Le elezioni europee si avvicinano e il gruppo politico liberale Renew Europe, nato nel 2019 dopo l’adesione de La Republique En Marche del presidente francese Emmanuel Macron, si trova in difficoltà. Renew è la terza formazione più consistente al Parlamento Europeo, dove può contare su centouno scranni, ma i sondaggi prevedono una flessione alle consultazioni del prossimo giugno e indicAnoche potrebbe venire superato sia dal gruppo di estrema destra di Identità e Democrazia (ID) che dai nazionalisti Conservatori e Riformisti (ECR). L’ascesa degli estremismi in diverse nazioni del Vecchio Continente ha messo in difficoltà i liberali che devono anche guardarsi le spalle in casa propria. Tra i membri di Renew c’è, infatti, il partito ceco Ano e il movimento sta assumendo posizioni divergenti rispetto a quelle del gruppo politico europeo.
Andrej Babis, ex primo ministro della Repubblica Ceca e leader di Ano, ha adottato una linea anti-europeista dopo aver perso il potere nel 2021 ed è arrivato ad accusare la Commissione europea di sfruttare il proprio peso economico per influenzare i risultati elettorali negli Stati membri. Ano ha aderito da tempo all’Alleanza dei Democratici e Liberali Per l’Europa (Alde), che nel 2019 si è affiliata a Renew e una fonte anonima che si occupa del problema, sentita da Euractiv, ha chiarito come l’eventuale espulsione del partito dal gruppo parlamentare sia «un tema così sensibile che debba essere deciso dall’Alde» prima che Renew possa prendere una posizione in materia.
Una rottura con Ano potrebbe avere conseguenze per il gruppo liberale perché il partito ceco è in testa ai sondaggi nel proprio Paese e porterebbe in dote ben sei o sette seggi dopo le consultazioni di giugno. Non un’enormità ma nemmeno un numero trascurabile date le cattive acque in cui potrebbe venirsi a trovare. La coerenza ideologica rischia, quindi, di trasformarsi in un clamoroso autogol ma l’alternativa è quella di una convivenza complessa.
Babis è stato soprannominato «il Trump ceco» per le tendenze populiste e perché è a capo di un impero economico. La duplice sconfitta elettorale, subita alle elezioni legislative del 2021 e alle presidenziali del 2023, non ha indebolito la figura di Babis e nemmeno quella di ANO. Il partito è al primo posto, per numero di seggi, nel Parlamento ceco e guida l’opposizione al governo (parzialmente) europeista di centrodestra che si è insediato dopo le consultazioni. L’ultima crociata di Babis, che sino ad alcuni anni fa soleva indossare un cappellino rosso in pieno stile trumpiano con scritto «Strong Czechia», è quella contro l’introduzione del voto postale voluto dall’esecutivo (e nel recente passato proposto anche dal suo governo).
L’ex primo ministro ha dichiarato che il voto postale rischia di provocare frodi, che costituisce una minaccia alla democrazia ed ha accusato l’esecutivo di voler provare a rubare i voti. Babis ha chiesto che venga indetto un referendum per provare a fermare questa e altre proposte di legge, come quelle in favore dell’accettazione dei migranti, dell’abolizione del diritto di veto in sede comunitaria e per la potenziale introduzione dell’euro come valuta nazionale.
Lo scienziato politico Lubomir Kopecek ha spiegato a Politico che la richiesta di un referendum « è irrealistica perché bisognerebbe cambiare la legge costituzionale per metterla in pratica», ma «è parte di un’ottima campagna pre-elettorale e il perché è chiaro dato che i partiti di governo sono divisi sull’accettazione o meno dell’euro».
Lo scienziato politico Ladislav Mrklas ha invece chiarito a Politico come «ci sia una chiara ispirazione a Trump» e come «Ano negli ultimi mesi ha radicalizzato la propria retorica per provare a sottrarre voti al [partito di estrema destra] SPD». Secondo Mrklas «la simbolicità di mettere in dubbio la coalizione al potere e dipingerla come nemica della democrazia è qualcosa che vediamo negli Stati Uniti e Anone trae ispirazione…in particolare ora prima delle elezioni europee».
La linea d’azione adottata da Ano è diversa da quelle di altri partiti che fanno parte di Renew, come il Partito Liberale Democratico (Fdp) che in Germania governa con socialdemocratici e Verdi oppure come i fedeli europeisti di Renaissance e del Partito Democratico lussemburghese, e non è chiaro come si riuscirà a trovare una sintesi all’interno del gruppo parlamentare quando si tratterà di seguire una linea coerente durante le votazioni in Assemblea.
Il caso sembra ricordare quanto accaduto a Fidesz e al Partito Popolare europeo. Il movimento ungherese, guidato dal premier Viktor Orban, ha lasciato i popolari dopo anni di aspri dibattiti e dopo che i rapporti bilaterali eranoai minimi storici. Euronews ricorda come molti dei suoi ex alleati lo avevAnocriticato per la svolta antidemocratica e per aver minacciato lo Stato di diritto in Ungheria. Orban ha poi annunciato, parlando con i giornalisti di Repubblica e La Stampa la notte prima del Consiglio Europeo straordinario del primo febbraio 2024 e come riportato da EuNews, che «sì, siamo pronti ed entreremo» nel Partito dei Conservatori e Riformisti Europei. La cacciata di Fidesz dal Ppe doverosa per quanto riguarda la coerenza interna e le diversità di vedute con il centrodestra moderato, finirà così per rafforzare un movimento euroscettico e ostile a un ulteriore rafforzamento dei poteri comunitari.