Come ampiamente previsto, il presidente russo Vladimir Putin ha vinto le elezioni in Russia con l’87,8 per cento, il risultato più alto di sempre nella storia post-sovietica del Paese. Putin, al potere da ventiquattro anni, rimarrà in carica per altri sei anni, fino al 2030. Il risultato dei tre giorni di voto era scontato, anche perché non c’erano veri candidati d’opposizione. Gli altri tre nomi sulla scheda elettorale erano solo «di facciata», tutti approvati dal Cremlino, usati dal regime per dare una parvenza di democrazia in un Paese in cui da tempo non si svolgono elezioni libere e ogni manifestazione di dissenso è stata duramente repressa.
Tenendo conto che la riforma della Costituzione da lui voluta nel 2020 gli garantisce anche un sesto mandato, Putin potrà rimanere presidente fino al 2036.
Alla chiusura dei seggi l’affluenza alle urne ha raggiunto il 74,22 per cento, superando il 67,5 per cento registrato nel 2018. Il governo russo ha fatto votare anche le quattro regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, occupate dall’esercito russo e annesse dalla Russia nel settembre del 2022 con un referendum farsesco e illegale.
I tre candidati «di facciata» erano Nikolai Kharitonov del Partito comunista, Leonid Slutsky del Partito liberal-democratico, nazionalista di destra, e Vladislav Davankov del partito Popolo nuovo, che si definisce liberale. Nessuno dei tre avrebbe ha superato il 4 per cento.
Ieri a mezzogiorno migliaia di persone si sono messe in coda ai seggi elettorali e presso varie ambasciate russe nel mondo per partecipare alla protesta pacifica “Mezzogiorno contro Putin”, indetta da Alexei Navalny prima di morire, annullando la propria scheda elettorale o scrivendo il nome di un altro candidato. Tra loro anche Yulia Navalnaya, vedova del leader dell’opposizione, che all’ambasciata di Berlino ha dichiarato di aver scritto “Navalny” sulla scheda elettorale.
Nella conferenza stampa in tv per dichiarare la propria vittoria, Putin ha parlato per la prima volta dopo molto tempo di Navalny, pronunciando per la prima volta il suo nome e ammettendo che erano in corso trattative per uno scambio di prigionieri e definendone la morte uno «sfortunato incidente». «Qualche giorno prima che il signor Navalny morisse, alcuni colleghi mi avevano detto che c’era l’idea di scambiare il signor Navalny con alcune persone che erano in prigione nei paesi occidentali. Ho detto sono d’accordo. Ma sfortunatamente quello che è successo, è successo», ha detto.
Putin ha anche detto che in caso di un conflitto su vasta scala tra la Russia e la Nato, «il mondo sarà ad un passo dalla terza guerra mondiale». «Penso che tutto sia possibile nel mondo moderno, ma ho già detto, ed è chiaro a tutti, che porterà a un passo da una terza guerra mondiale. Penso che quasi nessuno sia interessato a questo», ha spiegato.
Intanto oggi l’Unione europea dovrebbe concordare nuove sanzioni contro il suo apparato statale e di sicurezza di tipo mafioso. I 27 ministri degli affari esteri dell’Ue e Josep Borrell, che si incontreranno a Bruxelles, prenderanno di mira «individui e entità». «Speriamo che ci sia un accordo politico sulle sanzioni per un certo numero di persone coinvolte nell’uccisione di Alexei Navalny», ha detto un alto funzionario dell’Ue a Politico.