La lettera dal carcereMeloni ha incontrato Orbán a Bruxelles per trovare una soluzione sul caso di Ilaria Salis

Mentre in Italia deve gestire gli attacchi di Salvini contro l’attivista antifascista, in Europa la premier prova a trattare su una struttura carceraria migliore in cui far scontare l’eventuale pena detentiva. Ma c’è anche l’ipotesi di una condanna rapida per far scattare subito l’espulsione

Murales di Laika per Ilaria Salis (La Presse)

La premier Giorgia Meloni ha incontrato il premier ungherese Viktor Orbán a Bruxelles, dove si tiene oggi il Consiglio europeo straordinario, per discutere della situazione dell’attivista antifascista italiana Ilaria Salis, in carcere a Budapest con l’accusa di lesioni aggravate. I due, racconta Repubblica, si sono visti mercoledì sera intorno alle 23 all’hotel Amigo. Il faccia a faccia è arrivato dopo un giorno di tensione, in cui Budapest ha ribadito le ragioni dell’arresto e insistito sulla linea dura. Proprio quando è stata diffusa la lettera scritta da Ilaria Salis al suo avvocato sulle condizioni disumane della detenzione.

Per Meloni, il duro compito del pressing diplomatico, dopo aver sentito al telefono Orbán per due volte. Mentre in Italia deve gestire gli attacchi di Matteo Salvini alla cittadina italiana. Secondo il ministro delle Infrastrutture, Salis «deve essere processata in Ungheria».

Salvini a parte, il dossier è molto delicato. Anche perché Orbán entrerà dopo le elezioni europee nella famiglia europea dei Conservatori. Ma nello stesso tempo, il leader di Fidesz continua a irritare le altre Cancellerie Ue ponendo veti, osteggiando il sostegno militare all’Ucraina e incontrando gli agricoltori che bloccano Bruxelles per protestare contro il Green deal agricolo.

«Salis in catena? In Ungheria tutti vengono trattati allo stesso modo», ha detto Orbán lasciando l’hotel Amigo. «Comunque il sistema giudiziario non dipende dal governo, ma dal Parlamento. Quello che ho potuto fare stasera è raccontare tutti i dettagli a Meloni sulla detenzione. E posso inoltre esercitare una influenza perché abbia un equo trattamento».

L’ipotesi è che si stia trattando su struttura carceraria migliore in cui immaginare di far scontare l’eventuale pena detentiva. È l’obiettivo minimo a cui lavora la Farnesina in queste ore, per evitare che Salis si ritrovi in un carcere troppo duro o poco attento agli standard minimi per un detenuto.

Ma, secondo La Stampa, la strategia a cui da Roma stanno lavorando al ministero degli Esteri e della Giustizia è come puntare a ridurre i tempi del processo, per arrivare alla sentenza il prima possibile, e ottenere poi – in caso di condanna – un decreto di espulsione che riporti Ilaria in Italia. Meloni ne ha accennato a Orbán, facendo notare quanto si siano dilatati i tempi, visto che la prossima udienza è fissata a maggio, e Ilaria si trova in prigione dal febbraio 2023.

L’espulsione è uno dei principali scenari possibili, come ha fatto chiaramente capire ieri Tajani: «L’estradizione è impossibile perché non ha ricevuto condanne in Italia. Può essere espulsa dall’Ungheria in caso di condanna». Oppure, se l’autorità giudiziaria ungherese decide di metterla agli arresti domiciliari «su richiesta del suo avvocato, dagli arresti domiciliari in Ungheria si può passare agli arresti domiciliari in Italia. Ma non si può passare dal carcere in Ungheria ai domiciliari in Italia».

Nel governo hanno visto e rivisto il video usato dai giudici ungheresi come prova contro Ilaria. L’accusa parla di un’aggressione di nove manifestanti antifascisti contro un neonazista. Con lei sono coimputati due tedeschi e tutti sono considerati membri della cosiddetta Banda del Martello (Hammerbande), gruppo di assalto contro militanti fascisti e skinhead.

Un irrigidimento di Orbán, secondo Meloni, potrebbe essere controproducente. E allora, sostiene, meglio muoversi sfruttando i buoni rapporti personali, come ha fatto con il presidente egiziano Al-Sisi per arrivare alla liberazione di Patrick Zaki.

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