Meloni sul campoLa premier rimprovera Macron e vola in Libano a incontrare Miqati e i militari italiani

Giornate concitate sul fronte medio orientale e, tra incontri e scontri ai vertici, Giorgia entra nei panni di leader europeo e si esercita a portare al tavolo i pezzi da Novanta del Medio Oriente

Giorgia Meloni ha incontrato a Beirut il primo ministro libanese Najib Miqati, proprio mentre Israele colpiva gli Hezbollah in Libano, in un’area non lontana dalla base militare di Naqura, sede del quartiere generale di Unifil. Qui sono di stanza un migliaio di militari italiani. La premier Meloni, che è attesa nella nostra base di Shamaa, ha voluto ribadire a Miqati che «l’Italia continuerà a contribuire alla sicurezza e alla stabilità del Libano, in particolare in questo momento storico». Una nota di Palazzo Chigi spiega anche come «il vertice bilaterale abbia rappresentato l’occasione per portare una concreta vicinanza italiana e un messaggio chiaro sulla necessità di evitare ogni rischio di escalation lungo il confine con Israele». Prima di volare in Libano, la premier italiana è intervenuta per ribadire la propria distanza dalle dichiarazioni di Macron sulla necessità di prepararsi a una possibile guerra europea contro Putin. 

Nelle stesse ore sono arrivati lievi segnali di disgelo tra Israele e Stati Uniti sulla disputa nata a proposito dell’annunciata azione su Rafah. Dall’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu è stato comunicato che l’incontro della delegazione dello stato ebraico con gli Usa sarà riprogrammato. Ad annunciarlo è stata Karine Jean-Pierre, portavoce della Casa Bianca, che ha anche specificato che entrambe le diplomazie stanno lavorando per definire la data. 

A compensare il silenzio del primo ministro, ci ha pensato invece Yoav Gallant, capo del dicastero della Difesa isreaeliana: «Le relazioni tra Israele e gli Stati Uniti sono forti e lo resteranno», ha scritto Gallant su X al termine di una visita a Washington in cui ha incontrato Lloyd Austin, segretario alla Difesa e altri funzionari governativi. «Nei miei incontri ho sottolineato che gli occhi del mondo sono puntati su Israele e che i risultati della guerra condizioneranno la nostra sicurezza nei decenni a venire». 

Nel riaprire la porta allo storico alleato, Gallant ha però anche ribadito con fermezza la visione del governo di cui fa parte: «Non possiamo fare compromessi sull’esito della guerra e non abbiamo il diritto morale di fermarci prima di aver ripreso gli ostaggi e distrutto Hamas».

Non sembrano quindi giunte al termine queste lunghe e concitate giornate che hanno dominato il Medio Oriente: veti incrociati, minacce delle parti in guerra e interruzioni di ogni dialogo. Anche Hamas ha alzato i toni, pubblicando un video di Mohammed Deif, il leader delle Brigate Qassam. Lo si sente fare appello alle masse arabe e palestinesi affinché parta una massiccia «marcia verso la Palestina». Le parole di Deif, affidate a Telegram, recitano: «Cominciate adesso, non domani, il viaggio verso la Palestina e non lasciate che restrizioni, confini o regolamenti vi privino dell’onore di partecipare alla liberazione della Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme».

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