In un’intervista a Repubblica e ad altri quotidiani internazionali, il premier polacco Donald Tusk dice che «la guerra non è più un concetto del passato», che «ogni scenario è possibile» e che «dobbiamo abituarci mentalmente all’arrivo di una nuova era» e cioè «l’era prebellica». Per questo motivo l’Europa dovrà investire di più nella difesa, ma la priorità adesso è «spendere il più possibile per acquistare attrezzature e munizioni per l’Ucraina, perché stiamo vivendo il momento più critico dalla fine della Seconda guerra mondiale» e se l’Ucraina perderà «nessuno in Europa potrà sentirsi al sicuro».
Comunque la pensiate sul punto, un fatto mi pare degno di nota: tra i politici europei convinti che la via per evitare una terza guerra mondiale sia al contrario il dialogo e il negoziato con Vladimir Putin, ce ne sono ben pochi provenienti dai paesi più vicini ai confini con la Russia, che pure sarebbero i primi a pagare il prezzo di un’eventuale escalation. Anzi, persino quelli tra loro che dal 1945 e attraverso tutta la guerra fredda avevano mantenuto una posizione di neutralità, come Svezia e Finlandia, dopo l’invasione russa dell’Ucraina si sono affrettati a chiedere l’ingresso nella Nato.
Un altro particolare degno di nota mi pare proprio la figura di Tusk, vale a dire il leader europeista che ha sconfitto il partito populista e ultra-cattolico Diritto e giustizia (Pis) in Polonia, che da anni stava cercando di trasformare il paese in un altro esperimento di «democrazia illiberale» sul modello dell’Ungheria di Viktor Orbán (da cui si differenziava esclusivamente nel giudizio su Putin, per le ragioni di cui sopra).
Nonostante il Pis sia il principale alleato di Giorgia Meloni, nell’intervista Tusk ha parole relativamente elogiative per la nostra presidente del Consiglio, proprio per la posizione tenuta sull’Ucraina. Vedremo quanto durerà, specialmente nel caso in cui a novembre a vincere le elezioni negli Stati Uniti dovesse essere Donald Trump. Intanto, le immagini di Ilaria Salis di nuovo esposta in catene in tribunale, dove i giudici ungheresi hanno respinto la richiesta dei domiciliari, ci ricordano di che pasta sono fatti i grandi amici sovranisti di Meloni, che oggi si guadagna anche l’intera prima pagina di Libération. «Coloro che volessero calcolare la profondità dell’abisso in cui sprofonderebbe la Francia se l’estrema destra arrivasse al potere hanno vari scenari possibili da considerare, ma nessuno è più chiaro, minaccioso e immediato della svolta antidemocratica dell’Italia sotto Giorgia Meloni», scrive il giornale della sinistra nel suo editoriale (titolo: «Doppiezza»). Sfortunatamente, in Italia in pochi sembrano avere chiaro il nesso tra l’eventuale vittoria di Putin in Ucraina e i rischi di regressione democratica in Europa, oltre che di escalation militare. E purtroppo da queste parti non si vedono nemmeno molti Tusk all’orizzonte capaci di riunire le forze democratiche e svegliare la nostra opinione pubblica.
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