Sabato scorso è stato pubblicato sui social dell’Associazione Palestinesi in Italia (Api), che fa capo a Mohammed Hannoun, uno dei vertici di Hamas in Italia, un video in cui il cantante milanese Ghali viene omaggiato di una targa e di alcuni doni per il suo impegno in favore del popolo palestinese e per aver lanciato con durezza l’accusa di genocidio dal palco dell’Ariston nei confronti di Israele.
Ghali nel video si dice commosso per il riconoscimento e spera di incontrare presto i vertici dell’associazione, che nel video è rappresentata da due militanti pro-Hamas protagonisti dei cortei milanesi di questi mesi.
Il cantante milanese già nei giorni prima della kermesse canora aveva incontrato l’attivista Karem Rohana, che sul suo profilo Instagram macina contenuti e follower in cui si teorizza la necessità della fine dello Stato Israele. La kefiah che Ghali ha indossato durante Sanremo è stata donata da Rohana.
Insomma, una coerenza rocciosa quella del cantante, che cozza però con i suoi impegni commerciali: la Warner che distribuisce i lavori di Ghali, infatti, fu fondata proprio da quattro fratelli ebrei di origine polacca che successivamente al secondo conflitto mondiale ebbero un ruolo importante nel sostegno alla nascita dello Stato di Israele.
La sacrosanta libertà di Ghali di pensarla come vuole non va toccata, anzi, sarebbe bello discutere di tutti i temi sollevati in modo così netto in sedi migliori, fuori dalla polarizzazione televisiva, tuttavia sulle frequentazioni sarebbe il caso di un maggiore approfondimento.