La Heritage Foundation analizza ogni anno, dal 1995, lo sviluppo della libertà economica nel mondo; la classifica attuale riguarda centosettantasei Paesi e si basa sulla valutazione di dodici indicatori. In relazione all’Italia, lo studio riporta quanto segue: «L’Italia è al trentottesimo posto su quarantaquattro Paesi della regione Europa. L’economia italiana è rimasta impantanata in un prolungato rallentamento. Nonostante i ripetuti tentativi di riforma, la competitività economica si è ridotta. Le necessarie riforme strutturali non sono state attuate in modo efficace e l’economia è ancora gravata da una cattiva gestione delle finanze pubbliche e da altri problemi istituzionali. Il debito pubblico, che supera il centoquaranta per cennto ed è in crescita, mina le prospettive di sviluppo a lungo termine. A causa della complessità del quadro normativo, il settore informale rappresenta ancora una parte significativa dell’attività economica in Italia».
Solo quattro Paesi (Singapore, Svizzera, Irlanda e Taiwan) sono considerati liberi nel senso più completo del termine, mentre ventidue Paesi sono considerati prevalentemente liberi. Gli Stati Uniti sono appena entrati in questo gruppo con un punteggio di 70,1 su cento punti possibili; perdendo altri 0,2 punti, gli Stati Uniti perderebbero lo status di prevalentemente liberi. «Le politiche di big-government hanno eroso i confini del governo», riferisce la Heritage Foundation. «La spesa pubblica continua a crescere e l’onere normativo per le imprese è aumentato. Per riportare l’economia statunitense allo status di libera occorreranno cambiamenti significativi per ridurre le dimensioni e la portata del governo». Nel corso degli anni, la spesa in deficit incontrollata e il debito pubblico hanno accelerato e l’inflazione ha compromesso il funzionamento dell’economia. L’incertezza e le scelte politiche sbagliate hanno lasciato le prospettive economiche degli Stati Uniti in bilico.
Attualmente sono ben quindici i Paesi europei più liberi degli Stati Uniti dal punto di vista economico. La classifica confuta la visione secondo cui gli Stati Uniti sono il Paese del capitalismo puro e che in Europa, soprattutto nei Paesi scandinavi, prevale un sistema che assomiglia alla social-democrazia. Norvegia, Svezia e Danimarca sono tra i dieci Paesi più capitalisti al mondo. Mentre gli Stati Uniti hanno perso quasi sette punti dal 1995, la Svezia ha guadagnato sedici punti nello stesso periodo ed è ora al nono posto; la Danimarca arriva addirittura al settimo.
Rispetto all’anno precedente, ma soprattutto nel lungo periodo (dal 1995), il Vietnam si distingue in modo particolare. Il Vietnam è solo al cinquantanovesimo posto su centosettantasei Paesi, ma sta colmando il divario a passi da gigante: Il Vietnam è salito di tredici posizioni rispetto all’anno precedente, in cui era settantaduesimo. Ho analizzato le ragioni del successo del Vietnam nel mio nuovo libro “Come le nazioni sfuggono alla povertà”. Le riforme dell’economia di mercato avviate dal Vietnam alla fine degli anni Ottanta hanno fatto sì che il numero di persone che vivono in condizioni di estrema povertà sia sceso da quasi l’ottanta per cento ad appena il cinque per cento. Il Vietnam ha ottenuto ottimi punteggi soprattutto nelle categorie “Salute fiscale”, “Spesa pubblica”, “Pressione fiscale” e “Libertà commerciale”, mentre c’è ancora molto da recuperare nelle aree “Integrità del governo” ed “Efficacia della giustizia”.
Il legame tra libertà economica e tenore di vita è confermato dall’analisi della Heritage Foundation. Nei Paesi repressi o prevalentemente non liberi, oltre il quindici per cento delle persone vive in povertà, mentre nei Paesi economicamente liberi la percentuale è inferiore al due per cento. Il Prodotto interno lordo pro capite nei Paesi economicamente liberi ammonta a 103.869 dollari americani, mentre nei Paesi prevalentemente liberi è di 61.052 dollari americani. Nei Paesi considerati prevalentemente non liberi e repressi, invece, è inferiore a undicimila dollari. Anche quest’anno i Paesi meno liberi economicamente sono la Corea del Nord, Cuba e il Venezuela. Esiste anche una chiara connessione tra libertà economica e standard ambientali, come dimostra il confronto tra l’Indice della Libertà Economica e l’Indice di Performance Ambientale: più un Paese è capitalista, più alti sono gli standard di tutela dell’ambiente.