La giornata mondialeL’impegno di Incyte per trovare una cura alle malattie rare

La società biofarmaceutica reinveste il settantacinque per cento del suo fatturato in ricerca e sviluppo. Investimenti che si traducono in Italia in sessanta studi clinici autorizzati, oltre quattrocento centri coinvolti, più di seicentocinquanta pazienti arruolati e nuove soluzioni terapeutiche per i bisogni non corrisposti dei pazienti

La giornata mondiale delle malattie rare offre un’occasione speciale per promuovere il confronto e il dialogo tra i diversi attori coinvolti nella gestione di queste patologie: i pazienti e le associazioni che le rappresentano, i clinici, le istituzioni e anche aziende come la nostra, fortemente impegnate sul fronte della ricerca. Oggi soltanto per il sei per cento delle persone con una malattia rara esiste una cura: la ricerca è fondamentale per portare ai pazienti nuove soluzioni e l’Italia può giocare un ruolo cruciale da questo punto di vista: lo scorso anno in Europa sono stati realizzati all’incirca undicimila progetti di ricerca, che hanno riguardato oltre quattromila malattie rare. Circa il dieci per cento di questi progetti vedevano protagonisti i ricercatori italiani: siamo al quarto posto dopo gli Stati Uniti, la Francia e il Canada.

Ma guai ad accontentarsi: la filiera della ricerca e in particolare il settore biotech – che più di tutti gli atri investe in R&D in Europa – è lontana dall’esprimere al massimo il proprio potenziale. In queste settimane, il Parlamento europeo sta vagliando la proposta di revisione della legislazione farmaceutica presentata dalla Commissione europea lo scorso aprile. Una revisione necessaria – le norme che regolano lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci per malattie rare risalgono a venti anni fa – ma che rischia di minare il delicato equilibrio tra investimenti, ricerca e sostenibilità del settore. La capacità dell’Unione Europea di continuare a generare innovazione è fortemente legata alla competitività. Cina e Stati Uniti corrono e sono sempre più in grado di attrarre investimenti in Ricerca mentre l’Europa, con l’eventuale entrata in vigore delle nuove norme europee così come sono proposte, potrebbe essere penalizzata.

La società biofarmaceutica Incyte fa la sua parte reinvestendo in Ricerca e Sviluppo il settantacinque per cento del suo fatturato: investimenti che si traducono, in Italia, in sessanta studi clinici autorizzati, oltre quattrocento centri coinvolti, più di seicentocinquanta pazienti arruolati e – soprattutto – in nuove soluzioni terapeutiche per i bisogni non corrisposti dei pazienti. Soltanto negli ultimi mesi dello scorso anno hanno messo a disposizione dei pazienti due nuovi farmaci in patologie per le quali non si registravano novità da diversi anni e a livello globale, da qui al 2030 conta di portare al letto del paziente dieci nuovi farmaci ad alto impatto.

Infine, quando si parla di malattie rare c’è un altro ostacolo che troppo spesso impedisce un accesso tempestivo alle terapie che la ricerca mette a disposizione: diagnosticare una patologia rara non è sempre facile per questo garantire la possibilità di effettuare screening adeguati – genetici, genomici, molecolari – in tutto il territorio nazionale è fondamentale. La politica sembra cominciare a comprendere l’importanza di assicurare l’accesso a questi innovativi strumenti di diagnosi ma troppo spesso, ancora oggi, l’attuazione a livello regionale è resa difficile dalla burocrazia, dall’iper-frammentazione delle responsabilità e dalla mancanza di omogeneità normativa.

La giornata mondiale delle malattie rare deve quindi essere anche l’occasione per riflettere sugli ostacoli e sulle leve che abbiamo a disposizione per promuovere la ricerca e per garantire a tutti coloro che ne hanno bisogno un accesso equo e tempestivo ai suoi frutti. Non c’è innovazione senza ricerca, ma l’innovazione ha senso di esistere solo se può arrivare dove serve.

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