«Aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più…», cantava Johnny Dorelli, chiamato da Dio a ripetere le gesta di Noè in vista di un nuovo diluvio universale. Oggi invece “Aggiungi un posto a tavola” è insieme il titolo e lo slogan della nuova iniziativa del ministero delle Imprese e del Made in Italy. E anche questa volta c’è un amico in più pronto a sedersi per un buon pasto, ma è un amico particolare: un bambino.
Ecco allora “Aggiungi un posto a tavola, che c’è un bambino in più”, la proposta che ha già raccolto l’adesione di un migliaio fra ristoranti, pizzerie, agriturismi, bar e trattorie per offrire pasti a prezzi ridotti ai bambini al di sotto dei dieci anni e alle loro famiglie. L’idea è proporre (un giorno alla settimana, dal lunedì al giovedì) menu a prezzo fisso a base di piatti tipici con ingredienti garantiti (a chilometro zero): prodotti di qualità e pietanze capaci di assicurare il giusto apporto nutrizionale ai giovanissimi commensali, a un costo contenuto.
L’obiettivo dichiarato dal ministero è quello di contribuire in maniera concreta ed efficace alla lotta all’inflazione, contenendo i prezzi sempre crescenti che le famiglie si trovano di fronte non solo nei negozi e nei supermercati, ma anche quando decidono di concedersi un momento di serenità attorno al tavolo di un ristorante o di una pizzeria. Per riuscirci basterà puntare su uno dei locali che espongono la vetrofania con il bollino tricolore del governo.
Bambini al ristorante? Sì grazie
Ancora presto per dire se l’iniziativa avrà successo, se potrà portare un piccolo contributo alla riduzione delle spese familiari. Sicuramente però si tratta di una proposta che, volendolo o no, lancia un segnale nettamente contrario a una tendenza che sta prendendo sempre più piede nei locali pubblici, a cominciare proprio da ristoranti e alberghi.
Da tempo la presenza di bambini ai tavoli e nelle camere di hotel viene vista come un elemento di disturbo. I bambini – si dice – danno fastidio, sono rumorosi e maleducati: meglio se non ci sono. Da qui una serie di iniziative a doppio binario: da una parte la creazione di locali riservati ai più piccini, per le loro feste di compleanno o di fine anno scolastico. Dall’altra ristoranti e alberghi che rifiutano apertamente le prenotazioni che comportano la presenza di bambini. Anzi ne fanno addirittura un punto di forza della loro campagna pubblicitaria: una vacanza serena, tranquilla, senza la confusione e il rumore provocato dai bambini. Insomma: ghettizzazione da una parte, esclusione dell’altra.
Come dire: «Che pace, senza bambini tra i piedi!». L’espressione è un po’ brutale, ma sintetica. E d’altra parte è indiscutibile che molti bambini siano rumorosi e maleducati. Piccoli avventori che non sanno come stare a tavola e comportarsi nella sala di un ristorante o nei corridoi di un albergo. Bambini che fanno i capricci e urlano, magari rincorrendosi fra i tavoli.
Ma la soluzione del problema non è certo “condannarli” a mangiare e festeggiare soltanto in locali specializzati, riservati a commensali della loro stessa età, dove è possibile fare di tutto, con assicurata licenza di schiamazzo. Meglio sarebbe educarli a comportamenti adeguati al luogo e alla presenza di adulti. Un obiettivo che in realtà è facilmente raggiungibile se il bambino in questione viene portato a tavola fin da piccolissimo, in modo che possa prendere familiarità con l’ambiente e con il minimo di educazione necessario per condividere un pranzo con altra gente.
L’impresa diventa però molto più ardua se il bambino in questione è stato abituato a fare tutto ciò che vuole in mezzo a suoi coetanei più scatenati di lui. In questo caso però, se si vuol partire con un’operazione di recupero e rieducazione, non è necessario proiettare direttamente il piccolo nella sala di un ristorante iperstellato. Meglio partire da ambienti più familiari e meno esigenti: da una pizzeria o dalla trattoria vicina a casa. Magari da un ristorantino che offre un menu adatto all’età del giovanissimo cliente, realizzato con ingredienti di qualità e offerto ad un prezzo contenuto. Giusto l’identikit di “Aggiungi un posto a tavola, che c’è un bambino in più”.