Cessate lo sproloquioIl disgustoso antisemitismo delle piazze italiane pro Hamas

La gran parte dell’opinione pubblica è rimasta impassibile di fronte all’oratoria nazi-pacifista e nazi-comunista dei manifestanti che questi giorni hanno definito il pogrom del 7 ottobre «un tentativo di evasione dal carcere di Gaza»

LaPresse

Le manifestazioni per la distruzione di Israele e per la caccia all’ebreo lungo tutto il globo terracqueo questo erano, nient’altro che questo, le sfilate dei giorni scorsi “per la pace in Palestina” non rappresentano lo sgradevole ma inevitabile scotto che una democrazia deve pagare per continuare a essere sé stessa: rappresentano invece la prova della corruzione di quella democrazia, l’involuzione che la riduce al guscio di sterili precetti civili e patetiche ambizioni costituzionali che ammanta il gheriglio ormai completamente marcio del Paese com’è davvero.

E non si dica che si tratta di una parte brutta, ma infertile e appunto non rappresentativa, della nostra società. Perché quel che è risuonato nelle piazze filo terroriste non è finito, il giorno dopo, su prime pagine di condanna presso la stampa democratica della Repubblica democratica fondata sulla Costituzione democratica fondata sulla Resistenza democratica, la bella realtà politica e civile ed editoriale che rimane soprappensiero se tanti bravi cittadini «famiglie, mamme coi bambini, ragazzi, pensionati», ci fanno sapere battono le mani quando l’oratore chiude il suo intervento spiegando che «il 7 ottobre è stato un tentativo di evasione dal carcere di Gaza», e cede il posto alla compagna secondo cui il 7 ottobre «ha insegnato a tutto il mondo il significato di “resistenza”».

Né da qualche altra parte, da qualche piazza contrapposta o dalle finestre sotto cui sfilava quella cupa vergogna, veniva anche solo un segno di ripudio. No no no: quelle delizie, in un bel bouquet fatto di «Israele non deve esistere» e «Siamo la forza che schiaccerà Israele», costituivano tutt’al più e perciò erano immeritevoli di riporto, figurarsi di sdegno  le comprensibili intemperanze verbali nel grande movimento democratico che dopotutto non chiede altro che la pace, la pace, la pace, il cessate il fuoco subito, nell’attesa che la questione ebraica due punto zero sia risolta da una nuova Norimberga più appropriata.

E infatti così finisce, presso la stampa democratica eccetera, nonché presso il grosso dell’opinione pubblica impassibile, l’oratoria nazi-pacifista e nazi-comunista che dà la rubrica a quelle manifestazioni: un claim occasionale, alternativamente trascurabile o giustificabile nel quadro di un’istanza complessivamente nobile e sana, mentre nel salotto progressista si borbotta su cosa fare per non perdere troppi voti pro Hamas nella condanna della lettera anonima che preconizza il nome dello scrittore ebreo sulla pietra d’inciampo. E finito il week end di lotta si ritorna al tran tran di un’altra settimana antifascista.

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