzare un cubo di pizza con una doppia cottura, ripieno di Amatriciana.
Paese che vai, pizza che trovi: questo è forse tra gli alimenti più antichi al mondo, anche se oggi riconosciamo come tale solo quella che ha determinate caratteristiche. Vero è che ovunque, da sempre, farina e acqua trovano (e hanno trovato) un loro legame speciale. Come nel lahmacun turco, diverso sulla carta dalla nostra pizza, ma che in qualche modo la ricorda.
Ecco perché Marco Ambrosino del Sustanza di Napoli è partito proprio da questa specialità ottomana per trasformarla in qualcosa che strizza l’occhio ai sapori orientali. Un pane kosho (una base di pane raffermo, fatto fermentare con spore a cui vengono unite bucce di agrumi e peperoncino) servito con agnello cotto nel mirto e condito con le sue ossa, accompagnato da una focaccia al carbone con ragù bianco di interiora di agnello, piatto di salagioni di ritagli d’agnello (salame di pecora, agnello al sommacco, carré di agnello stagionato, ’nduja di agnello) insieme a cetriolo fermentato e un fico in conserva sott’aceto.
Sapori forti e decisi come quelli che troviamo anche nella pizza di Alberto Farina, che nella sua pizzeria omonima, a Fermo, offre “Quella co la salsiccia de fegato”, per dirla alla marchigiana. Fiordilatte, finocchi gratinati alle erbe aromatiche, salsiccia di fegato, ricotta mantecata allo zeste di arancia e polvere di oliva tenera ascolana: un assolo innamorato verso un territorio e i suoi prodotti.
Altro versante, altre specialità regionali sono quelle della Sardenaira, pizza che Enrico Marmo nel “Balzi Rossi” di Ventimiglia sceglie di portare a tavola per questo Pizza Day. Salsa di pomodoro, olive taggiasche, capperi, cipolle, acciughe, origano: una sinfonia di specialità liguri, che fanno da contorno a una focaccia lievitata per ventiquattr’ore e farcita con il condimento dalla consistenza liquida. Un qualcosa di diverso per un alimento che, senza dubbio, rappresenta il cibo da strada preferito in questa zona della costa e in quella dei vicini francesi e che in questo caso si eleva a piatto gastronomico e stellato.
Creatività che fa rima comunque sempre con tradizione quando si tratta invece di Pasquale Tozzi, chef de “Il Pescatore” di Gardone Riviera, che abbina una pinsa romana, realizzata con un impasto ad alta idratazione e farina Pasini Primitiva, con la passata di pomodori San Marzano, mozzarella di bufala e basilico.
O come fanno Francesco e Salvatore Salvo, che, nelle loro due pizzerie di San Giorgio Cremano e a Napoli, festeggiano il World Pizza Day e sant’Antonio Abate con il simbolo della tradizione napoletana: la Cosacca. Pochi ingredienti, che però stanno lì pronti a raccontare un’identità visiva e di gusto: pomodorino di Corbara, pecorino bagnolese, olio extravergine d’oliva e basilico.