Davide Longoni è ormai diventato una figura imprescindibile per parlare di pane in Italia. Non solo per la qualità del prodotto che ha saputo creare e perfezionare negli anni, ma per l’insieme di piccole rivoluzioni progressivamente messe in atto. Davide è forse l’artiginano che più ha cambiato l’impostazione di questa professione, agendo direttamente sulla filiera, sull’attitudine del consumatore, sugli aspetti nutrizionali e alimentari di un prodotto culturalmente così universale e così importante.
Oggi quest’azienda conta almeno settanta dipendenti cercando, laddove c’è corrispondenza e risposta, di sviluppare nei giovani più determinati qualcosa di nuovo. Un pensiero, un’azione, un prodotto. Davide Orlando, ad esempio, è l’artefice della michetta. Dopo anni passati a promuovere il ritorno al grande formato da più chili, il pane agricolo, si è deciso di riscoprire anche un vecchio pane comune quale la michetta. Oggi la trovate farcita dei migliori salumi italiani e preparazioni vegetali come snack da passeggio, pausa pranzo veloce, boccone goloso ed è stato particolarmente laborioso e lungo il processo di perfezionamento. «La farina è importante, si parla pressoché sempre solo di mulini, macinazioni, grai. Quello che però andrebbe evidenziato, prima di ogni altro aspetto, è che il pane è un fermentato. La parte più marcante di questo prodotto, dal sapore alle sue caratteristiche intrinseche risiede proprio nei lieviti».
Quando pensiamo che il pane sia il prodotto più naturale e in qualche modo più semplice possibile in realtà «è quanto di più innaturale possa esistere» afferma Longoni. Non è certo l’unione di acqua e farina, il pane è il punto di contatto tra l’agricoltura e l’essere umano. In occasione del XIX congresso Identità Milano 2024 promosso da Identità Golose e Magenta Bureau, Longoni ha tenuto una degustazione di lieviti, anziché di pane e focacce. Per capire cosa mangiamo occorre infatti partire dalla base e chiaramente quando si parla di pane questa parte del racconto viene omessa perché troppo tecnica, di per sé poco affascinante.
Eppure, nel morso di un pane buono arrivano il sapore del grano ma anche tutta la fragranza, l’umidità e la consistenza guidate dalla scelta del lievito. A seconda della tipologia di prodotto che si vuole andare a creare si sceglierà un prodotto differente. La pasta madre è in qualche modo il simbolo della rivoluzione firmata Longoni e deriva dall’unione di farina, acqua e lieviti. Non è facile da gestire e anzi, negli ultimi anni comunicazione e social hanno molto estremizzato le attenzioni e l’importanza su questo elemento.
«In laboratorio siamo riusciti a sviluppare l’idea di non focalizzarci sul lievito madre ma sul prodotto finito». Quella solida risulta più acetica, pungente in bocca, ed è perfetta per preparazioni dolci quali sfogliati e croissant. La pasta madre liquida invece ha una percentuale maggiore di acqua e quindi anche un sentore lattico più marcato. L’idratazione sarà massima e si sentirà il leggero sentore lattico all’assaggio.
Con il termine sponge ci si riferisce al pre-fermento, con farina di tipo 2, farina di segale e aggiunta di lievito di birro. Questa preparazione viene gestita a freddo perché le farine integrali hanno cariche enzimatiche che lavorano bene anche a bassa temperatura e viene usata per la maggior parte delle pizze del panificio. Avete presente quell’impasto leggero, morbido, umido, con la mollica lucida che sfiocca? Ecco, ora sapete qual è il segreto.
Quando si parla di biga invece si intende un impasto più bianco, con meno acqua e farina bianca. Viene lavorato a temperature più ampie, per sprigionare maggiormente gli aromi.
E il povero lievito di birra? Così tanto bistrattato in realtà può rivelarsi la scelta migliore per tante preparazioni, specialmente dolci.
«Nel pane ci sono quattro ingredienti: acqua, farina, sale e lievito. Se cambi la farina, il gusto cambierà di certo, ma mai come modificando il lievito». Proviamo quindi a fare questo esercizio, abbandoniamo ogni tanto la visione romantica e foodie che tutti abbiamo verso pane e derivati, in virtù di una maggiore consapevolezza e conoscenza di quello che portiamo alla bocca. Grazie Davide.